Alex uscì dal torrione quasi di corsa e scese la scala che portava al cortile. Era in ritardo per tutti i primi appuntamenti della giornata e ancora non riusciva a capacitarsene. Eppure aveva passato la notte dormendo a malapena e si era ritrovata sveglia molto prima del solito. Si era lavata e vestita in fretta, litigando con i lacci dell’abito, per correre nel salone dove sapeva che ci sarebbe stata la colazione e aveva scoperto che tutti gli uomini erano già andati al campo dei cavalieri. L’intero castello tranne lei si era svegliato all’alba, aveva sentito messa e aveva fatto colazione con il sole ancora basso sull’orizzonte.
«Mio marito non ha voluto che ti svegliassimo» le aveva spiegato dama Isabeau al suo arrivo ai piani bassi e l’aveva costretta a girarsi per sistemarle l’allacciatura del vestito. «Voleva che tu riposassi il più possibile. Ti aveva vista molto stanca ieri sera.»
La sera precedente si era davvero conclusa male, ma Alex non aveva certo riposato durante la notte. Tutte le volte che si era svegliata – ed erano state tante – aveva passato il tempo pensando a Marc.
Era sicura di averlo ferito, la sera prima. Probabilmente adesso si era convinto del tutto di averle mancato di rispetto e lei si sentiva una perfida ingrata nei suoi confronti. Doveva vederlo subito. Forse faceva ancora in tempo, prima che iniziassero gli scontri in lizza.
Nel cortile trovò Ian a parlare con alcuni servi. «Dove vai?» le domandò lo zio, sorpreso da tanta fretta.
Alex era rimasta altrettanto stupita nel vederlo senza usbergo o abiti adatti a indossarvelo sopra. «Al torneo. E tu non vai?»
Ian congedò i servi. «Il torneo inizierà subito dopo il pranzo. Adesso i cavalieri si stanno scaldando in attesa di combattere nella melée.»
Alex si sentì sollevata. Allora, forse, aveva davvero ancora tempo per parlare con Marc. «Tu non combatti?»
«Non mi piace la melée. Troppo caos. Venti cavalieri per parte a combattere tutti insieme con qualsiasi arma: non fa per me.»
«Ma combattono per finta, no?»
Ian fece un gesto vago. «È più complesso di così. In un torneo è vietato colpire per uccidere o anche solo per ferire, ma non puoi nemmeno combattere per finta, offenderesti i tuoi avversari. Il fatto è che di teste calde ce n’è in abbondanza ed è inevitabile che qualcuno si faccia comunque male, a volte anche seriamente. In un paio di tornei ci sono stati dei morti.»
Alex sbatté le palpebre, incredula. «Morti? E i cavalieri corrono un rischio simile?»
«È la loro cultura. Più è pericolosa la competizione, più la cosa li esalta, specie i giovani. Si mettono in mostra davanti alle loro belle, ai loro signori e ai loro pari. Dimostrano coraggio e sprezzo del pericolo e allo stesso tempo fanno un vero e proprio addestramento militare, che sarà utile in guerra.»
Alex non parve affatto convinta.
«Io però in guerra ci sono già stato e non ho alcuna voglia di combatterne una simulata, se posso farne a meno» concluse Ian.
Alex fu subito d’accordo con quell’idea. «I tuoi amici partecipano?»
«A Henri de Grandpré la mischia non è mai piaciuta per i miei stessi motivi. Per Henri de Bar è troppo faticosa e non ha voglia di impegnarsi. L’unico tra noi a partecipare alle melée era Etienne, ma dopo esserne uscito con la spalla slogata e un braccio rotto, dieci anni fa, e aver subito un mese e mezzo di cure e di rimproveri da parte di sua moglie, ha pensato bene di smettere.»
Alex si lasciò sfuggire un sorrisetto al pensiero dell’esuberante conte di Sancerre sottoposto alle cure implacabili dell’altrettanto energica consorte e Ian condivise con lei la stessa ironia. «Donna era infuriata, avresti dovuto vederla. Etienne ha sperimentato appieno cosa voglia dire avere una moglie col suo temperamento. Devo dire, a onore suo, che da allora la venera con il doppio dell’amore. Probabilmente proprio perché lei sa tenergli testa, il che non è facile, credimi.»
«Lo immagino» rispose Alex.
Il conte di Sancerre deve essere la versione adulta dei suoi due figli, pensò in aggiunta, con in mente i gemelli Nicolas e Noelle.
«In compenso, alla mischia parteciperà Laurent» disse Ian. «Non vedeva l’ora già ieri, come tutti i suoi coetanei.»
