Alex si ritrovò Noelle de Sancerre ed Elodie de Ponthieu alle costole non appena tutti gli ospiti poterono alzarsi da tavola, a fine cena.
I servi sparecchiavano i tavoli dai cibi per lasciare solo le brocche e le coppe per bere, i dolci e la frutta che dovevano accompagnare il resto della serata fino a notte. Si sgomberava il centro della sala per fare spazio alle danze, ma alcuni ospiti avevano già approfittato della pausa per uscire all’aperto, visto che dopo la giornata di pioggia era sorta una bella luna.
Alex si sentiva sazia da scoppiare. Aveva assaggiato il pavone e il cigno arrosto e altre pietanze esotiche che non aveva mai immaginato e si sentiva le guance colorite dal vino, prudentemente mescolato con l’acqua come le aveva consigliato Ian.
Noelle l’aveva sommersa di domande non appena avevano rotto il ghiaccio abbastanza per darsi del tu e, mentre Elodie ascoltava con gli occhi spalancati, Alex aveva dovuto confermare che sì, si era vestita da uomo, aveva seguito i ragazzi nella loro sortita notturna ed era entrata a nuoto nella casaforte. Aveva rischiato la vita e le altre la guardavano come se fosse Wonder Woman, anzi Bradamante, visto il contesto delle avventure.
«Che spavento dev’essere stato ritrovarti da sola e senza ricordi, in pericolo, insieme a un bel ragazzo sconosciuto» commentò Noelle, ma nei suoi occhi c’era uno scintillio eccitato che tradiva l’invidia per non aver mai vissuto una simile avventura in prima persona. Era davvero la gemella di Nicolas e non solo per l’aspetto, ma anche per la voglia di buttarsi nell’azione a capofitto.
«È stato un incubo» le rispose Alex, cercando di farle capire che lei invece non avrebbe voluto rivivere un’esperienza simile per niente al mondo. «Per fortuna, c’era Marc a proteggermi, altrimenti non so come sarebbe finita.»
«Avete passato la notte da soli nel bosco» disse Elodie, quasi in un sussurro, e al contempo arrossì.
Alex si rese conto appieno di cosa potesse significare quella frase per una ragazza del medioevo e si trattenne a malapena dall’alzare gli occhi al cielo. «Marc non ha mai sospettato che io fossi una ragazza mentre eravamo soli» si affrettò a spiegare, sperando di togliere dalla testa delle sue ascoltatrici parole come “compromettere”, “onore”, “reputazione” e “virtù”.
«Povero Marc, chissà che sorpresa, allora, quando l’ha scoperto!» rise Noelle.
Alex fu d’accordo con lei, ma badò bene a non lasciar trasparire quel pensiero. Per fortuna, Laurent sopraggiunse prima che arrivassero altre domande imbarazzanti ed Elodie si dimenticò presto di tutto il resto per dedicare ogni attenzione solo al suo innamorato. Poco dopo arrivò anche Nicolas e pensò lui a distrarre Noelle con altri argomenti.
Al centro della sala, i musici diedero il via alle danze. Elodie e Laurent si invitarono a vicenda con il semplice sguardo, e prendendosi la mano, si unirono agli ospiti che ballavano. Alex notò per la prima volta che erano vestiti con lo stesso colore: blu intenso.
Mentre Noelle e Nicolas parlavano ancora tra loro, continuò a osservare le coppie che si muovevano a tempo con la musica, a volte da sole, a volte riunendosi in gruppi, seguendo coreografie antiche. Sembravano divertirsi molto, sia i più giovani sia i più anziani, tutti ugualmente esperti di quelle danze, e Alex pensò che quella era davvero una gran festa. Sarebbe stata la più bella della sua vita, se solo anche lei avesse potuto dire sì a qualcuno che le avesse chiesto…
«Vuoi ballare con me?»
Alex sbatté le palpebre quando si trovò davanti Marc con il suo sorriso sfacciato e la mano tesa.
«Allora? Vuoi?» le domandò di nuovo lui in un tono carico di aspettativa, poi però riformulò subito l’invito in modo più solenne, con tanto di inchino formale. «Madame, mi fareste l’onore?»
Il batticuore si rifece vivo più prepotente che mai. «Io non so ballare» sussurrò Alex. Marc le afferrò la mano e lei capì che aveva preso la rincorsa per saltare il muro d’imbarazzo che li aveva divisi da quando erano arrivati al castello: adesso non avrebbe accettato un rifiuto.
