18

Marc riprese i sensi poco alla volta. La testa pulsava con un dolore sordo, ma ancora di più facevano male le braccia e le spalle. Le mani erano intorpidite. Corrugò la fronte prima ancora di riaprire gli occhi e sentì la pelle tirare sul lato destro del viso.

Sangue, capì, sentendone il sapore acre in bocca, e gli tornò in mente l’aggressore a cavallo che lo colpiva con un braccio dell’arco: l’ultimo ricordo prima di svenire.

Aveva freddo. Cominciò a rendersi conto di essere in posizione quasi eretta, appeso per le braccia. Intorno a sé udiva solo il crepitare di un fuoco. Aprì gli occhi e li alzò per vedere le proprie mani legate sopra la testa da una corda robusta che scendeva da una trave di legno. A fatica le mise a fuoco: aveva le braccia nude. Sotto di sé però riusciva ad avvertire il pavimento. Con difficoltà appoggiò il peso sui piedi e la tensione dolorosa si alleggerì un po’ sulle spalle e le braccia, facendolo gemere.

Finalmente poté guardarsi intorno. Si sentiva ancora stordito, ma almeno riusciva a reggersi dritto.

Dove sono?

Lo stanzone era senza finestre, scuro, opprimente, costruito con blocchi di pietra viva. Era illuminato da lampade e da un ampio caminetto sulla parete a destra, dalla parte opposta rispetto alla piccola porta chiodata che si raggiungeva salendo alcuni gradini. Marc però perse presto ogni voglia di esplorare il luogo con lo sguardo, quando vide il tavolaccio di legno e la sequenza di strumenti di ferro sparpagliata sopra.

Deglutì, con il cuore di colpo in gola, senza poter più staccare gli occhi da quegli arnesi orribili: c’erano coltelli, pinze, cesoie, ganci di ferro e altri utensili di cui non avrebbe saputo immaginarsi l’uso. Su una pila di pezzi di tela grezza erano ammucchiati aghi lunghi più di una spanna.

Lo stanzone assunse di colpo una funzione precisa nella sua testa: Marc spostò lo sguardo lungo il tavolo e vide un braciere di ferro spento in cui però erano infilati gli strumenti per il marchio a fuoco.

La paura ebbe il sopravvento. Marc si guardò intorno e scoprì di essere seminudo, appeso al soffitto davanti al tavolo e abbastanza distante dalla parete dietro di lui da poter essere aggirato senza difficoltà. Anche le caviglie erano legate da una corda, passata dentro un anello di ferro piantato nel pavimento. Lottò per liberarsi, ma non ci riuscì: le funi erano robuste, i nodi troppo stretti e ben fatti. Si lacerò la pelle dei polsi a furia di tentare, invano.

Ansante, guardò di nuovo quegli strumenti orribili. Che cosa vogliono farmi? pensò, ma non osò rispondersi poiché quegli arnesi erano fin troppo eloquenti. Perché? si chiese subito dopo.

Un movimento di fronte a lui lo fece sobbalzare, con un brivido lungo la schiena. Marc alzò lo sguardo e scoprì di non essere solo. Un uomo, uno dei suoi carcerieri, dormiva sdraiato su un mucchio di sacchi di tela grezza impolverati, addossati alla parete. Si era girato su un fianco e adesso gli voltava le spalle. La sua casacca di cuoio consunto era sporca di polvere bianca sul dorso.

Marc notò quel pulviscolo e si rese conto che fuoriusciva dalle cuciture dei sacchi.

Farina, realizzò e poco a poco riconobbe le sagome di casse, otri e altri sacchi negli angoli meno illuminati dello stanzone. Tre grosse botti sembravano adatte a contenere olio o vino, ma il marchio a fuoco sulle doghe era irriconoscibile a causa della luce scarsa.

Marc si costrinse a respirare più lentamente per riprendere il controllo di sé dopo l’orribile momento di panico.

È un magazzino. Un dannato magazzino! si ripeté e cercò di capire dove potesse trovarsi. Aveva la struttura di un sotterraneo, quindi faceva parte di un edificio fortificato, forse una rocca o una casaforte. Tutti gli edifici del genere dentro le mura di Auxi appartenevano alla sua famiglia, quindi la sua prigione doveva trovarsi fuori, in uno dei paesi limitrofi, ma quale? Marc non sapeva nemmeno che ora fosse e per quanto tempo fosse rimasto svenuto.

