Corsero fuori dalla casaforte proprio mentre cadevano le prime gocce di pioggia e si inoltrarono nei prati bui che li separavano dal bosco. Correvano in silenzio, cercando di risparmiare anche un singolo respiro. Michel, l’unico ancora incolume, precedeva tutti. Laurent lo seguiva stringendosi al petto il braccio sanguinante. Alex veniva per ultima, condotta per mano da Marc, e le sembrava di fare più fatica a ogni passo.
Era stanca, sfinita. Il peso di quella giornata interminabile le era come caduto addosso di colpo e tutto insieme, affaticandole il respiro, rendendole difficile persino pensare. Tremava per il freddo ma anche a causa dell’oscurità, del bosco e dei tuoni: ogni goccia di pioggia, rada ma pesante addosso, la faceva sobbalzare e la stretta della mano di Marc non dava alcun conforto.
Alex si sentì invadere da una sensazione di buio e di gelo che la fece quasi inciampare durante la corsa. La gamba graffiata in due punti le faceva male, ma era niente in confronto al bruciore sull’avambraccio.
Si rese conto di avere l’estremità della manica fradicia e fredda e si allarmò.
Sanguino così tanto?
Guardò il braccio destro, teso in avanti nella stretta di Marc, e vide un taglio piuttosto lungo attraverso la stoffa strappata. Non sembrava profondo e non si vedeva molto sangue, eppure la manica era zuppa.
Alex si accorse della sensazione di bagnato anche sull’addome, nel momento stesso in cui notò un frammento luccicante impigliato nella manica di stoffa. Si fermò di colpo, mentre capiva. Marc, trattenuto dalla sua mano, si voltò indietro. «Che c’è? Non siamo ancora al sicuro!» esclamò.
Alex lo guardò con terrore. «La boccetta dello speziale… Si è rotta!»
«Quale boccetta?»
Alex infilò la mano libera nella scarsella e trovò conferma ai suoi sospetti. Con tutto quello che era successo, se n’era dimenticata, ma la boccetta presa a Clois era sempre stata lì. «La boccetta degli assassini» mormorò.
Adesso la scarsella era bagnata e lacerata. All’interno, insieme alle monete d’argento, rimanevano solo grossi frammenti di vetro, le foglie accartocciate e il tappo ancora umido. La boccetta doveva essersi rotta nella caduta dentro la baracca dei sacchi.
Alex guardò il taglio bruciante sull’avambraccio e si sentì condannata. Il contenuto di quella boccetta doveva uccidere un uomo: poteva essere solo veleno.
Il freddo le penetrò fin dentro le ossa.
Marc aveva alzato gli occhi verso la casaforte, sentendo clamori minacciosi provenire da là. «Andiamo, non possiamo fermarci qui» esortò e riprese a correre.
Alex dovette tenergli dietro per forza, poiché Marc non le lasciava la mano. Il cuore però le batteva all’impazzata, le gambe tremavano. Il tuono rimbombò di nuovo nel cielo e le sembrò che le spaccasse la testa. Emise un gemito strozzato, ma fu costretta a continuare a correre dietro a Marc.
Più il cuore pulsava, più il bruciore al braccio si faceva insopportabile. Le sensazioni diventarono mille volte più intense e la fecero quasi soffocare. Quando Marc s’inoltrò in profondità nel bosco dietro a Michel e Laurent, un buio ancora più fitto si chiuse su di loro come un sudario. Alex si sentì toccata e graffiata ovunque dai rami e dalle foglie, che sembravano dita ghiacciate di mostri nascosti nell’oscurità.
Il cuore accelerò ancora. Stava per esplodere nel petto.
La paura diventò panico.
Alex cominciò a urlare.
Marc sobbalzò e dovette fermarsi perché la ragazza lottava per liberarsi dalla sua mano, come un animale preso nella tagliola. «Che ti prende?!» domandò, cercando di trattenerla, ma lei non lo sentiva nemmeno. Urlava, puntava i piedi e strattonava come se ne andasse della sua stessa vita.
«Smettila!» le gridò Marc e la trascinò verso di sé. Dovette lasciar cadere la spada per afferrarla con entrambe le mani, ma si rese subito conto che lei aveva gli occhi dilatati, il viso sconvolto dal terrore. Tentò persino di graffiarlo. Si divincolava con tale furia da rischiare di slogarsi un braccio o una spalla, incurante del dolore che si procurava pur di essere libera, completamente in delirio.
Marc dovette raddoppiare gli sforzi, ma fece fatica a trattenerla. Era incredibile che lei potesse avere in corpo tanta furia, pur essendo più bassa e sottile di lui. «Basta!» le urlò, invano. Adesso aveva davvero paura.
