39

Ritornò indietro con le gambe che le tremavano. Marc se ne accorse e non ne era stupito, solo mille volte più cupo. Ordinò ai servi di lasciarli soli. «È lui, vero?»

Alex rabbrividì. «Non potrei riconoscere la sua faccia, ma la sua voce… la sua voce…»

«È lui» ripeté Marc e non era più una domanda, ma un’affermazione. «Io ho riconosciuto anche i suoi occhi.» Meditò a lungo e infine aggiunse: «Tutto torna. Morlhon conosce mio padre, mio zio e il mio tutore e ha autorità per comandare su molti nobili. Un barone come Doisel dovrebbe strisciargli davanti».

«Ma è un feudatario» obiettò Alex. «Tuo padre dice che un feudatario non ha rivali nella sua casa perché è già il padrone di tutto. Chi dovrebbe essere la sua vittima? Da chi potrebbe mai ereditare qualcosa dopo l’assassinio?»

«Non lo so, nemmeno io capisco. È un conte, per giunta è straniero e non credo che abbia rivali nel suo paese, che cosa può volere in più? Governa un territorio ricco e vastissimo, diventerà persino parente di re Luigi.»

Marc s’interruppe di colpo. Alex arrivò alla stessa conclusione un istante dopo e si sentì mancare il fiato. Si guardarono, senza osare pronunciare la frase ad alta voce. Marc portò la mano alla fronte. «No, non è possibile. Non ci credo.»

«Giovane e senza eredi» mormorò Alex, sconvolta. «Luigi IX ha diciannove anni e non è ancora sposato. Se dovesse morire a chi andrebbe la corona?»

«A suo fratello Alfonso, perché il principe Roberto è molto cagionevole di salute, come gli altri fratelli maschi già morti, e non è adatto al trono. Lui stesso dice di non poter essere un re duraturo.»

«E questo Alfonso che tipo è?»

«Sta per compiere dodici anni, non può essere dietro a tutto questo, dietro al conte di Morlhon.»

«Morlhon non può aspirare al trono?»

«In nessun caso. Te l’ho detto: è straniero. Diventerà parente del re solo perché il principe Alfonso sposerà la contessa Giovanna di Tolosa.» Marc si fermò di nuovo, colto da un dubbio. «Possibile che sia questo lo scopo? Mettere sul trono il principe Alfonso?»

«La parentela col re di Francia diventerebbe più diretta.»

«Altroché. Se Giovanna di Tolosa dovesse avere un figlio maschio da Alfonso, l’erede della corona di Francia sarebbe per metà di sangue tolosano. Ma è un motivo sufficiente perché Morlhon, che è tolosano, tenti l’assassinio di re Luigi?»

«Sempre se il re è il bersaglio e se Morlhon è l’assassino. Potremmo esserci sbagliati.»

Marc la guardò, tetro. «Tu non sei più sicura di aver riconosciuto la sua voce?»

Alex rimase in silenzio. L’impressione profonda che le aveva suscitato quella voce le accapponava ancora la pelle.

«È lui, io ne sono certo» insisté Marc. «E non ha altri “giovani senza eredi” davanti a sé in linea dinastica, quindi può mirare solo al di fuori della sua famiglia. Un bersaglio importante come il re giustificherebbe tanta segretezza e anche i complici che ha cercato lontano dalle sue terre e da chiunque possa riconoscerlo. Dobbiamo solo capire quando e come vuole portare a termine il suo piano.»

«Morlhon non può dare un allucinogeno… cioè una droga al re e farlo uscire di senno davanti a tutti» considerò Alex. «E poi a che scopo? Anche se il re delira, non è detto che si faccia male al punto di rischiare la vita. I suoi servi e i suoi cavalieri lo fermerebbero prima. Se vuole avere successo, l’assassino deve agire quando il re è solo, senza nessuno che possa intervenire.»

Rimasero a guardare la lizza che si riempiva di armati, con la sensazione orribile di essere sulla traiettoria di una valanga pronta a cadere da un istante all’altro. Re Luigi salutava il pubblico, tra il rullare dei tamburi e gli squilli di tromba. Il conte di Morlhon era vicinissimo a lui, con l’attenzione apparentemente rivolta agli altri cavalieri della fazione che si stavano organizzando da un lato dello spiazzo.

«Dovrà sembrare un incidente, ma come e quando?» rimuginò Marc a bassa voce. «Dopo la fine del torneo, il re e Morlhon partiranno e noi non potremo fare più niente.»

Alex si tormentò le mani. «Forse il suo bersaglio non è il re ma quelli che gli stanno intorno. C’erano tante boccette nello scrigno.»

