Non appena lasciò la lizza, congedato dal re, Marc vide Alex corrergli incontro. Lei lo abbracciò forte, incurante di chi li guardava e incurante persino di fargli male alla spalla ferita. Sembrava sul punto di soffocare per l’emozione.
Lì per lì, Marc non seppe come reagire, ma Alex era così spaventata che lui sentì rinnovarsi più prepotente che mai l’istinto di proteggerla. La circondò con le braccia, nonostante le proteste della spalla, e la tenne stretta a sé, dimenticando tutto il resto e le convenienze sociali. Che il mondo intero sapesse che si amavano, lui non l’avrebbe più nascosto. In quel momento l’unica cosa importante era lei che gli piangeva sul petto.
Alex lo lasciò andare solo per consegnarlo a suo padre e Michel. Marc si trovò circondato dai suoi cari. «Ero terrorizzato» confessò, nell’abbraccio del Falco.
Lui gli strinse la nuca nella mano. «Anch’io. Ma sei vivo: ringraziamo il cielo per questo.»
Michel gli balzò quasi addosso e gli strappò un’esclamazione di dolore ma non se ne preoccupò, tanto era agitato. «Non farmi mai più prendere un simile spavento!»
Marc riuscì a sorridergli, poi si ricordò del pugnale che aveva ancora in cintura e glielo riconsegnò. «Mi dispiace, si è rovinato» disse e in effetti il fodero era spaccato dal colpo di spada di Morlhon, che aveva danneggiato anche i due falchi intarsiati sull’impugnatura.
«Ti ha protetto, ha fatto il suo dovere. Non lo benedirò mai abbastanza» rispose Michel.
«Quando la smetterai di cacciarti nei guai?» brontolò invece André de la Cour, ma era sollevato e glielo si leggeva in faccia.
Marc guardò Henri de Grandpré. «Sono fiero di te. Hai compiuto una grande impresa» gli disse il suo ex tutore.
La felicità di Marc divenne completa.
Per il resto della mattina fu riempito di attenzioni come mai in vita sua. Sua madre lo raggiunse nel padiglione e non lo lasciò più finché non si fu assicurata che i medici lo avessero curato a dovere e i servi avessero preparato il necessario per ristorarlo. L’avrebbe persino aiutato a lavarsi, come faceva quand’era bambino, se Marc non l’avesse convinta che non ce n’era davvero bisogno. Non appena i medici ebbero finito e lui si fu ripulito e cambiato d’abito, volle Alex accanto a sé, mentre si riposava seduto su una panca, mangiava e beveva qualcosa, e non la lasciò più allontanare. La teneva per mano ogni volta che poteva.
Lei era frastornata. Sollevata, certo, ma sfinita dall’orribile esperienza del giudizio, dalla notte passata in bianco e dagli spaventi provati in tutta quell’interminabile avventura.
Cercò conforto nella vicinanza di Marc: gli porgeva il vino e si lasciava tenere la mano, cercando di cacciare tutti gli ultimi pensieri dalla testa. Voleva solo riposare e non pensare più niente. L’inquietudine però non voleva abbandonarla. Era un tarlo misterioso, qualcosa di irrazionale che si agitava nel profondo pur senza produrre un pensiero preciso. Alex non sapeva spiegarsi perché, ma il suo disagio aumentava e le impediva di trovare quiete.
«Coraggio, è tutto finito. Adesso nessuno ci minaccerà più» le disse Marc e le rivolse il suo solito, meraviglioso sorriso.
Bastò quella frase a scuotere Alex come una doccia gelida.
Nessuno ci minaccerà più… Non era vero, ma lui non poteva saperlo. Un muro invisibile ma invalicabile li avrebbe divisi presto. Lei sarebbe tornata a casa, in un mondo e un tempo che Marc non poteva nemmeno lontanamente immaginare.
L’aveva sempre saputo, eppure perché adesso quell’idea la faceva stare così male?
Perché si era innamorata di Marc.
La prospettiva di perderlo per sempre le provocò un sussulto di paura. Di colpo, capì di aver commesso un errore spaventoso: non aveva potuto evitare di innamorarsi di Marc. Non aveva saputo impedire che lui si innamorasse di lei.
Adesso era troppo tardi. Marc era euforico ed era diventato più possessivo e più sicuro. Non aveva remore nel mostrare i suoi sentimenti davanti a tutti e il fatto che pretendesse di tenerle la mano dimostrava che si sentiva legittimato in un ruolo ben preciso accanto a lei. Non sembrava prendere in considerazione l’idea di una possibile separazione: forse non ci aveva ancora pensato, troppo preso fino ad allora dal giudizio di Dio. Di sicuro, comunque, non aveva idea di quanto lontane fossero le loro vite. Lei avrebbe dovuto tenerlo a distanza e invece aveva saltato il fosso per prima, senza riflettere, da idiota. Non desiderava altro che stargli accanto e si era dimenticata che non era possibile.