Come hanno fatto a trascinarmi qui inosservati?

Tutti gli edifici fortificati dei dintorni erano abitati o sorgevano dentro la palizzata ben sorvegliata di un borgo.

La porta chiodata si aprì, facendolo trasalire. Sulla soglia comparvero alcuni uomini, il primo dei quali portava ancora sulle spalle un mantello da viaggio. Aveva un volto duro e spigoloso, incorniciato da lunghi capelli scuri. Marc non l’aveva mai visto: non era uno degli aggressori, eppure lo sconosciuto lo scrutò con attenzione, come se cercasse di riconoscerlo. Mentre scendeva i pochi gradini che portavano nella stanza, altri parlavano dietro di lui e il rumore svegliò il carceriere che dormiva. Quest’ultimo si alzò in piedi e guardò prima la porta e poi Marc. «To’, il piccolo topo si è svegliato!» esclamò con un ghigno.

«Sarà bene che mi abbiate fatto deviare dal mio cammino per un motivo valido» diceva intanto qualcuno sulla soglia, in tono irritato. «Non posso tardare oltre a rientrare.»

Marc vide entrare un altro uomo vestito da viaggio, con il cappuccio del mantello alzato sulla testa e abiti scuri ma aristocratici, benché senza monili o colori araldici. Sul volto portava una maschera di cuoio nero che gli camuffava anche la voce. Al fianco aveva la spada, ai piedi gli speroni. Il tizio dai capelli lunghi che l’aveva preceduto si fece da parte con rispetto, come per lasciar passare il suo signore.

L’uomo con la maschera si fermò a metà dei gradini. Era abbastanza alto ed era solido e agile. Non sembrava vecchio, ma Marc non poté dedurre di più sulla sua identità. Ebbe un brivido sotto il suo sguardo. L’uomo si era come bloccato a fissarlo. «E sarebbe questo il vostro ladro?» domandò infine, con rabbia evidente. Il suo servo ai piedi dei gradini rimase sorpreso dalla sua reazione.

«È questo il ragazzo che hai visto dallo speziale?» lo interrogò il padrone, indicando il prigioniero.

Ladro? Quale speziale? pensò Marc.

L’altro scrutò il prigioniero ancora più a lungo. «Non ho potuto vederlo per molto, si è mosso troppo in fretta quando è scappato sui tetti» ammise infine. «Però aveva i capelli scuri, era vestito di grigio e il cappuccio blu è sicuramente questo.» Prese in mano l’indumento, abbandonato a terra lì accanto insieme ai vestiti.

In un lampo, Marc ricordò il volo di Alex dalla tettoia a Clois e cominciò a capire. Lei gli aveva mentito su tutto: al villaggio stava fuggendo da quegli uomini che adesso avevano catturato lui. L’accanimento con cui l’avevano inseguita fino ad Auxi e il tono con cui adesso ne parlavano gli fecero capire che non poteva essere stata sorpresa soltanto a dormire in un armadio, come sosteneva.

«Idioti!» esclamò l’uomo con la maschera e si voltò verso quelli che gli stavano alle spalle, ancora fuori dalla porta. «Avete preso il ragazzo sbagliato!»

«Ma, mio signore… non è possibile! Corrisponde perfettamente alla descrizione…» tentò di obiettare qualcuno dall’altra parte della soglia.

L’uomo mascherato andò a piazzarsi davanti a Marc. «Venite a vedere, allora, razza di imbecille! Guardate chi hanno preso i vostri uomini.»

Nel sotterraneo entrarono alcuni armati e Marc riconobbe i tre che l’avevano aggredito nel bosco. Insieme a loro c’era anche un uomo grassoccio e di mezz’età, con i capelli grigi, gli occhietti preoccupati, vestito in modo aristocratico con monili, spada e speroni. Doveva essere almeno un barone, il che voleva dire che l’uomo con la maschera che lo trattava con tanta autorità era di rango superiore.

Il fatto che un barone non avesse timore di andare in giro abbigliato in modo così riconoscibile faceva anche capire che si sentiva al sicuro in quel luogo, probabilmente perché ne era il padrone.

In mezzo a questa storia c’è un vassallo di mio zio? pensò Marc. Non poteva crederci, eppure, in qualsiasi direzione l’avessero trasportato i suoi carcerieri, non potevano aver fatto tanta strada da uscire dalla giurisdizione dei Ponthieu mentre lui era svenuto.