«E cosa se ne fa l’assassino di far delirare chi sta intorno al re?»

«Non lo so! Magari glieli vuole aizzare contro! D’altra parte, ha comprato troppa roba per un uomo singolo. Se penso a quello che una sola boccetta ha fatto a me… in quello scrigno c’era abbastanza roba da stroncare un bue.»

Marc assimilò quella frase poco a poco. «Non un bue, un cavallo: Neige, il destriero del re!»

«Cosa?» Alex lo guardò con gli occhi sgranati.

«Il destriero del re, la mischia: ora ho capito cosa vuole fare!» esclamò Marc. «Se Neige impazzisce durante la mischia, se il re viene disarcionato in mezzo alla battaglia potrebbe rimanere ferito gravemente, finire sotto gli zoccoli degli altri o del suo stesso cavallo. Nessuno potrebbe sospettare che non è stato un incidente.»

Alex ricordò con orrore le parole di Ian: «In alcuni tornei ci sono stati dei morti».

«Santo cielo…» mormorò, ma poi scosse la testa. «No, è una pazzia! Morlhon non può assassinare il re adesso, sotto gli occhi di tutti. Ci sei tu qui, lui ti ha visto!»

«E allora? Non sa che l’ho riconosciuto e nemmeno che abbiamo scoperto la natura della sostanza fabbricata dallo speziale. Un incidente è più credibile se accade sotto gli occhi di tutti: quale occasione migliore del torneo?»

«Ma come può somministrare quella roba al cavallo? Dovrebbe avergliela già data!»

«I cavalli bevono prima di entrare in campo e bevono anche durante la mischia. Non è mica una battaglia vera: i cavalieri ogni tanto se ne tirano fuori per riprendere fiato e gli scudieri stanno ai bordi della lizza per assistere i loro signori e i destrieri.»

«E la droga non fa effetto subito» concluse Alex, ricordando come su di lei la sostanza avesse agito solo dopo molti minuti da quando si era ferita.

«Non ha odore né colore, come l’acqua» aggiunse Marc.

«Morlhon ha bagnato la sua mazza con un panno, l’ho visto» ricordò Alex.

Marc corrugò la fronte. «Non si bagnano le armi, al massimo si lucidano con l’olio.»

«Il panno era bagnato, sono sicura» insisté Alex. «Se ferisce il cavallo con quella mazza…» Si portò la mano all’avambraccio ferito.

«Avveleneranno il cavallo poco a poco. Con l’acqua dell’abbeverata e con altri mezzi» concluse Marc. «Così Morlhon sarà sicuro che non comincerà a dare segni di pazzia troppo presto, ma solo quando la mischia si sarà fatta pericolosa.» Tacque, riflettendo ancora e aggiunse: «Il bastardo è persino venuto a sincerarsi che io non stessi mettendo in allarme il re nella conversazione di poco fa».

Il clamore che esplose di colpo nella lizza li fece voltare di scatto. Le due fazioni si erano lanciate una contro l’altra con grida selvagge, tra i nitriti dei destrieri e le acclamazioni del pubblico. La melée era iniziata.

«Non abbiamo più tempo» disse Marc. «Va’ ad avvertire mio padre.» Si lanciò verso il recinto della lizza.

Alex raccolse la gonna con le mani e corse alla tribuna.

«Zio Ian!»

Alex lo vide sobbalzare, nel sentirsi chiamare per nome con tanta angoscia. Ian si alzò dal suo posto e le andò incontro giù dalle gradinate, risparmiandole di fare il giro e salire da lui.

«Zio Ian, vogliono uccidere il re!» esclamò Alex, gettandosi quasi nelle sue braccia. Aveva parlato in inglese e sottovoce, ma Ian la tirò in disparte dietro la tribuna, lontano da occhi e orecchie indiscrete. «Sei impazzita? Che cosa stai dicendo?»

«Abbiamo trovato l’assassino con la maschera, è il conte di Morlhon. Ucciderà il re durante la mischia!» continuò Alex, tutto d’un fiato.

«È impossibile» disse Ian. «Dov’è Marc?» domandò subito dopo, guardandosi intorno.

«È andato a cercare di fermare l’assassino.»

Ian si girò verso lo spiazzo recintato. «Incosciente…» mormorò, pallidissimo.

«La droga serve per il cavallo del re: lo farà impazzire durante la mischia. Il re cadrà di sella e si farà male o morirà!»

«Non è possibile, ti dico. Nessuno può uccidere il re.»