Alex rimase perplessa: tutto si aspettava tranne che il compitissimo Laurent fosse una testa così calda da partecipare a un simile gioco cruento.
Lo zio le indicò l’uscita del cortile. «Vuoi che ti accompagni fino al torneo? Di solito, qui le ragazze di buona famiglia non vanno in giro da sole per la città.»
Alex non ci aveva minimamente pensato.
«Seguimi» le sorrise Ian. «La lizza è lontanissima, non puoi certo andarci a piedi. Ti accompagno io a cavallo.»
Alex sospirò. «Grazie.»
Pochi minuti dopo, attraversavano le cinte di mura in sella a un palafreno. Ian teneva le briglie e Alex sedeva all’amazzone davanti a lui con la gonna lunga raccolta intorno alle gambe unite. La giornata era magnifica e prometteva sole caldo fino a sera.
Appena fuori dalle mura, Alex rivolse subito la sua attenzione al campo dei cavalieri.
«Se cerchi Marc, lo troverai di sicuro al recinto dei cavalli» la sorprese Ian. «Passa con loro sempre molto più tempo di quanto sarebbe richiesto dal suo dovere di scudiero.»
Alex ricordò con quanto affetto Marc si prendesse cura del suo cavallo e provò una stretta al cuore. «Per colpa mia gli hanno ucciso Cimbre. Gli deve mancare molto.»
«Gli regalerò un puledro appena tornati a casa. Se tutto va come deve, Hun dovrebbe avere un figlio prima dell’estate» disse Ian per consolarla.
«Sarebbe fantastico! Marc ci tiene tanto» esclamò Alex, voltandosi.
Ian la studiò. «Voi due siete diventati affiatati in breve tempo. In molti l’hanno notato ieri sera.»
Alex distolse gli occhi. Anche Ian tacque in modo significativo, poi esordì in tono grave: «Alex…».
«Lo so. Per favore non dire niente» lo interruppe subito lei. «Fidati di me.»
Ian non aggiunse altro e lasciò caracollare il cavallo con calma fino al campo dei cavalieri. Arrivato a destinazione, scese di sella e aiutò Alex a fare altrettanto. «Vieni. Il recinto è di qua.»
Attraversarono quasi tutto il campo dei padiglioni, animato da un movimento frenetico di uomini, servi e scudieri. Alcuni cavalieri tiravano già di scherma con i loro attendenti in appositi spiazzi tra le tende; altri provavano le mazze o i mazzafrusti contro manichini di paglia. Alex sobbalzò ogni volta che una di quelle armi si abbatteva sul legno degli scudi finti, frantumandone pezzi. Con raccapriccio immaginò gli effetti di quei colpi micidiali su un corpo umano, benché rivestito di maglia di ferro, e rabbrividì quando a un manichino venne staccato di netto un braccio.
Il recinto dei cavalli era in fondo al campo oltre le tende. Ian si fermò all’improvviso. «Che onore. Marc è con il re.»
Alex aguzzò la vista. Nel recinto dei cavalli con Marc c’erano due armati e quattro uomini delle età più diverse, tutti vestiti di scuro. Se il re era tra loro, non aveva gioielli né corona o qualsiasi altro segno distintivo che lo caratterizzasse rispetto agli altri, ma ricordando i rari capelli grigi intravisti nella treccia della regina, Alex appuntò la sua attenzione sugli uomini che parevano almeno quarantenni.
«Stanno ammirando Neige, il preferito del re» disse ancora Ian.
Gli uomini e Marc parlavano intorno a un destriero bianco come la neve ma possente come il nero Hun. Due stallieri sellavano il cavallo; impiegarono pochissimo a terminare il lavoro poi porsero le briglie ai cavalieri, inchinandosi. In sella montò il più giovane: un ragazzo coetaneo di Marc, dal fisico minuto ed elegante e i capelli neri tagliati appena sotto le orecchie. Aveva un sorriso luminoso mentre accarezzava il collo del destriero reale e gli altri uomini resero omaggio a entrambi in modo inequivocabile.
Alex spalancò la bocca. «È quello il re?»
Ian le lanciò una finta occhiata di rimprovero. «Allora non mi ascoltavi poi con tanta attenzione, quando ti raccontavo la storia di Francia. Siamo nel 1233: quello è Luigi IX, uno dei più famosi tra i re Capetingi, il nipote di Filippo Augusto. Ha appena compiuto diciannove anni.»
Luigi IX: il nome suggeriva qualcosa d’importante ad Alex, ma lei era ancora troppo sbalordita per ricordare cosa. «Ma la regina…» domandò invece.
