Alex inspirò. In fondo, non c’era nessuno altro che potesse vederla. «Help» chiamò.
Nulla accadde.
«Riapri partita. Accedi al sistema» disse Alex in successione. Tentò anche altri comandi, tutti senza successo. Scambiò uno sguardo impotente con lo zio. «Vedi? Te l’avevo detto.»
Con sua sorpresa, Ian non si mostrò troppo allarmato. «Forse è mancata la corrente al computer oppure il gioco ha avuto qualche problema.»
«Cioè… potrei essere bloccata qui solo perché la partita è andata in crash?!»
Ian si strinse nelle spalle. «È già successo altre volte. Hai usato il computer sul tavolo in fondo allo studio, giusto?»
«Sì. Ho continuato la partita in corso. Quella di papà.»
«Cos’è successo nel gioco, prima che tu arrivassi qui?»
«Niente di speciale, stavo girando per le strade di Clois con l’avatar, poi mi sono intrufolata nella casa dello speziale e ricordo di aver visto Marc da una finestra. Poco dopo è iniziato tutto.» Rabbrividì.
Ian aveva aggrottato la fronte. «Come mai eri a Clois e non a Châtel-Argent? Hai cambiato i parametri della partita?»
«Sì» confessò Alex e dall’espressione dello zio temette di aver causato un danno irreparabile. «Ho anche modificato la data, spostandola avanti di un giorno.»
«Dov’era Daniel in quel momento?»
«Era partito la mattina per un convegno in Canada. Anche mamma era fuori, dai nonni, con Gabe. Avrà scoperto che sono sparita alla sera, dopo il suo rientro.»
Ian sospirò. «Tutto questo scombinerà un po’ le carte in tavola, temo. Il computer di tuo padre è impostato per mantenere sempre allineato il tempo del gioco con quello reale sia di quest’epoca sia del mondo moderno e può darsi che abbia riallineato l’orologio della partita in automatico, dopo un certo momento.»
«Dici che ho rovinato tutto?!»
«No, è improbabile e comunque tuo padre è diventato un esperto di Hyperversum e sa bene come rimetterlo in funzione. Forse impiegherà più tempo a interpretare i dati della partita per arrivare qui, ma ce la farà, vedrai. Ho già mandato messaggeri a Clois e a Châtel-Argent per intercettarlo e fargli sapere che sei finita ad Auxi.»
Alex si sentì sollevata. «Tutta questa storia è incredibile» mormorò. «Ho soltanto usato un videogioco e adesso siamo qua, noi due, in un castello.»
Ian allargò le braccia. «Io posso solo pensare che sia il volere di Dio.»
Alex rimase colpita da quella frase di sapore antico, da vero uomo medievale, che non si sarebbe mai aspettata sulle labbra dello zio. «Mi fa impressione, sentirti parlare in modo così… religioso.»
Ian le sorrise di nuovo. «Qui ho imparato che la Provvidenza ha i suoi disegni misteriosi. Mi sono innamorato di Isabeau nel ventunesimo secolo, vedendone il ritratto sulla copia di un codice medievale consultata mentre studiavo: è una coincidenza che io sia arrivato qui, nel medioevo, per incontrare Isabeau davvero? Quel libro, l’ho trovato casualmente o mi stava aspettando in biblioteca?»
«Il libro stregato, l’ho visto nella libreria di papà!» disse Alex. Ecco perché lo zio non è mai riuscito a distruggerlo, pensò in aggiunta.
«In quel libro c’è tutta la storia del casato, la mia storia, quella di mia moglie, dei miei tre figli e della loro discendenza. Non può essermi capitato in mano solo per caso.»
«Come: “tre figli”?»
Gli occhi di Ian brillarono di tenerezza. «Non te l’ho ancora detto: oltre a Marc e Michel, ho una bambina di cinque anni. Si chiama Marianne ed è uguale a sua madre. È rimasta a Châtel-Argent con la balia perché è ancora troppo piccola per venire a un evento ufficiale come un torneo.»
Alex s’immaginò una bambolina bionda come l’angelica Isabeau. Doveva essere davvero bellissima. «Ho tre cugini, allora» disse, incredula.
Ian rise. «Se vuoi aggiungere al conto anche i figli di mio fratello Guillaume, puoi considerare di avere altri due cugini acquisiti: Elodie e il piccolo Philippe. Una famiglia piuttosto allargata, non c’è che dire.»
«E su quel libro, a casa, c’è tutta la storia.» Alex non riusciva a capacitarsene, ma non osò fare altre domande davanti allo sguardo serio che lo zio aveva assunto di colpo.
«Devi promettermi di non aprirlo mai più» disse lui con un tono molto grave. «Io non l’ho più fatto e nemmeno Daniel, anche se non ha voluto distruggere il libro. Non voglio sapere ciò che mi aspetta, neanche se fosse la cosa più bella del mondo o la peggiore. Voglio vivere la mia vita da uomo normale, per quanto possibile, ignorando ciò che mi riserva il domani.»