Il barone intanto si era avvicinato per osservarlo come gli era stato ordinato. «Non capisco. Non mi sembra di riconoscere questo ragazzo» disse infine.

«Avete fatto un errore madornale» ringhiò l’uomo mascherato. «So io chi è questo ragazzo, perché conosco di persona suo padre, suo zio e il suo tutore: avete preso il figlio del Falco!»

Marc trattenne il fiato: lo sconosciuto aveva accesso a corte ai più alti livelli? È un feudatario maggiore? pensò con sbigottimento e capì che il guaio in cui era finito era molto più grande di quanto avesse immaginato. Qualunque cosa avesse fatto, Alex si era imbattuta nel segreto custodito gelosamente da un appartenente all’alta nobiltà e vi aveva trascinato dentro anche lui. All’improvviso seppe che i suoi carcerieri non l’avrebbero lasciato uscire vivo dal magazzino.

Il barone era sbiancato con un sussulto. «Le Fauconneau?!3» esclamò. Anche gli altri uomini si agitarono, mormorando.

«Vi rendete conto, vero, che questo ragazzo non poteva essere a rubare nella casa dello speziale?» disse ancora l’uomo con la maschera. «Un Ponthieu, un erede di casato!»

Il barone sembrava sull’orlo del panico. «Voi… voi siete certo di quello che dite, signore? È davvero lui?» balbettò.

«Somiglia a suo padre più di un ritratto. Non è possibile sbagliarsi» rispose l’altro. «Adesso fuori di qui. Avete già fatto abbastanza danni» ordinò poi con un gesto ampio del braccio.

Il barone e i suoi uomini lasciarono la stanza con la coda tra le gambe. Rimasero l’uomo con la maschera, il suo servo entrato per primo e altri due sgherri vestiti come lui, che si spostarono alle spalle di Marc. L’uomo dai capelli lunghi si affiancò al suo padrone. «Erano in due quando sono fuggiti da Clois e in due quando sono stati visti ad Auxi e nel bosco; l’altro però era una donna vestita da uomo, così hanno detto. Il ladro che cerchiamo dev’essere lei. Aveva un berretto quando l’ho vista» raccontò, cupo. «Si sono scambiati i cappucci, non c’è altra spiegazione.»

Il suo padrone si avvicinò di più e Marc poté vederne bene gli occhi neri e ostili. «Un Ponthieu e una piccola ladra vestita da uomo… che coppia singolare. Dubito che sia un’amicizia di lunga data» disse. «Sentiamo: cosa ti ha raccontato la ragazzina riguardo la sua piccola avventura a Clois?» domandò poi, rivolgendosi al prigioniero per la prima volta. «Scommetto che non ti ha detto proprio tutta la verità o tu non l’avresti protetta.»

«Tu chi sei? Che cosa vuoi da me? Fatti vedere in faccia, se osi!» rispose Marc con rabbia.

«I pulcini di falco beccano aggressivi prima ancora di aver messo le penne per volare» commentò lo sconosciuto. Il suo servo ebbe un sorrisetto, ma si interessò agli strumenti sul tavolaccio e prese uno degli aghi di ferro.

«Sai chi sono, non puoi tenermi prigioniero. Di’ ai tuoi uomini di lasciarmi andare. Subito» disse ancora Marc, cercando di nascondere la paura crescente.

«Tu morirai qui, lo sai vero?» domandò l’uomo con la maschera. «Non posso permettermi che tuo padre, il tuo tutore e tuo zio abbiano anche solo un sospetto di questa faccenda. Tu puoi solo decidere come e quando morire: facilmente e in fretta oppure dopo molto più tempo e dolore.»

Marc sostenne quello sguardo freddo. «Non puoi farlo» ribatté, pur sapendo benissimo il contrario.

«Hai disertato il tuo dovere di scudiero per andartene in giro durante il torneo: una bravata, te lo concedo» proseguì l’uomo. «La ragazza ti è capitata sulla strada per caso e ti ci sei divertito per un giorno. Adesso dimmi dov’è, tanto non avrai più modo di spassartela con lei.»

«Non osare parlarmi in questo modo» scattò Marc.

«Dov’è andata la ragazza?»

«Dove tu non potrai raggiungerla.»