«La regina Bianca di Castiglia è sua madre. La contessa Margherita di Provenza è la sua futura moglie. Il re ha fatto organizzare apposta il torneo di questi giorni per farsi vedere armi in pugno dalla sua promessa sposa.»
«Il re partecipa di persona?»
«Si è perso le sfide in lizza per impegni imprevisti, ma non mancherà di certo alla melée di oggi. È un re guerriero, lui. Da quando ha preso la corona, non ha fatto altro che combattere a nord e a sud per tenere unito e in pace il suo regno, quindi è pratico di armi e tiene molto a mostrare al mondo il suo valore di cavaliere.»
Alex era senza parole.
«Vieni, ti porto da lui e da Marc. È un’occasione unica per conoscere un pezzo vivo della storia» invitò Ian, ma Alex lo trattenne. «No. Non adesso.»
Lo zio la guardò con sorpresa, ma lei fu irremovibile. Aveva molte cose da dire a Marc, ma non in quel momento, davanti a tanta gente, nemmeno se questo significava rinunciare all’incontro con un re di Francia. L’agitazione la faceva a malapena respirare. «Lasciamo Marc in pace. È con il re, è un’occasione più importante per lui che per me. Non lo voglio disturbare.»
Ian accettò il suo volere e rimase in disparte con lei.
Marc non distoglieva gli occhi dal destriero che trottava con energia nel recinto, guidato dalla mano esperta del suo padrone. Re Luigi fece compiere alcuni giri all’animale e poi tornò verso la staccionata. «Allora?» domandò orgoglioso. «Non è splendido?»
«È una meraviglia, sire» rispose Marc, affascinato.
«Diventate un Falco Reale come vostro padre e mi assicurerò di persona che ne abbiate uno simile» propose il re con un sorriso astuto.
Marc inspirò profondamente. «Sarei fiero di onorare mio padre ed essere un vostro falco.»
Luigi IX smontò con la stessa agilità con cui era salito in sella. «Ottimo, allora dirò a monsieur Jean di provvedere alla vostra cavalcatura.»
«Come?» domandò Marc e il re rise. «Perdono: ho giocato con voi e ho appena cercato di ricompensare la vostra fedeltà con la promessa di qualcosa che è già vostro» spiegò, divertito. Accarezzò di nuovo il collo del destriero bianco e proseguì: «Non avete riconosciuto l’aria di casa? Neige è il puledro che vostro padre mi regalò per il mio quattordicesimo compleanno. È nato nelle vostre stalle».
Marc ricordò in un lampo un puledro bianco inviato a Parigi, nato dallo stesso padre di Hun. «È il fratello del cavallo di mio padre?»
Re Luigi annuì. «Quindi, come vedete, potrete avere un animale della stessa stirpe anche senza una mia richiesta: vi basterà chiederlo a vostro padre. Sarà orgoglioso di regalarvelo così come immagino sarà orgoglioso di voi quando riceverete l’investitura.»
«Lo spero tanto, sire» disse Marc, piano.
«Ne dubitate?» si stupì il re.
Marc sostenne il suo sguardo con onestà. «Non so sempre comportarmi come lui desidera. Temo di avere troppi difetti per diventare un vero Falco come lui e voi vi aspettate.»
«Difetti, dite? Di sicuro non la superbia» replicò re Luigi. «Ma mi avete incuriosito: mi farò spiegare da chi mi saprà dare tutti i particolari.» Accennò a qualcosa dietro le spalle del suo interlocutore.
Girandosi, Marc si accorse di suo padre che, notato dal re, stava salutando con deferenza. Era insieme ad Alex. Per un attimo si sentì esposto, neanche fosse nudo e alla gogna in mezzo a una piazza. Domò l’agitazione con tutta la sua forza di volontà.
«Vostro padre è in compagnia molto graziosa, a quanto vedo» continuò Luigi IX, mentre il Falco si avvicinava dietro suo invito. «È la vostra promessa sposa?»
Marc deglutì. «Un’amica di famiglia.»
«Una cosa non esclude l’altra» disse il re con un sorriso sornione.
La frase fece a Marc un’impressione profonda.
Alex si sentì fuori posto nel salutare il sovrano. Aveva davanti un vero re di Francia e seppe fare solo l’inchino più profondo che poté. Cercò di immaginarsi come si sarebbe comportata una damigella medievale al posto suo e rimase in silenzio con le mani strette una nell’altra ad ascoltare Ian e il re scambiare convenevoli. Se non altro, vide che Marc era rigido almeno quanto lei.
Già, Marc… ripensandoci era proprio lui che le metteva le farfalle nello stomaco, molto più del re di Francia.
«Monsieur Jean, dovremo parlare quando avremo un po’ di tempo» disse a un certo punto re Luigi. «Ho alcune curiosità da soddisfare.»