«Marc, io non so ballare per davvero» ripeté, mentre andavano verso gli altri, ma lui non si lasciò scoraggiare. «Sciocchezze: tutte le donne sanno ballare, è nella vostra natura essere tutt’uno con la grazia della musica. E comunque ti insegnerò io, se necessario. Non voglio più guardarti da lontano, voglio farti divertire.»
Con una risposta del genere, Alex sentì qualcosa sciogliersi dentro. Seguì Marc, incapace di resistergli, e si affidò a lui. Di colpo non le importava più niente di quelli intorno a loro né del fatto che non sapesse ballare le danze medievali: era mano nella mano con Marc e le sembrava che nulla potesse sfiorarla.
Quando furono in mezzo agli altri e i musici iniziarono a suonare una seconda danza, Marc le prese entrambe le mani e se la mise di fronte. «Sono stato impudente» disse a bassa voce, ma era soddisfatto di sé e glielo si leggeva negli occhi.
«Sì» gli rispose Alex. «Però mi è piaciuto.»
«Meriterei ben più di un rimprovero da parte di una bella dama come te.»
«E io ti farò fare una pessima figura, perché non conosco un solo passo dei vostri balli.»
Si scambiarono un nuovo sorriso. Il muro tra loro non esisteva più.
«Insegnami, ti prego» sussurrò Alex. «Non so da che parte cominciare. Non farmi ridere dietro da tutti.»
«Tu seguimi e vedrai che andrà tutto bene» le rispose Marc, stringendole forte le mani.
Come sempre, pensò Alex con riconoscenza.
Ballarono fino a non avere più fiato. Alex perse quasi subito il suo impaccio per scoprire che le danze medievali erano più semplici di quanto avesse pensato, forse perché aveva un compagno e maestro tanto bravo e disinvolto. Si divertì come mai prima di allora e alla fine dovette supplicare per riposare qualche minuto.
«Sei già stanca?» la prese in giro Marc.
«Sì!» Alex rise e si sedette su una panca.
Lui le rimase in piedi accanto e scosse la testa sorridendo, ma aveva il respiro accelerato e si portò la mano al petto, in un gesto apparentemente casuale.
Alex perse subito la voglia di ridere. «Ti fa male?»
Marc scrollò le spalle. «Niente di cui preoccuparsi.»
«Perché non me l’hai detto? Potevamo fermarci prima.»
«Nemmeno tu me l’hai detto.» Marc accennò alla mano che lei teneva sulla coscia, là dove aveva le ferite medicate sotto la gonna.
Vedendosi scoperta, Alex si mordicchiò un labbro. «Mi divertivo troppo» confessò.
«Anch’io» disse lui e le regalò un sorriso luminoso. «Ti prendo da bere» proseguì poi, ma voltandosi si accorse di Béatrice che parlava ad altre damigelle. Anche Alex la vide: la ragazzina sorrideva a fatica e sembrava assolutamente infelice. Non fece fatica a capire perché e si sentì in colpa.
Marc aveva perso parte del suo sorriso. «Mi permetti un istante?» domandò.
Alex annuì. «Va’ da lei.»
«Grazie» disse lui, sollevato.
Alex osservò da lontano, mentre Marc prendeva in disparte Béatrice e la consolava. Spostò lo sguardo altrove e si vide osservata in tralice anche dalla bionda Eugenie de Courtenay. Di colpo quell’occhiata la fece sentire un’intrusa. Si alzò dalla panca per dissimulare il disagio, bevve qualche sorso dalla coppa che le porse un servo e si confuse tra gli altri invitati.
Dov’era finita? Marc ricontrollò tutta la sala e non trovò traccia di Alex. L’aveva persa di vista solo per poco, parlando con Béatrice, e adesso non la trovava più. Che fine aveva fatto?
Uscì nel cortile. Fuori c’era una luna splendida, ma anche un venticello piuttosto pungente. Qua e là gli invitati conversavano a gruppetti, ma Alex non era con loro. Marc alzò gli occhi verso il camminamento delle mura e finalmente la vide: era appoggiata tra i merli a guardare il panorama, sembrava rilassata e il vento le sfiorava i capelli. Ogni tanto però si sfregava le braccia.
Marc fermò un servo di passaggio. «Portami un mantello.»
Il servo corse via e ritornò altrettanto in fretta. Marc non aveva staccato gli occhi da Alex per tutto il tempo, prese il mantello dalle mani del servo e salì le scale. La distesa delle tre cinte murarie illuminate dalle torce era magnifica vista dall’alto e così il panorama che si estendeva al di là, bagnato dalla luce argentea della luna.