Alex era impressionata. Non aveva pensato alle implicazioni di quel libro miniato. Leggerlo era come prevedere il futuro di Ian, di Marc, di tutti gli altri membri del casato e dei loro discendenti. «Tu hai già scoperto qualcosa in anticipo» sussurrò.
«Senza volerlo ho letto cose che mi riguardavano» rispose Ian. «Ormai sono già accadute e quindi il mio futuro mi è di nuovo sconosciuto. L’ultima cosa che so è che Marc e Michel sono ritratti entrambi con lo stemma del Falco sopra l’usbergo da cavaliere. Giovanissimi, forse nemmeno ventenni.»
Quindi Marc riceverà l’investitura molto presto, pensò Alex, felice per lui perché sapeva quanto attendesse quel momento.
Ian invece aveva ancora un’espressione molto seria. «Qualsiasi cosa tu abbia visto su quel libro, manterrai il segreto, anche con me» ordinò. «E non riaprirai mai più quelle pagine.»
«Ho guardato qualche figura e ricordo solo il ritratto di Isabeau» si affrettò a rispondere Alex. «Non so nient’altro e ti prometto che non aprirò mai più il libro. Non voglio fare altri danni. Te lo giuro. Davvero.»
Ian si rilassò. «So che posso fidarmi di te e te ne sono grato.»
Sembrava davvero sollevato e Alex ne rimase colpita. Per qualche attimo le era sembrato vulnerabile come mai l’aveva visto in vita sua e la cosa le aveva fatto un male intenso. Gli voleva bene con tutta l’anima, l’aveva sempre visto sorridere e ora invece sapeva che aveva sofferto, che era stato in guerra e aveva corso chissà quali altri pericoli. L’idea che la sua vita finalmente tranquilla potesse essere messa in forse da una parola scritta su un libro le fece tanta paura.
E allo stesso tempo… come poteva essere tranquilla un’esistenza dominata da un tale mistero, vissuta a metà tra due mondi, uno dei quali così antico e violento?
Alex sentì l’ansia raddoppiare. Si avvicinò ancora di più allo zio e lo guardò negli occhi. «Ma tu… sei felice qui? Felice davvero? Non hai nostalgia di casa?»
Il sorriso che ricevette in cambio avrebbe fugato anche il più tenace dei dubbi. «Casa mia è qui e io sono felice davvero» le rispose Ian, sereno. «Non rimpiango nessuna delle mie scelte.» Allungò la mano per accarezzarle la guancia. «Però mi mancate ed è per questo che ogni tanto ritorno. Per rivedervi. Perché siete l’altra metà della mia famiglia e vi amo allo stesso modo.»
Alex l’abbracciò. Senza che potesse impedirlo, le sfuggì anche una lacrima.
«Ehi, signorina, non fare così. Non ce n’è alcun motivo» la consolò Ian.
Alex si asciugò gli occhi e si fece forza per ritrovare il sorriso. Ci riuscì meglio specchiandosi nello sguardo dello zio.
«Siamo finiti in una rievocazione storica coi fiocchi, eh? Altro che raduno fantasy» le disse Ian, ammiccando.
Alex riuscì finalmente a ridere un po’. «Come hai fatto a tenere segreta una roba come Hyperversum, qui, in tutti questi anni?»
Ian alzò le mani, quasi volesse difendersi da ulteriori domande. «È una storia lunga, molto lunga… ci vorrebbe un romanzo per raccontarla tutta, anzi, più di uno. Cedo l’incombenza a tuo padre: avrete tutto il tempo di discuterne, vedrai.»
Alex spostò i capelli dalla faccia, fece un bel respiro. «Sì, mi sa che dovrò prenderla a piccole dosi. Per oggi ne ho già saputo più che abbastanza.»
«E qui, nel medioevo, è bene parlarne meno possibile. Anzi, è bene non parlarne affatto.»
«Capito. Terrò la bocca chiusa, giuro.»
«Adesso tocca a te raccontare cos’è successo. Conosco già la versione di Marc. Ora devo sapere la tua» le rammentò Ian. «Poi dovremo inventare qualcosa per spiegare a tutti come mai eri da sola a Clois.»
«Già, anch’io ne ho da dire» sospirò Alex e si sfregò le braccia.
Alla fine del racconto Ian rimase qualche istante in silenzio. «Quell’uomo vuole sbarazzarsi di qualcuno “giovane e senza eredi”» ricapitolò poi.
«Sì, e lo speziale diceva che, usando la sostanza delle boccette, non avrebbe lasciato tracce, che l’omicidio sarebbe sembrato un incidente» gli ricordò Alex.
«Un allucinogeno per simulare un incidente» meditò ancora Ian. «Ma in che modo? E soprattutto ai danni di chi? Quell’uomo mascherato mira a ereditare qualcosa di importante dopo essersi sbarazzato del suo rivale.»
«Allora è davvero un uomo di rango.»