«Quando vorrete, sire» rispose Ian e lanciò un’occhiata interrogativa a suo figlio che sembrava sulle spine.
Un paggio li raggiunse, arrivando dal campo dei padiglioni. «Maestà, sua grazia la contessa Margherita desidera chiedervi se mangerete qualcosa con lei prima del torneo.»
«Dite alla contessa che ne sarò felice. La raggiungerò appena avrò terminato i preparativi» rispose il re. «Perdonatemi, dovrò rivedervi più tardi» aggiunse, rivolto ai suoi interlocutori.
«Saremo sempre a vostra disposizione, sire» disse Ian e salutò anche il gruppo che prendeva congedo dietro al sovrano, poi guardò suo figlio. «Cosa gli hai raccontato per incuriosirlo tanto?»
«Che sono un puledro riottoso» confessò Marc. «Temo che mi abbia creduto all’istante.»
«E adesso vuole sapere i dettagli da me?» domandò Ian e si mise a ridere. «D’accordo, mi preparerò il discorso, allora. E già che ci sono metterò in guardia anche Henri, così che sappia cosa rispondere alle domande difficili sul suo scudiero.»
Anche ad Alex la situazione sembrò buffa e scambiò un’occhiata con Marc, che si strinse nelle spalle. «Siete venuti per me?» le domandò lui.
«Alex voleva vedere da vicino i preparativi del torneo» rispose Ian e Alex gli fu grata per essere stata tolta dall’imbarazzo di dover dare una risposta in prima persona. «Pensavo di accompagnarla in giro mentre tu fai il tuo dovere, poi la riporterò al castello per il pranzo.»
«Voi due non tornate a mangiare?» domandò lei.
«I cavalieri e gli scudieri pranzano insieme prima della melée» le spiegò Ian. «Sarà una cosa rapida e spartana. Mangeremo quasi in piedi. Ma ci rivedremo subito dopo. Verrò in tribuna a torneo iniziato. Invece Marc deve restare qui: oggi farà da scudiero a Laurent, visto che il suo tutore non combatte.»
«Posso rimanere qui anch’io? Non m’importa di mangiare in piedi, vorrei vedere i cavalieri che si preparano.»
Ian fu preso in contropiede. «Le dame di solito non restano al campo» cercò di obiettare, ma Alex lo convinse quasi subito con occhi supplichevoli. «D’accordo» cedette. «Basta che non intralci i preparativi e che Marc faccia il suo dovere di scudiero con il massimo scrupolo.»
«Giuro» disse Marc subito.
Ian li indagò entrambi con gli occhi, ma non obiettò oltre. «Allora dovrò avvertire al castello che Alex non ritorna per il pranzo» decise. «Aspettatemi qui mentre cerco un paggio.»
Alex restò sola con Marc, con mille cose da dirgli e il timore che da un momento all’altro arrivasse qualcuno a interrompere quel momento di riservatezza. Si guardarono negli occhi. «Perdonami» dissero all’unisono.
Marc fece una faccia sorpresa. Alex invece si aspettava quell’esordio. «Non hai niente da farti perdonare» rispose, proprio mentre lui chiedeva: «E che cosa dovrei perdonarti?».
Tacquero e Alex capì che non c’era bisogno di altre parole. Si intesero senza discorsi. Le ansie della notte furono dimenticate in un colpo.
Marc sfoderò il suo tipico sorriso da impunito. «Ti mostrerò ogni angolo del campo. Ti spiegherò tutto quello che vorrai sapere.»
«Non devi perdere tempo per me, l’hai promesso» gli ricordò Alex, ma lui fece spallucce. «Non credo che Laurent si lamenterà troppo.»
«Basta che non gli allacci l’usbergo al contrario.»
«Teso com’è, non se ne accorgerebbe neppure.» Marc tese la mano ad Alex, ma il conte di Grandpré comparve all’improvviso dalle tende. «Ah, eccoti qui. Possibile che tu ci metta mezza mattina per dare da bere a un cavallo?» aveva un tono spazientito e Marc abbassò la mano al volo. Si fece subito compito. «Perdonatemi» rispose. «Avevo quasi finito, ma poi…» Le sue scuse si spensero subito sotto lo sguardo severo del tutore. Il ragazzo si congedò e sparì in un istante, non appena il suo signore gli indicò con il pollice la direzione dalla quale lui era appena venuto. Alex rimase sola con Henri de Grandpré e gli fece un sorriso imbarazzato.
«Madame, se posso dirvelo, voi non giovate alla disciplina del mio scudiero» sospirò il conte.
Alex arrossì. Lui però fece una risata divertita.