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Marc raggiunse il recinto di corsa. Nessuno fece caso alla sua fretta. Era uno scudiero e la mischia era già iniziata, chiunque poteva pensare che lui fosse semplicemente in ritardo per assistere il suo cavaliere, cosa che peraltro era vera: Laurent stava già combattendo e il suo scudiero avrebbe dovuto essere da un pezzo pronto ad assisterlo quando avesse deciso di fermarsi.

Marc si aggrappò alla staccionata e cercò il re e Morlhon nella confusione della battaglia.

La mischia era entrata nel pieno del suo fervore. Le due fazioni si erano mescolate, spezzando lance e spade, piegando scudi, sollevando polvere e terra sotto gli zoccoli dei cavalli. Il sangue aveva cominciato a scorrere, inevitabilmente. Un cavaliere venne portato fuori a braccia dai valletti di campo e Marc vide con sollievo che non era il re. Subito dopo scorse una macchia bianca tra gli armati e distinse Neige tra gli altri destrieri. Re Luigi duellava con grande abilità contro un cavaliere con i colori dei Dreux sulla cotta. Non aveva un graffio ed era a suo agio in sella.

Marc cercò di cogliere anche il minimo movimento inconsueto di Neige. Il destriero era nervoso, ma era normale in mezzo a una mischia violenta: qualsiasi animale si sarebbe agitato in tanto clamore, anche il più addestrato. L’importante era che non perdesse il controllo.

In quello stesso istante Neige sgroppò con un nitrito. Marc aguzzò la vista con un brivido. Re Luigi mantenne il controllo del cavallo senza problemi, ma poi si chinò ad accarezzargli il collo per calmarlo. Il cavaliere dei Dreux che stava duellando con il re interruppe subito il suo attacco per consentire al sovrano di rimettersi in assetto di battaglia, ma Luigi IX fece un gesto per lasciare intendere che avrebbe fatto pausa e si allontanò verso il lato della lizza dove lo attendevano gli scudieri. Andava ad abbeverare il suo cavallo con l’intento di farlo calmare. Neige infatti sbuffava sempre più nervoso.

Marc imprecò in silenzio. Gli scudieri del re erano dalla parte opposta della lizza rispetto a quella dove si trovava lui: non avrebbe mai fatto in tempo a impedire che dessero da bere al destriero.

Laurent gli si fermò davanti. «Dov’eri finito? Ti sto cercando da un pezzo! Mi serve il mazzafrusto, la mazza si è spezzata.»

«Laurent, devi fermare il re!» gli gridò Marc, indicando la lizza. «Stanno drogando il suo cavallo. Lo faranno impazzire com’è successo con Alex!»

L’altro ragazzo si voltò indietro con un sussulto.

Re Luigi stava già rientrando in battaglia. Spronò Neige e si rituffò nella mischia con baldanza. Il conte di Morlhon gli si affiancò quasi subito, come per dargli man forte contro i comuni avversari, che adesso si affollavano intorno al re e al campione del torneo. Combatterono affiatati, coprendosi a vicenda da più parti. Marc, che non li perdeva d’occhio, vide Sigert de Morlhon protendersi alle spalle del re per intercettare un ennesimo avversario in arrivo, ma vide anche la sua mazza chiodata sfiorare la coscia di Neige nell’impeto della lotta. Il cavallo nitrì e scalpitò, ma la sua reazione passò inosservata in mezzo a tanto tumulto.

Marc però vide gli sfregi rossi sul pelame candido del destriero. «È troppo tardi!» gridò e scavalcò la staccionata.

«Dove vai, sei impazzito?» esclamò Laurent. «Ti faranno a pezzi là in mezzo!»

Marc non lo ascoltò nemmeno e corse verso il re. Laurent lo richiamò più volte, imprecò, invano. Marc s’infilò tra i cavalieri in lotta, sgusciando tra i destrieri e le armi tese, rischiando il tutto per tutto. Evitò per miracolo la traiettoria di un cavallo, di una lancia, di un’ascia, non rivolte contro di lui ma ugualmente letali nella confusione della mischia. Qualcuno gli gridò un avvertimento, ma Marc non si soffermò nemmeno un istante a valutare né quel grido né il rischio: aveva gli occhi fissi soltanto sul re. Neige s’inalberò all’improvviso, scosse la testa, s’inalberò di nuovo. Re Luigi riuscì a mantenersi in sella, ma il destriero bianco era diventato di colpo incontrollabile: la ferita al fianco doveva averlo mandato nel panico, quando già la droga aveva iniziato a fare il suo effetto completo. Alla terza sgroppata il cavallo disarcionò il suo padrone, suscitando l’urlo di spavento del pubblico.

