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Phoenix, Arizona, Stati Uniti d’America

15 maggio, futuro prossimo, ore 08:00

Sembrava trascorsa una vita da quando aveva messo piede a scuola l’ultima volta e invece era passata solo una settimana. Alex non riusciva a capacitarsene mentre attraversava il cortile affollato di studenti. Aveva varcato quel cancello centinaia di volte e all’improvviso le pareva di essere un’estranea. Si sentiva cambiata dentro in un modo che non riusciva a spiegare. Era come se non avesse più niente in comune con quei ragazzi che ridevano e chiacchieravano.

Aveva rischiato la vita, visto sangue, violenza, morti e combattimenti: le preoccupazioni avute prima di allora le sembrarono futili. La paura delle interrogazioni, l’ansia di fare bella figura tra le amiche o con un ragazzo carino, la rabbia per una festa mancata, i battibecchi tra compagne di scuola… Come avrebbe fatto a riabituarsi a una vita tanto infantile?

Passerà. Presto tutto diventerà un ricordo, si disse per l’ennesima volta, ripetendosi le parole rassicuranti di Ian, eppure non riusciva a persuadersi davvero. Aveva qualcosa di freddo, dentro, che sembrava non volersi sciogliere nonostante gli sforzi. Dopo il suo ritorno aveva passato giorni chiusa in camera a cercare di calmarsi e non era servito a niente. A malapena aveva ripreso a parlare a suo padre.

Fece un bel respiro e si aggiustò meglio sulla spalla la borsa colorata.

Devo solo rompere il ghiaccio. Una volta in classe, tutto tornerà come prima.

«Alex, finalmente!» Debbie la raggiunse con una breve corsa. Soliti jeans all’ultima moda, solito trucco vivace, capelli biondi raccolti a coda di cavallo. «Come stai? Eravamo tutti preoccupati la settimana scorsa. Tua madre diceva che stavi così male da non poter rispondere al telefono.»

«Ho avuto una settimana movimentata» rispose Alex, laconica.

«Ci credo, sembri persino dimagrita. Hai avuto la febbre alta?»

«Sì, sono stata malissimo fino a venerdì. Per fortuna sabato e ieri la febbre è scesa. Oggi me la sono sentita di venire a scuola.»

«Ma cos’è stato? Influenza?»

«Il medico dice di sì, anche se è fuori stagione.»

«Bella rottura. Speriamo che sia passata.»

«Speriamo.»

Proseguirono insieme verso la scuola, passando tra il capannello delle cheerleaders che si mettevano d’accordo per l’allenamento del pomeriggio e il trio dei bulli di quinta intenti a fumare l’eterna sigaretta, in barba a tutti i divieti della scuola.

«Che c’è?» domandò Alex, accorgendosi che Debbie la guardava in modo strano.

«Non ti avevo mai visto con la gonna lunga e i capelli intrecciati» rispose l’altra. «Ti stanno bene. Sembri una dama.»

«Già, una dama del medioevo» commentò Alex. Quella mattina, quando aveva guardato nell’armadio per vestirsi, aveva scelto la gonna lunga e dritta che non metteva mai e la maglietta che la completava. Improvvisamente, le era sembrato di non poter indossare altro, almeno per il momento. Con un elastico aveva legato due treccine dietro la nuca per tenersi i capelli lontani dal viso.

«Guarda che dicevo sul serio. Non volevo prenderti in giro. Ti stanno davvero benissimo» insisté Debbie. «Sembri un’altra. Così vestita fai veramente un gran colpo d’occhio, hai uno stile da modella.»

Alex fece un mezzo sorriso. «Non ti preoccupare, non mi sono offesa. Per me era un complimento.»

Debbie riportò lo sguardo sul portone aperto della scuola. «Guarda chi c’è» disse d’un tratto e prese Alex per un braccio. «Aspetta, aspetta» aggiunse sottovoce. «Guardiamo che succede.»

Alex vide Brad Parker proprio sulla soglia. Gli altri studenti gli passavano accanto, ma lui non si voltava neanche: stava parlando fitto con una bionda appariscente.

Emma. Alex la riconobbe subito, ma la cosa non le fece alcun effetto. Fermandosi a distanza insieme a Debbie, si concesse il tempo di studiare Brad da lontano. Era un bel ragazzo, non si poteva dire di no: abbronzatura esibita ad arte, jeans costosi, capelli biondi modellati col gel come voleva l’ultima tendenza. Non era solo vestito e pettinato come il divo di una boy band, si atteggiava anche allo stesso modo.

Alex si chiese come aveva fatto a non notarlo prima. Brad sembrava uscito da un videoclip della top ten. Assolutamente sicuro di sé, assolutamente conscio del proprio carisma, che sfoggiava con tutte le ragazze che gli capitavano a tiro, a cominciare dalla miss-super-curve che gli stava di fronte. Gli piaceva specchiarsi negli occhi adoranti delle fan, era evidente.