Che faccio adesso? si domandò ancora una volta e si sentì in un tunnel senza uscita.
Guardò Marc accanto a lei, che in quel momento parlava con Ian e Michel, e si disperò all’idea di perdere per sempre il suo sorriso, la sua voce, il suo calore. Eppure, non aveva speranze, non aveva scelta…
Spostò gli occhi su Ian e tremò mentre un pensiero improvviso la colpiva. Aveva una scelta, era quella di Ian: abbandonare il mondo moderno per rimanere lì. Lui l’aveva fatto per amore di Isabeau, ma lei ne sarebbe stata capace per amore di Marc?
Il tunnel le sembrò più stretto e soffocante.
Forse poteva convincere i suoi genitori a farla tornare di tanto in tanto… No, era ridicolo. Avrebbe rivisto Marc per qualche giorno ogni sei o sette mesi, come faceva Ian quando veniva a trovarla? Sarebbe stata solo una tortura. Marc non l’avrebbe mai accettata e sarebbero stati male entrambi. Anche in quel modo il loro rapporto non aveva futuro.
Restavano solo due possibilità, ugualmente drastiche. Alex si sentì schiacciare tra le due.
«Va tutto bene? Non dici niente da un po’.»
Alex sbatté le palpebre e si accorse che Ian le si era accostato, serio. Anche Marc si era voltato con preoccupazione.
«Sto bene, sono solo molto stanca» mentì Alex, costringendosi a un sorriso.
Marc le porse la coppa del vino. «Perché non vai a riposarti? Dovresti dormire un po’, se ci riesci. Avremo tutto il tempo che vogliamo per stare insieme.»
Non è vero, pensò Alex e bevve un sorso per reggere il peso delle sue angosce e nasconderle agli altri.
«Ti riaccompagno al castello» si offrì Ian, ma lei scosse la testa. «Non voglio rimanere da sola in una camera. Lasciatemi qui in silenzio per un po’, sto ad ascoltarvi. Tornerò al castello quando tornerete anche voi.»
Ian non insisté oltre, si vedeva che era pensoso, ma lei finse di non notarlo. Abbassò gli occhi sulla coppa che stringeva nelle due mani e Marc si appoggiò con la spalla alla sua per farle sentire la sua vicinanza. Alex avrebbe voluto mettersi a piangere.
Re Luigi fece convocare Marc poco prima del pranzo, insieme a suo padre, al conte Guillaume, ad André de la Cour e a Laurent, e li accolse nel suo padiglione, in compagnia dei due cavalieri più autorevoli del suo seguito. Sedeva sullo scranno con un’espressione severa e rigida, portava ancora la corona. «Monsieur de Ponthieu, i vostri sceriffi dovranno essere a mia disposizione anche nei prossimi giorni per chiarire gli ultimi dettagli di questa vergognosa faccenda» disse al padrone di casa.
«Tutti i miei uomini saranno sempre ai vostri ordini, sire» rispose il conte Guillaume.
«Quali notizie mi date dai primi interrogatori?»
«Temo che anche uno dei vostri stallieri sia coinvolto nel complotto. L’assassino catturato da monsieur de la Cour l’ha indicato come colui che doveva somministrare la droga al vostro cavallo. Con il vostro permesso, l’arresteremo per interrogarlo.»
Il re si incupì ancora di più, ma acconsentì. «Fate ciò che dovete. Tenete in stato di arresto anche tutti gli uomini al seguito del conte e interrogateli. Chiunque si sia macchiato di tradimento dovrà pagarne le conseguenze.»
«Sì, sire.»
Luigi IX tacque ancora per un po’, seguendo pensieri inquieti. «Il conte di Morlhon?» chiese alla fine.
«A differenza del suo complice, non risponde alle domande» disse Ponthieu «ma con un po’ di tempo a disposizione, troveremo le prove per dimostrare la sua colpevolezza, ora che sappiamo dove cercare. Non vorrei dare agli sceriffi l’ordine di proseguire con l’interrogatorio usando anche mezzi estremi, ma se voi lo volete, sire, eseguirò la vostra volontà.»
Il re scosse la testa. «Condivido il vostro operato e credo anch’io che ci siano già abbastanza prove a carico del conte di Morlhon per arrivare alla sentenza anche senza la sua confessione. Gli sarà risparmiata la tortura, benché lui non l’abbia risparmiata ad altri.» Guardò Marc, che sostenne l’esame a fronte alta e non disse nulla.
Il re si rivolse ad André de la Cour. «Adesso, riferitemi voi cosa avete trovato.»