Marc posò il mantello sulle spalle di Alex. «Prenderai freddo.»
Alex si voltò, sorpresa. Non l’aveva sentito arrivare. «E tu?» domandò vedendolo senza nulla sopra la tunica.
«Io sono forte e non mi raffreddo per così poco.»
«Questo lo so, visto che nuoti nudo nel fiume all’alba» scherzò lei, ma poi si bloccò e arrossì. Lo si vedeva persino alla scarsa luce della luna.
Anche Marc si sentì avvampare. Ecco, quello era un dettaglio a cui non aveva più ripensato e che lo metteva in una posizione più disdicevole che mai nei confronti della ragazza.
«Scusa» disse lei.
«Scusami tu» le rispose. «Mi sono comportato in modo indecente quando eravamo soli.»
«Non potevi saperlo. Sono io che ti ho ingannato.»
«E io non me ne sono nemmeno accorto. Ho proprio gli occhi cuciti, ha ragione il mio tutore.» Marc tacque e la rimirò ancora una volta, incapace di credere di essere stato tanto cieco. «Non riuscirò mai a capire come ho fatto a non vedere la verità nascosta sotto i vestiti da uomo.»
«Che sorpresa, eh? Certo, un bell’abito cambia anche un brutto anatroccolo in un cigno» disse Alex, lisciandosi la gonna con piccoli gesti nervosi.
«Un cigno, sì» ripeté Marc, perso nelle sue considerazioni. «Cioè, no!» si affrettò ad aggiungere. «Tu non sei mai stata un anatroccolo. Eri bella anche con gli altri vestiti.»
«Cioè quando sembravo un uomo?»
Marc aprì la bocca per rispondere, ma non seppe che dire e si sentì un idiota.
Tacquero entrambi per alcuni istanti, guardandosi a vicenda. La musica arrivava smorzata da lontano insieme al fruscio del vento. D’un tratto, Alex ebbe un brivido e si riscosse cercando di allacciarsi il mantello. Non ci riuscì perché le fibbie erano troppo complicate e Marc l’aiutò, sistemandole la stoffa calda sulle spalle. Quando l’ebbe sotto le dita, però, qualcosa di prepotente lo assalì da dentro e quasi fece rabbrividire anche lui, ma non certo per il freddo.
Lei gli era così vicina adesso… quasi lo sfiorava con tutto il corpo, eppure Marc non vedeva altro che le sue labbra e capì che voleva baciarle in quel momento, contro ogni prudenza, contro ogni educazione. Capì anche che se lui avesse preteso quel bacio lei non gli avrebbe resistito e questo rese il suo desiderio ancora più difficile da domare.
Il vento gli portò un profumo di fiori d’arancio da quei capelli color mogano. Marc lottò con se stesso in silenzio, si rimproverò, infine cedette. Lei era straordinaria e lui la voleva. Dopo quanto avevano passato insieme, erano legati a doppio filo l’uno all’altra ed era certo che Alex lo sapesse bene quanto lui. Avrebbe capito la sua audacia: se non ora, dopo.
Le strinse le spalle e la tirò a sé. Lei ebbe un gemito soffocato e gli puntò le mani sul petto per tenerlo indietro, ma era un gesto più istintivo che convinto e comunque lui non si sarebbe lasciato respingere adesso. Senza più alcun pensiero razionale nella testa, si chinò sulla sua bocca.
Rumori, voci nel cortile lo fermarono un istante prima di finire il gesto. Marc si staccò da Alex di soprassalto e guardo giù. Vide una coppia di damigelle e riconobbe Béatrice e Noelle, in cerca di qualcuno. Nel cortile però era arrivato anche un soldato a cavallo che ora stava parlando dalla sella con un servo subito accorso a prendergli le briglie.
Ricomponendosi, rendendosi conto di ciò che era stato sul punto di fare, Marc guardò Alex, pieno di vergogna. «Perdonami, io… non so cosa mi sia preso. Non avrei mai dovuto» le disse e tornò alle scale senza aspettare la risposta.
Scese i gradini in un istante, con ancora la testa e il cuore in subbuglio, accusandosi in silenzio di aver osato tanto e contemporaneamente di aver esitato tanto. Per tutta la sera si era comportato con Alex in modo spudorato, infrangendo tutto ciò che gli era stato insegnato in tanti anni, e adesso si sentiva un villano. Non aveva scusanti: nemmeno ciò che era accaduto nei giorni precedenti poteva dargli tanta libertà verso una ragazza. Eppure, il desiderio di tenere Alex per mano, di parlarle senza inutili fronzoli, di restare in intimità con lei era ancora così forte da fargli male.