Michel e Laurent tornarono indietro da lui. «Che succede?» chiese Michel.
«Falla tacere o ci troveranno subito» fece eco Laurent, ma entrambi ammutolirono nel vedere la ragazza scarmigliata e isterica, ormai incontrollabile.
Marc li guardò disperato, mentre ancora tentava di domarla. «Ha cominciato a urlare all’improvviso, non so perché!»
Laurent fece un passo indietro. «È posseduta!»
«Non dire idiozie» ringhiò Marc. L’altro si zittì e rimase a guardare.
Marc ormai non sapeva più cosa fare. «E smettila anche tu!» gridò ad Alex, ma ottenne solo di farla divincolare di più, come se avesse davanti un diavolo che attentava alla sua vita: gli puntava con i gomiti contro il torace, tentava di graffiargli gli occhi. Quando provò a calciarlo, Marc capì che le parole non avrebbero ottenuto alcun risultato. Lei non lo riconosceva più. Quell’idea gli fece mille volte più male delle gomitate sul torace già ferito.
Esasperato, fece girare Alex su se stessa con la forza; la tenne da dietro, mettendosi al riparo dai calci e dai pugni, e le tappò la bocca. Con l’altro braccio la circondò e la strinse a sé fino a toglierle il fiato. «Sono io, maledizione! Non devi avere paura. Non ti farò del male. Nessuno ti farà del male, finché ci sarò io!»
Alex tentò di mordergli la mano, ma poi annaspò, ormai senza respiro. Marc le coprì anche il naso e strinse più forte, per schiacciarle i polmoni. La tenne così, finché la ragazza non smise di lottare, soffocata dalla sua presa, e la sorresse quando svenne. Ansante, si accasciò con lei sul muschio del sottobosco, tenendola stretta a sé. Alex aveva il capo abbandonato all’indietro sul suo braccio, le labbra socchiuse. Tremava come un pulcino fradicio, in delirio anche nello stato d’incoscienza. Marc alzò gli occhi disperati su Michel e Laurent. «Aiutatemi!»
Su di loro cominciò a piovere a dirotto.
Facendosi coraggio, Michel fu il primo a inginocchiarsi accanto al fratello e alla ragazza svenuta. «Cos’è successo?» sussurrò, ma più che una domanda era un tentativo di capire.
«Non lo so» rispose Marc, mentre con una mano liberava il viso di Alex dai capelli bagnati e le sentiva la temperatura della fronte. La pelle era gelida come quella di un cadavere, eppure il cuore della ragazza batteva così forte da sembrare sul punto di uscirle dal petto. «Prima che cominciasse a urlare, stava parlando di una boccetta. “La boccetta dello speziale” diceva “si è rotta”.»
«Lo speziale di Clois?»
«Non lo so. Forse sì.» Marc sollevò l’avambraccio di Alex e vide il taglio sulla pelle e la manica lacerata. La ferita si distingueva male al buio, ma il sangue era evidente. Trovò anche il frammento di vetro impigliato nella stoffa.
Fu Michel a notare lo scintillio del vetro anche nella scarsella bucata. Cauto, estrasse i resti della boccetta rotta. «Si è ferita con questa?» Annusò i frammenti e le poche gocce di liquido rimaste dentro. «Non ha odore. Sembra semplice acqua.»
Anche Laurent si decise ad avvicinarsi e si chinò a guardare. «Che cos’è?»
«La boccetta dello speziale» ripeté Marc sottovoce.
«Possibile che l’abbia davvero presa a Clois?» disse Michel, rigirandosi nella mano i frammenti di vetro e il tappo di sughero.
Arrivarono tutti alla stessa conclusione contemporaneamente.
«Se ha rubato la boccetta agli assassini di Clois…» iniziò Michel.
«Per questo la cercavano con tanto accanimento?» aggiunse Laurent.
Marc sentì un brivido ghiacciato corrergli lungo la schiena insieme alla pioggia che gli aveva ormai inzuppato gli abiti. «La boccetta degli assassini» ripeté, poi guardò il braccio ferito della ragazza. «È veleno. Sta morendo avvelenata!»
Gli altri due rimasero muti accanto a lui. Michel lasciò subito cadere a terra i frammenti di vetro, con raccapriccio.
«Come faccio a salvarla?» domandò Marc, sgomento.
Nessuno seppe rispondergli.
Il clamore proveniente dalla casaforte si avvicinava. Laurent si drizzò a scrutare il bosco buio e rimase in ascolto, trattenendo il fiato. «Arrivano. Cominceranno a cercarci» disse poi sottovoce.
