L’amore impone compiti impossibili,
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo,
ma nientè più di quanto
ogni cuore possa chiedere,
io devo sapere se sei il mio vero amore.
(Ballata celtica)
Mentre Margherita dormiva serena, pensando che alla fine il suo cuore era riuscito a guidarla in un viaggio verso l’impossibile, Riccardo stava trascorrendo una notte insonne, davanti al cavalletto e alla tela.
Bianca, come una nuova notte nel proprio tempo solitario.
Bianca, come una pagina su cui riscrivere una storia mutilata.
Bianca, come presto non sarebbe stata più.
Riccardo voleva dipingere un nuovo quadro, voleva che raffigurasse qualcosa dal significato maestoso.
Qualcosa che facesse parte del passato, ma che sopravviveva nel presente di tutti coloro che per quella cosa avessero provato rispetto, nostalgia, rimpianto.
Le pennellate erano sicure, decise. Come sempre, quando a dipingere era Riccardo.
Il soggetto doveva mantenere la caratteristica dei lavori di Riccardo di saper trasmettere coinvolgimento, esperienza, sensibilità. Ma non solo: questa volta, il quadro doveva risultare figurativo, in modo che chiunque lo vedesse potesse capire cosa intendesse rappresentare.
Riccardo credeva che sarebbe stato difficile.
Invece, come era stato per tutti i lavori precedenti, furono le emozioni a guidare il pennello. Riccardo aveva davanti a sé una vecchia fotografia, ma quasi non la guardò.
Erano i ricordi a lavorare per lui. Memorie, uguali a certezze. Ricordi, come rifugio dalla tristezza di quello che era il rimpianto.
La chiesa non c’era più, ma in paese viveva ancora qualcuno che potesse ricordarla. La chiesa non c’era più, ma era come se continuasse a esistere attraverso le testimonianze. Il nuovo dipinto di Riccardo poteva essere una testimonianza. Un’opera recente, per ricordare il passato.
E se, durante la festa del patrono, avesse provato a venderlo? Poteva destinarne il ricavato a un fondo destinato a ripulire la zona del bosco in cui sorgevano i ruderi.
Ma era stato istituito un fondo di questo tipo? Riccardo, in realtà, non lo sapeva, ma poteva informarsi. In caso contrario, avrebbe potuto, perché no, effettuare lui un primo versamento di apertura.
Una notte in bianco, e il quadro era quasi pronto. Eccola, la chiesa, con il suo muretto di cinta, il campanile, il portico del chiostro. Era stata una costruzione austera, ma il quadro di Riccardo era luminoso. Come se uno splendido sole facesse di nuovo brillare la chiesa di ricordi belli, di speranza per il futuro, di ottimismo.
Ricostruirla come prima sarebbe stato impossibile, ma si poteva, anzi, era doveroso onorarne il ricordo.
Per rispetto alla fatica con cui si era affermata la religione, nel lontano passato di fine epoca romana, per ricordare i tempi in cui i monaci dell’ordine dei Serviti avevano scelto il ritiro e l’isolamento, per ricordare l’antica vita parrocchiale, durante la quale i fedeli si inerpicavano per i sentieri impervi, pur di assistere alle funzioni.
E in memoria dell’ultimo parroco, che era rimasto finché aveva potuto.
Per la prima volta, Riccardo si rese conto che il tempo, le memorie comprendevano non solo luoghi, ma persone. Soprattutto persone.
E per la prima volta pensò a come avrebbe potuto sentirsi se non ci fosse stata la certezza che una persona gli stesse vicino pur senza farsi vedere, perché da mesi lo stava aspettando.