Come faceva a piacermi un tipo del genere?

Alex era incredula. Nella sua testa, alla figura di Brad se ne sovrappose un’altra, l’immagine di un ragazzo diverso, ben più solido nel corpo e soprattutto nell’animo. Un coetaneo lontano anni luce, anzi secoli, dal vanesio idolo della scuola. Il confronto fu impietoso.

Continuando a guardare il ragazzo che una volta le piaceva tanto, Alex si trattenne a stento dallo scuotere la testa. Ero un’idiota a correre dietro a uno così.

Debbie le strinse più forte il braccio. «Non ci credo: Emma lo sta scaricando!»

Alex allargò la sua attenzione da Brad alla sua conversazione in corso con la bionda. Lui non sorrideva più, anzi aveva la faccia di chi non sa convincersi di ciò che sente. Emma in compenso sfoggiava un’aria insofferente e rispondeva in modo sempre più secco.

«Questa volta, mi sa che Brad resta a bocca asciutta» disse Debbie.

«Sarà perché Emma ha una fila di ragazzi che le corrono dietro, più o meno quante sono le ragazze che corrono dietro a Brad» commentò Alex. «Anche il più bello dei belli può avere una certa concorrenza.»

La scena tra Brad ed Emma si interruppe in quel momento, perché lei si girò sui tacchi ed entrò a scuola senza neanche voltarsi indietro. Brad rimase da solo sulla soglia, spiazzato.

Debbie riprese la strada verso l’ingresso, tirandosi dietro Alex per il braccio. «Adesso è il tuo momento.»

«Che ti salta in mente?» protestò Alex, colta di sorpresa. «Dai, lascia perdere, non è il caso.»

«Sì che è il caso. Vedrai che dopo mi ringrazierai.»

Alex non fece in tempo a opporre ulteriore resistenza, perché Debbie la portò dritta alla meta. «Ciao, Brad» salutò con affettata spigliatezza. Alex nascose un sospiro contrariato.

Il ragazzo si voltò, distratto dal saluto inaspettato. Lì per lì ebbe un’espressione interrogativa, ma poi puntò lo sguardo su Alex, la riconobbe e si illuminò con un sorriso. «Ciao Debbie, ciao Alex. Sei tornata.»

Alex scrollò le spalle. «Sono rimasta fuori gioco per un po’, ma adesso va meglio.»

«Si vede: stai una favola, oggi.»

«Grazie. Ho solo cercato di rendermi un po’ presentabile.»

Mentre lo diceva, Alex si rese conto che solo una settimana prima avrebbe dato qualsiasi cosa per un sorriso e un complimento come quelli. Adesso invece, vedeva solo la tecnica consumata con cui l’idolo della scuola si atteggiava davanti a lei.

«Mi dispiace non averti visto alla festa di Debbie. Ci siamo divertiti molto» continuò Brad.

Sì, tu ed Emma soprattutto, commentò Alex tra sé, ma la cosa non le faceva più né caldo né freddo. «È dispiaciuto molto anche a me non esserci, ma dovevo studiare.»

«Sì, Debbie me l’aveva detto. Mi ha detto anche che tuo padre non ha voluto sentire ragioni.»

Alex scrollò le spalle. «Ormai è andata così.»

Brad le si accostò. «Senti, venerdì sera c’è una festa da Pete Owen, ti va di venire? Passo a prenderti alle nove.»

È la festa per la quale Emma ti ha appena dato buca, eh? pensò Alex, con tanta commiserazione. Persa un’ammiratrice, ne cerchi subito un’altra per rimpiazzarla, se no la tua reputazione che fine fa?

Sentì Debbie allungarle una leggera gomitata per esortarla a rispondere. Finse di non accorgersene. «Mi dispiace, non posso. Devo studiare. Sono rimasta indietro con fisica e lunedì prossimo voglio farmi interrogare.»

Sostenne senza alcun disagio lo sguardo sbalordito di Debbie e, soprattutto, quello di Brad, il cui sorriso era rimasto congelato a metà.

Ho dovuto lasciare un ragazzo che mi voleva come unica e sola donna della sua vita, pensi che possa accontentarmi di te, adesso? pensò, mentre un dolore sordo si rifaceva vivo nel profondo. «Ti ringrazio, comunque. Magari ci rivediamo in giro, ok?» disse invece, mentre la campanella suonava l’inizio delle lezioni.

Entrò a scuola conscia del silenzio che rimase alle sue spalle e che però non le fece provare il minimo rimpianto. La sua testa era troppo assorbita dalla tristezza che l’aveva riassalita all’improvviso.