Lo sconosciuto inclinò il capo di lato, con aria sarcastica. «E cioè dove? Al castello di tuo zio? Non crederai davvero che una sgualdrinella come lei sia andata a chiedere aiuto per te. Lo sapevi che si è intrufolata in una casa per rubare? È una ladra: a quest’ora sarà fuggita e ti ha lasciato qui a morire.»

Marc tacque.

«Che scusa ha inventato per farsi proteggere da te? O ti ha semplicemente fatto divertire un po’ senza tante spiegazioni?»

Marc dovette distogliere lo sguardo, furioso ma senza più alcuna certezza. Lo sconosciuto aveva ragione: Alex gli aveva raccontato il falso fin dal primo momento, gli aveva nascosto tutto, persino la sua vera identità. Era davvero una ladra oppure era solo finita nel posto sbagliato al momento sbagliato? E la storia dell’amnesia: era vera o solo un’altra menzogna inventata ad arte per farlo impietosire? Possibile che lei fosse davvero così brava a recitare?

E in fondo, perché no? Aveva recitato bene la parte del maschio per tutto il tempo…

«Ti ha mentito, non ha senso continuare a proteggerla: dimmi ciò che sai di lei» incalzò l’uomo con la maschera.

Marc non voleva cedere, non voleva rassegnarsi all’idea di aver sbagliato così tanto il suo giudizio su Alex. Si aggrappò al senso dell’onore, perché non gli rimaneva altro, e rialzò la testa. «Io non tradisco la mia parola, nemmeno se ho promesso protezione a chi mi ha mentito. Sono un Ponthieu, non un infame.»

«Sei un ingenuo invece, perché morirai per chi ti ha preso in giro fin dall’inizio e si è approfittato di te.»

Non è vero! pensò Marc. Le sue lacrime erano sincere. Lei non voleva coinvolgermi in questa faccenda.

Ma il sospetto rimaneva ed era intollerabile.

«Che cosa ti ha detto?» insisté lo sconosciuto, con più minaccia.

«Abbastanza da sapere che sei una carogna della peggiore specie» mentì Marc con ostinazione, conscio che era la sua unica possibilità per guadagnare tempo: se quegli assassini avessero intuito che non sapeva nulla, l’avrebbero ucciso subito.

Uno di quelli dietro di lui lo colpì con violenza alle reni e gli strappò un grido strozzato. Marc si sentì mancare le gambe e si accasciò, di nuovo sorretto solo dalle corde. Lo strappo alle braccia indolenzite gli fece quasi altrettanto male, ma stringendo i denti il ragazzo si rimise in piedi.

«Risparmiaci la fatica, tanto sapremo lo stesso da te quello che ci interessa» gli disse l’uomo con la maschera. «A chi altro avete raccontato questa storia?»

«Va’ all’inferno» ringhiò Marc. «Hai già avuto la mia risposta, da me non avrai altro.»

«No, ho già avuto fin troppa pazienza.» Il tono dell’uomo mascherato si fece spietato. «Te lo chiedo per l’ultima volta: che cosa sai? Non puoi contare sulla ragazza né tantomeno proteggerla: la prenderemo e ti prometto che se tu ti ostini a tacere, farò divertire anche i miei uomini con lei prima di ucciderla.»

Marc desiderò di avere le mani libere per poterlo strangolare. «Quando rimetterò mano su una spada, giuro che ti spaccherò il cuore, lurido bandito!»

Si aspettava un’altra brutale punizione da parte degli sgherri alle sue spalle, ma il loro capo li trattenne con la mano alzata. «Ostenta pure tutta l’arroganza che vuoi, presuntuoso, piccolo Falco, ma ti conviene capire che qui sei solo e nessuno verrà in tuo aiuto quando comincerai a soffrire. Dimmi quello che sai, adesso, e farò in modo che tu abbia una morte rapida e indolore.»

Marc inspirò a fondo, eppure tacque e si obbligò a mantenere lo sguardo in quello del suo nemico. Si affrontarono in silenzio a lungo. Infine l’uomo si girò per uscire. «Fatelo parlare» ordinò.

«Lasciate fare a noi» rispose il servo e posò l’ago di ferro sopra tutti gli altri sul tavolo, senza poi ritirare la mano dal mucchio.

Marc si sentì perduto, quando l’uomo con la maschera scomparve oltre la porta, lasciandolo solo con i suoi torturatori.

3 - Il giovane falco.