Il giovane cavaliere raccontò le prime, vane ricerche compiute nei possedimenti di Doisel, fino al ritrovamento del cadavere del barone, raggiunto dal sicario del conte di Morlhon proprio mentre si affrettava ad arrivare alla costa, forse per lasciare il paese con una nave. «Il barone è stato ucciso a tradimento, probabilmente mentre parlava in privato con l’assassino» concluse. «Quando sono arrivato, il misfatto era appena accaduto. Ho potuto arrestare l’assassino, mentre gli uomini che erano col barone si sono dati alla fuga. I miei soldati li hanno comunque catturati quasi tutti. Ho dato ordine che siano condotti qui appena possibile. Io ho preferito anticipare il rientro portando con me il testimone più importante.»
«Quanto ci vorrà perché gli arrestati arrivino qui?»
«Un’altra giornata, immagino. Nel tafferuglio molti cavalli sono scappati o rimasti feriti. Ci vorrà più tempo perché i miei uomini possano condurre qui i prigionieri con un carro o a piedi.»
«Aspetteremo il loro arrivo» decise il sovrano. «Monsieur de Ponthieu, intendo rimanere al vostro castello finché le indagini non saranno finite.»
«Disponete della mia casa come se fosse vostra» rispose il conte.
Luigi IX meditò ancora a lungo, poi si rivolse a Marc e Laurent. «Il pericolo corso da voi e dai vostri amici ha salvato il trono.»
«Saremo sempre pronti a difenderlo, sire» rispose Laurent anche a nome di Marc.
Il re approvò l’omaggio. «E io conterò su di voi. Ora, signori, lasciatemi solo con le Fauconneau.»
Tutti si congedarono. Marc rimase faccia a faccia col re: un onore che non aveva mai pensato di ricevere.
Luigi IX si tolse la corona, l’appoggiò sul tavolino accanto allo scranno e si sfregò le sopracciglia alla radice del naso. Per la prima volta apparve esausto e tradì la tensione che doveva averlo tormentato tutta la notte. Marc non osò dirgli nulla e attese che fosse lui a parlare.
«Siete un avventato, ribelle e testardo» considerò il re, dopo averlo scrutato a lungo. «Avete rischiato tutto, contro ogni prudenza e buonsenso, contro gli ordini stessi di vostro padre, per seguire le vostre convinzioni.»
«Vi avevo detto di avere molti difetti, sire. Mio padre e il mio tutore saprebbero elencarvene altri.»
Re Luigi si alzò in piedi. Marc gli rese omaggio inchinandosi.
«Avete rischiato la vita per salvare la mia» continuò il sovrano. «Saprò premiarvi come meritate.»
«Mi avete dato la vostra benedizione, nessun’altra ricompensa potrebbe essere superiore a questa» rispose Marc, rialzando la testa.
«Allora vi darò degli obblighi, se non posso darvi altri premi. Avete voluto essere il mio Falco, accettatene le conseguenze. Mi aspetto che siate il mio primo cavaliere: porterete il giglio sul blasone e tutti sapranno che fate parte della mesnie4 del re. Pretenderò che cavalchiate al mio fianco ogni volta che ve lo chiederò.»
Marc si sentì riempire il petto d’orgoglio. «Quando vorrete, sire. Non avrete che da ordinarmelo e io vi seguirò ovunque.»
Luigi IX riuscì alla fine a ritrovare un pallido sorriso. «Potremmo cominciare dal prossimo torneo.»
Marc inspirò a fondo. «Magari.»
«Allora dirò a monsieur Jean di provvedere ai nostri cavalli.»
All’uscita del padiglione reale, Marc cercò suo padre per raccontargli subito l’accaduto. Non lo vide nei dintorni e immaginò di trovarlo al suo padiglione, ma si era appena incamminato, quando trovò sulla strada i due cavalieri reali, che prima erano nella tenda e che adesso stavano tornando dal re. Lo salutarono con deferenza, passandogli accanto. Marc ricambiò il saluto con uguale rispetto, per poi rendersi conto che anche tutti gli altri cavalieri lo salutavano con grande considerazione quando lo incrociavano.
Abituato a passare quasi inosservato come ogni scudiero, rimase colpito. Quando notò che gli altri scudieri e tutti i ragazzi più giovani lo studiavano con varie sfumature di ammirazione dipinte in faccia, cominciò a comprendere davvero la portata del cambiamento avvenuto nella sua vita dopo il giudizio di Dio e la benedizione del re.
Era cavaliere, adesso, e non solo: era il cavaliere più chiacchierato di corte. Marc si sentì all’improvviso esposto agli sguardi di tutti e capì che da quel momento in poi ogni suo gesto in pubblico sarebbe stato osservato, ogni sua bravata avrebbe avuto un’eco moltiplicata per mille. E la cosa si sarebbe accentuata ancora di più quando si fosse sparsa la voce di ciò che il re gli aveva appena detto in privato. Il primo cavaliere del re avrebbe avuto tutti gli occhi puntati addosso, sempre e comunque.
L’idea lo fece sudare freddo. Accelerò il passo e quasi corse da suo padre, per farsi consigliare o forse tenere d’occhio prima che tutta quella fama gli cadesse sulla testa.
4 - Masnada.