Michel balzò in piedi. «Che facciamo?»
«Dobbiamo ritrovare Nicolas e i cavalli o non ce la faremo mai a fuggire.»
Michel guardò Marc: Alex, tra le sua braccia, avrebbe dovuto essere trasportata di peso.
«Voi restate qua» decise Laurent. «Non possiamo correre portando la ragazza svenuta. Vado io a recuperare Nicolas. Nel frattempo cercherò di tirarmi dietro gli inseguitori e di seminarli.»
«Tu da solo? È troppo pericoloso» obiettò Michel.
«Andrete voi due. Io resto ad aspettarvi insieme a lei» intervenne Marc.
Il fratello minore si voltò verso di lui. «No, io non ti lascio.»
«E io invece voglio che tu ti allontani da qui prima possibile» lo rimbeccò Marc, nascondendo l’angoscia per dimostrare autorità. «Andrai da Nicolas con Laurent e prenderete i cavalli. Se la situazione lo permetterà, tornerete a riprenderci, altrimenti, voglio che ve ne andiate di corsa a cercare aiuto.»
«Come farai a difenderti, se ti raggiungono prima che torniamo? Sarai solo e sei ferito!»
«Non mi troveranno tanto facilmente qui al buio e mi nasconderò se li sento arrivare. Piove e, se anche avessero dei cani, non gli servirebbero a niente.»
«Io non ti abbandono!»
«Resta qui a discutere e ci prenderanno tutti.»
Michel tacque, mordendosi le labbra.
«Laurent, prendilo con te» disse Marc. «È la cosa migliore.»
Il giovane cavaliere esitò.
«Se vai da solo e cerchi anche di seminare gli inseguitori, perderai tempo e se per seminarli cambi direzione troppo spesso, come farai poi a ritrovarci nel buio? Datemi ascolto, tutti e due: andate di filato da Nicolas» insisté Marc. «Abbiamo bisogno di un medico, non di sprecare tempo per depistare i nemici. Lei ha bisogno di un medico prima possibile. Morirà, se non facciamo in fretta. Ci servono i cavalli subito.»
Gli altri due tacquero ancora a lungo. «Ha ragione lui» ammise infine Laurent.
Michel guardò il fratello maggiore, esitando.
«Fa’ presto, ti supplico» gli disse Marc.
Michel si convinse, anche se si vedeva che gli costava moltissimo. «Cerca di tenerla al caldo» consigliò sottovoce, accennando ad Alex. «Ritorneremo qui tra poco, lo giuro.»
Marc annuì in silenzio. Michel gli rivolse un’ultima occhiata, poi si allontanò veloce nel buio insieme a Laurent.
Rimasto solo, Marc sentì più feroce la paura che era riuscito a dissimulare davanti al fratello. Il bosco era pieno dei rumori sinistri del temporale, eppure non era quello né il timore di essere scoperto dai nemici a spaventarlo così tanto. Nulla lo terrorizzava di più di quel corpo scosso dai brividi del delirio che teneva tra le braccia.
«Coraggio» sussurrò. «Andrà tutto bene, ti proteggo io.»
Alex non diede segno di averlo udito e Marc la strinse di più, diviso in due tra il desiderio di calmare il suo affanno e il timore di sentirla abbandonarsi inerte sotto le sue mani. Finché delirava, era ancora viva, continuava a ripetersi, e allo stesso tempo avrebbe dato qualsiasi cosa per aiutare la ragazza che soffriva, per calmare il suo respiro irregolare.
E se mi muore tra le braccia?
Marc cercò di cacciare quel pensiero orrendo dalla testa. No, non l’avrebbe permesso, giurò in silenzio. A qualsiasi costo l’avrebbe tenuta in vita. Ma come?
Recuperò la spada e si trascinò con Alex a ridosso di un albero, nel vano tentativo di avere riparo dalla pioggia battente. Si nascose oltre alcuni cespugli che crescevano tra le radici e appoggiò la spada al tronco, a portata di mano. Provò a scaldare la ragazza con il suo corpo, ma anche lui si sentiva gelare e aveva i vestiti inzuppati. Le strofinò le spalle e la schiena per provare a generare calore, ma senza successo. Lei era sempre abbandonata contro di lui come una bambola di stracci, con il viso premuto sul suo petto.
Seduto sulla terra bagnata, al freddo e al buio, Marc si sentì del tutto impotente. Abbracciò Alex più forte che poté sotto la pioggia. Con fervore pregò il cielo perché non la facesse morire.