«Ma non un feudatario maggiore perché all’interno del suo casato sarebbe già la massima autorità, il capofamiglia, il capoclan: non ci sarebbe nessuno da cui potrebbe ereditare più potere o un maggior patrimonio. D’altra parte, non può nemmeno essere un cadetto, altrimenti la sua vittima sarebbe un fratello o un parente più anziano e non un giovane.»
«Uno zio con un nipote senza eredi? Un fratello maggiore illegittimo?» azzardò Alex.
«Ci sono mille ipotesi diverse, a questo punto. Potrebbe essere chiunque.»
«Marc ha detto che quell’uomo ti conosce e conosce anche il conte Guillaume e il conte di Grandpré.»
Ian si incupì ancora di più. «E anche questo è un bel mistero. Per conoscere di persona tutti e tre, quel tizio può essere soltanto qualcuno che frequenta la nobiltà maggiore.» Sospirò e fece un gesto d’impotenza. «Ma in questi anni, tra la guerra, i tornei e le udienze a corte, abbiamo incontrato tanta gente. Dovremmo indagare sulla storia familiare di ogni singolo casato.»
«E nel frattempo quell’uomo porterà a termine il suo piano indisturbato» disse Alex con un brivido.
«Potrebbe anche averlo già fatto. La vostra interferenza imprevista può averlo spinto ad accelerare i tempi.»
«O a rinunciare.»
«Ne dubito, visto che ha curato ogni cosa con tanto scrupolo e che sembra avere uomini piuttosto esperti e fidati al suo servizio. Anzi, mi stupirei se non avesse già trovato il modo di sbarazzarsi anche di Doisel, ora che è compromesso.»
«Già, il barone. Chissà cosa ci ricavava lui da tutta questa storia.»
«Favori, immagino, o ricchezze. Ma anche qui brancoliamo nel buio.»
«Insomma, non possiamo fare niente» sbottò Alex.
«Sarà compito di Guillaume e mio fare luce su questa faccenda» dichiarò Ian. «Adesso tu, Marc e gli altri ragazzi dovete soltanto stare tranquilli e in disparte. La vostra parte è finita, anzi non avreste mai dovuto avere una parte in tutto questo. Penseremo noi a trovare l’assassino e i suoi complici.»
«D’accordo.» Alex era sollevata e delusa al tempo stesso. Era felice di non avere più nulla a che fare con quella vicenda orribile, eppure moriva dalla curiosità di sapere la verità e, soprattutto, voleva farla pagare all’uomo che aveva fatto tanto male a Marc.
«E adesso, inventiamoci una storia credibile per te» proseguì Ian, distraendola dai suoi pensieri. «Perché eri a Clois tutta sola e vestita da uomo?»
Alex rimuginò un po’. «Ero in viaggio con papà e mi sono persa durante il tragitto?»
«Certo il prode cavaliere che è tuo padre non ci fa una bella figura, se si perde la figlia mentre la porta in viaggio.»
«Già, è vero» ammise Alex e gli rivolse un’occhiata esitante. «Allora… mi sono travestita per potermi fare un giretto da sola a Clois all’insaputa di papà?»
«Va meglio. Aggiungiamo che mentre eri in giro da sola hai avuto una brutta esperienza? Ad esempio: ti ha molestata un ubriaco o un tagliaborse, tu sei scappata, nella fuga hai sbattuto la testa…»
«… e poi mi sono ritrovata confusa e senza ricordi, da sola per strada. Il resto è quello che ho già raccontato a Marc e agli altri.»
Ian appoggiò le mani sulla ginocchia. «Ottimo. Mi pare che regga.»
«Io però così ci faccio la figura della ribelle» brontolò Alex.
«Temo che tu abbia già una fama del genere, dopo tutto quello che hai combinato» le ricordò Ian con un sorrisetto. «Sai, in questo mondo le ragazze si comportano in modo diverso rispetto alle adolescenti del ventunesimo secolo.»
Alex ricordò la timida e aggraziata Elodie e si sentì un troll al confronto. Tra lo spogliarello per nuotare, le discussioni a muso duro con Laurent e tutto il resto, chissà cosa pensavano i ragazzi di lei o i cavalieri che erano venuti a conoscenza della storia.
Chissà cosa pensava Marc.
Alex sentì lo stomaco riempirsi di farfalle agitate.
«Una bella coppia di scapestrati, tra te e mio figlio, non c’è che dire» considerò Ian, ma poi allungò di nuovo la mano a darle un buffetto. «Dai non fare quella faccia. Non è niente di grave. Tutti sanno che sei anche coraggiosa e forte come uno scudiero e che hai fatto cose eccezionali. Sarai un’eroina, come quelle dei romanzi cortesi.»
Alex ricambiò il sorriso, nonostante tutto. «Come Bradamante tra i paladini di Carlo Magno?»
Ian rise. «Prima di arrivare a tanto, dovrai aspettare di avere anche tu un’armatura.»