Sapeva che, se fosse tornato indietro, avrebbe rifatto le stesse cose, anzi avrebbe esitato di meno. Con quella consapevolezza in testa, raggiunse il cortile, sentendosi uno zotico, indegno dell’educazione che i suoi genitori e il suo tutore gli avevano dato.
«Ah, eccoti qui» lo apostrofò Béatrice, ma con più tristezza che irritazione, vedendolo arrivare. «Tuo padre e mio padre ti cercano e cercano anche dama Alexandra.»
«Arrivo subito» rispose Marc, ma evitò di guardarla mentre proseguiva verso il soldato e il servo.
«Mio signore» salutò quest’ultimo, riconoscendolo. «Sono arrivate notizie per vostro padre.»
«Che notizie?» Marc si rivolse al soldato, sceso da cavallo per rendergli omaggio.
«Il cavaliere de la Cour mi manda a riferire che il barone di Doisel è scomparso dalla sua dimora» disse l’uomo, ancora trafelato per la lunga cavalcata. «Abbiamo trovato soltanto la moglie e le figlie, le abbiamo arrestate e interrogate, ma pare che non sappiano niente. Domani verranno condotte qui. Stiamo setacciando il contado, ma tutti dicono di non aver visto il barone rientrare la notte scorsa.»
Ovvio, pensò Marc con rabbia. Il bastardo è scappato il più lontano possibile quando i suoi scagnozzi mi hanno preso.
«Vado a chiamare mio padre e mio zio» disse invece e ordinò al servo di far ristorare il soldato mentre lui tornava verso il banchetto.
Dall’alto della scala Alex lo vide allontanarsi e provò l’istinto di corrergli dietro. Era ancora sottosopra per quello che era successo: non sapeva che pensare né cosa fare, sapeva solo che non voleva lasciar andare via Marc con quella nuova barriera d’imbarazzo tra loro. Aveva una paura folle che se non fosse riuscita a parlargli subito, lui non avrebbe più osato avvicinarsi.
Nel cortile trovò Béatrice e Noelle, che la scrutavano. L’avevano vista tra le braccia di Marc, oppure no, comunque adesso avevano la certezza che era appartata con lui, perché era appena arrivata dalla stessa direzione. Se Marc aveva cercato di sviarle correndo giù per le scale da solo, lei aveva appena vanificato tutti i suoi sforzi di salvare le apparenze. Poté solo immaginare che cosa le due ragazze medievali stessero pensando e osò a malapena salutarle passando loro accanto.
«Vi aspettano» le disse Béatrice, laconica. «Mio padre, il Falco, tutti quanti.»
«Grazie» rispose Alex e proseguì il cammino, ancora più agitata.
Marc si era già mescolato agli invitati. Rientrando al banchetto, Alex lo vide andare dritto verso Ian, che in quel momento era con il conte di Grandpré. Cercò di raggiungerli, ma si trovò davanti Eugenie de Courtenay e dovette fermarsi per ricambiare il suo saluto. «Non ci avevano ancora presentate, un vero peccato» le disse la ragazza con un sorriso amabile.
«Dispiace molto anche a me» mormorò Alex. Sentiva a pelle l’ostilità dell’altra e ne immaginava fin troppo bene i motivi. La contessina la fissava come se volesse farle la radiografia e in particolare il suo sguardo si soffermò sulle mani ancora graffiate dalle peripezie dei giorni precedenti; mani diversissime dalle sue, bianche e curate. Alex le strinse l’una nell’altra, quasi nascondendole sotto le maniche del vestito.
«Mi avevano detto che venivate da un paese straniero ed è vero, me ne accorgo dal vostro accento» continuò Eugenie de Courtenay nel suo perfetto tono da conversazione.
«Sì. Da un paese molto lontano» rispose Alex.
La contessina non mutò il suo sorriso. «Molto lontano? Peccato. Allora non potremo godere a lungo della vostra compagnia, quando il torneo sarà finito.»
Alex sentì un gran freddo scenderle nel cuore. «Sì» ammise a voce ancora più bassa. «Presto mio padre verrà a prendermi e mi riporterà a casa.» Vide un lampo di soddisfazione passare nello sguardo dell’altra e non poté più sostenerlo. «Perdonatemi» disse e passò oltre per raggiungere Marc e Ian.