Marc era a pochissima distanza: riuscì a buttarsi e ad afferrare il sovrano per attutire la caduta. L’urto violento gli spezzò il fiato col dolore. Marc rotolò con il re nella polvere e lo sottrasse dagli zoccoli del destriero quando Neige pestò in terra. Le zampe potenti mancarono le loro teste di un soffio soltanto.

Marc ebbe un mezzo grido e rotolò di nuovo di lato trascinandosi dietro il re. Mise entrambi in salvo anche da un secondo attacco, ma Neige, ormai rabbioso e terrorizzato, li aveva presi di mira, come vipere nell’erba. S’inalberò ancora per tentare di schiacciarli sotto le zampe e questa volta Marc si vide perduto. Coprì re Luigi col proprio corpo e attese il peggio.

Laurent speronò Neige col suo destriero e lo costrinse a indietreggiare. Si protese per afferrare le redini del cavallo impazzito e ci riuscì, ma Neige, sentendosi intrappolato, strattonò con tale violenza da disarcionarlo. Laurent finì a qualche passo da Marc, perse la presa sulle redini ma riuscì a trattenere lo scudo e con quello colpì il muso di Neige che stava cercando di morderlo. Il destriero arretrò, Laurent si rialzò a fatica e lo respinse ancora, agitando lo scudo lucente. Un attimo dopo Neige fu circondato da cavalieri e dai valletti di campo che lo allontanarono definitivamente dal re.

Tentarono invano di renderlo inoffensivo: il cavallo scalciò, girò più volte su se stesso, morse qualunque cosa gli capitò a tiro. Ferì due valletti e buttò giù un cavaliere, prima che qualcuno ordinasse: «Abbattete quell’animale furioso!».

Marc vide il conte di Morlhon con l’indice puntato verso il cavallo bianco. «No!» gridò, ma nessuno gli diede ascolto. I cavalieri si gettarono contro il destriero incontrollabile e alzarono le loro armi. Neige stramazzò al suolo, stroncato da un colpo di mazzafrusto sul muso. Le asce e le mazze finirono l’opera sull’animale a terra.

«No…!» ripeté Marc, davanti a tanto scempio. I cavalieri del seguito reale furono su di lui un attimo dopo. Lo agguantarono come il peggiore dei criminali e lo trascinarono via dalla sacra persona del sovrano, colpendolo a calci e a pugni. Marc guaì, ma non tentò di opporre resistenza. Altri cavalieri accorsero dal re per assicurarsi delle sue condizioni e aiutarlo a risollevarsi. Luigi IX si liberò di loro con furia, balzò in piedi e gettò via l’elmo. Era senza fiato, sconvolto, col volto madido di sudore. «Lasciatelo!» ordinò indicando Marc, immobilizzato dai suoi uomini. «Mi ha salvato la vita. Lasciatelo andare!»

I cavalieri mollarono subito la presa. Marc rimase seduto a terra, tossendo, e si portò una mano al petto che aveva ripreso a far male in modo lancinante. Gli scendeva sangue dal naso e lui se lo ripulì, grazie al cielo non era rotto.

Re Luigi lo fissava con occhi dilatati. Si voltò verso ciò che rimaneva del suo cavallo e poi di nuovo guardò Marc. Cercava una spiegazione e non la trovava da solo.

«Avevano drogato il vostro destriero» ansò Marc. «Volevano disarcionarvi durante la mischia. Per uccidervi.»

Il re si irrigidì. I cavalieri e i valletti mormorano increduli.

Marc vide arrivare il conte di Morlhon, ancora a cavallo, proprio mentre nella lizza sopraggiungevano di corsa il Falco e i conti di Grandpré, Sancerre e Bar, insieme ad Alex e Michel. Sentì addosso gli sguardi di tutti, eppure non esitò a indicare Sigert de Morlhon. «Il conte ha organizzato tutto» accusò.