«Il re è in pericolo adesso! Morirà se non facciamo qualcosa: Marc è andato a salvarlo e noi dobbiamo dargli una mano» insisté Alex.

«Questo re non può morire oggi, non capisci?» la zittì Ian. «Diventerà San Luigi, il suo destino è scritto. Morirà nella sua seconda crociata tra quasi quarant’anni. Come può Marc salvarlo da qualcosa adesso? È contro ogni logica.»

San Luigi: Alex ricordò finalmente perché Luigi IX fosse tanto famoso nella storia, eppure questo non la fece desistere. «Anche papà ha salvato un re di Francia, l’hai detto tu.»

Ian tacque, preso in contropiede.

«Io e Marc abbiamo riconosciuto la voce di Morlhon. È la stessa dell’uomo con la maschera e Marc ha riconosciuto i suoi occhi.»

Ian non riusciva a convincersi. «No, Morlhon non ha motivo di uccidere il re, non ha un movente.»

«Forse vuole mettere sul trono il principe Alfonso, che sposerà la contessa di Tolosa, me l’ha detto Marc.»

«Sciocchezze. Prima di Alfonso di Poitiers, in linea dinastica, c’è Roberto d’Artois.»

«Ma questo Roberto non è molto malato come i suoi fratelli già morti?»

Ian agitò la mano come per scacciare l’argomento. «Ma no, ma che malato. Adesso sono tutti convinti di questa storia, Roberto compreso, ma lui diventerà adulto, grande e grosso, e seguirà suo fratello Luigi in crociata.»

«Questo però lo sai tu perché conosci il futuro. Marc dice che qui tutti lo ritengono inadatto al trono e che lui stesso non lo vuole.»

Ian esitò a ribattere. «In effetti, Roberto d’Artois rinuncerà persino alla corona imperiale, tra qualche anno, quando papa Gregorio IX gliel’offrirà.»

Con gli occhi, Alex lo esortò a proseguire nel ragionamento.

«D’accordo, se re Luigi morisse, il principe Alfonso prenderebbe quasi certamente la corona e affretterebbe il suo matrimonio» ammise Ian. «A quel punto l’eventuale figlio sarebbe re di Francia e conte di Tolosa allo stesso tempo poiché Raimondo VII, l’attuale signore di Tolosa, non ha altri eredi a parte sua figlia Giovanna.» Si interruppe e poi ritrattò, ostinato. «No, stiamo inventando ipotesi assurde. Questa è fantastoria, non può accadere, perché Luigi IX non morirà.»

«Il signore di Tolosa può odiare Luigi IX? Possono esserci altri motivi per assassinarlo? Motivi politici?»

«Luigi IX sta per sposare Margherita di Provenza e suo padre, Raimondo Berengario di Provenza, è nemico acerrimo di Raimondo VII di Tolosa fin dai tempi della crociata albigese. Il papa sta spingendo perché il re di Francia prenda sotto la sua corona il territorio provenzale, mentre l’imperatore…»

«Cosa?» incalzò Alex.

Ian fece un respiro profondo. «L’imperatore mira da sempre a conquistare la Provenza e appoggia Raimondo VII di Tolosa. Se Luigi dovesse morire prima del matrimonio e di un erede, la Provenza rimarrebbe senza la protezione della corona francese, in balia dell’impero.»

«E il principe Alfonso si schiererebbe dalla parte del suo futuro suocero di Tolosa?»

Ian si passò la mano sul viso. «È così giovane, dicono tutti che abbia un carattere insicuro, influenzabile. L’ascendente di sua moglie potrebbe essere fortissimo su di lui. E l’impero sta già preparando truppe per un’eventuale spedizione offensiva.»

«Forse San Luigi vivrà così a lungo solo perché qualcuno gli salverà la vita oggi» disse Alex.

Ian non rispose subito. «Morlhon è partito con il seguito del re subito dopo la prima giornata di torneo. È stato assente fino a stamattina quando anche il re è tornato.»

«Ha avuto il tempo di fermarsi alla casaforte, allora. Adesso tutti i pezzi del puzzle combaciano.»

Dalla tribuna comparve il conte di Grandpré, accompagnato da Michel. «Che c’è, Jean? Ti abbiamo visto sparire di corsa. È successo qualcosa?»

Ian si riscosse dalla sua immobilità. «Henri, chiama gli altri! I ragazzi hanno scoperto i piani dell’assassino. Il suo bersaglio è il re!»

L’altro cavaliere s’immobilizzò di colpo. Michel si fece bianco. «Come?!»

«Alla lizza» esortò Ian. «Presto!»