CHRIS

Maia sapeva di dolce.

Il cuore mi batteva fortissimo, come se stessi correndo una gara. Non mi importava delle ripercussioni in quell’istante; le accettavo.

Entrambi le accettavamo.

Ogni dubbio sul fatto di piacerle o meno ormai era svanito, come lo spazio che ci separava, mentre le nostre labbra si congiungevano. Portò le nostre mani intrecciate sui nostri fianchi, le mie rimasero ferme e le sue mi accarezzarono il braccio, la spalla, il collo. Premetti le dita sulla sua maglietta, sul punto morbido tra la vita e il fianco.

La sentii ansimare.

Ci stringemmo nello stesso istante.

Mi toccò il viso con la mano libera, le sue dita erano morbide e desiderose mentre passavano sul mio zigomo e sulla mascella e sul mento, fino al collo e poi di nuovo indietro, come se volesse imprimere tutto nei ricordi.

Respiravamo insieme; inspirai mentre lei espirava e lei inspirava quando espiravo io. Percepii l’intensità dei nostri baci in ogni punto del corpo mentre si facevano sempre più bramosi e profondi. Le sue mani scivolarono giù verso i miei fianchi, poi si avvicinò a me, spingendomi indietro. Attraversammo i fari luminosi e bianchi, poi aprii gli occhi e vidi le nostre ombre contro il muro di mattoni. Mentre continuava a baciarmi, lei stava spingendo noi due verso un lato dell’auto.

Tolsi la bocca dalla sua per un istante, ma prima che avessi la possibilità di dirle: “Vorrei starti più vicino”, lei esaudì la mia richiesta.

Sentii il rumore della maniglia e poi la portiera che si apriva. Entrai per primo, le tenni le mani mentre saliva.

La attirai a me, i nostri petti che si premevano uno contro l’altro, e quando inclinò la testa indietro il suo respiro era affannato quanto il mio. La sentii deglutire mentre le baciavo il collo. Sollevò una gamba e me la avvolse attorno al corpo. La mia mano si spostò verso la sua coscia, avrei voluto toccarle il viso e le braccia e le gambe, tutto nello stesso istante.

Scivolò lentamente sulla schiena, attirandomi a sé per annullare ogni distanza tra noi. Ero sopra di lei, cercai di tenermi sollevato, ma mi tremavano le braccia. La mia maglietta si era alzata un po’ e le nostre pance nude si toccavano. Avevo una gamba tra le sue cosce e, quando sollevò i fianchi e premette il corpo sul mio, pensai che sarei esploso.

«Aspetta, va bene per te?» domandai, staccandomi dalle sue labbra per guardarla.

Annuì e rispose: «Sì, davvero, giuro».

Teneva le mani sulla mia schiena, sopra la maglietta. Sapevo che sicuramente sentiva la fascia contenitiva che portavo sotto, e anche che dovevo fermarmi in tempo, ma non volevo assolutamente.

Mi chinai di nuovo su di lei per baciarla sulla clavicola, poi sul collo – quel collo elegante – lo desideravo da così tanto tempo. La sentii stringere le cosce attorno ai miei fianchi, la mia bocca vicina al suo orecchio. Stavo per dirle: “Maia, dovremmo fermarci” ma, prima che ci riuscissi, spostò la punta delle dita, che mi toccavano la pelle nuda, dal fondo della mia schiena alla vita e, mentre stavo per prenderle la mano per impedirle di spingersi oltre, lei afferrò la mia e la mise delicatamente sulla sua pancia, sotto la maglietta, guidandola verso l’alto, fino al reggiseno.

Chiusi gli occhi e appoggiai la fronte sulla sua spalla solo per un istante mentre cercavo di radunare la mia forza di volontà.

«Davvero va bene per te?» domandai di nuovo. Un lato di me, quello spaventato, sperava che rispondesse di no.

«Sì» confermò.

La percepii respirare mentre la mia mano si soffermava sulla forma del suo seno. Si sollevò la maglietta lentamente sfilandola da sopra la testa e gettandola via, tanto che cadde fuori dallo sportello aperto, sull’asfalto.

Ci guardammo e ridemmo nello stesso momento.

Lei si morse il labbro e sussurrò: «Scusa».

«Non preoccuparti» la rassicurai. «Ma sei sicura che…»

«Sì. Sono sicurissima» intervenne interrompendomi. «Sono solo un po’ in imbarazzo.»

«Perché?» sussurrai.

«Non ho mai fatto nulla di simile» spiegò. «Mai.»

Annuii. La capivo. «Non sentirti in imbarazzo per nulla» la comprendevo perfettamente. «Sei fantastica, e gentile e intelligente e così, così incredibilmente bella in ogni modo possibile.»

Mi tenne il viso tra le mani e mi baciò, mi sentii così a mio agio mentre mi toccava che quasi dimenticai l’unica cosa che non potevo dimenticare. Fece scivolare le mani lungo il mio collo, le spalle, e tutto era così meraviglioso finché non le mise sul mio petto. Mi ritrassi di riflesso con un balzo. Lei trasalì. E, quasi subito dopo, le spostò lungo i lati dei miei fianchi. Mi fissava con troppa intensità, tanto che sentii il bisogno di distogliere gli occhi, perciò mi chinai per baciarle la spalla.

«Chris?» Mi mise una mano sotto il mento, inclinandolo in avanti per costringermi a guardarla. «Anche per te va bene?»

Esitai. Era la domanda che avevo davvero bisogno mi facesse ora, solo che non sapevo come rispondere. Era impossibile rispondere con un semplice sì o no. Mi allontanai da lei per mettermi seduto.

Lei fece altrettanto.

«Sì, va bene» mi tranquillizzò, prendendomi le mani fra le sue, «anche se non è tutto a posto.»

«Lo desidero, desidero tutto, sul serio.» Mi fermai, dato che non ero sicuro di ciò che stavo per dire. Da una parte volevo solo balzare fuori dall’auto e scappare via, continuare a correre per sempre senza più guardarla. Preferivo così piuttosto che confessare la verità e rovinare tutto. Deglutii cercando di combattere la paura che si radunava attorno alle parole bloccate nella mia gola.

«Però devo confessarti una cosa, Maia.» Mi sforzai di continuare. «E non so quel che accadrà dopo che l’avrai saputa. Potrebbe cambiare tutto per te, intendo quello che c’è tra noi, e mi spaventa perché non ho mai provato nulla di simile per nessuno. Non ho mai neanche sperato che fosse possibile provare quello che sento adesso.»

«Okay» fece. «Qualunque cosa sia, puoi parlarmene.»

Annuii, presi un bel respiro e ripetei le parole che mi ero esercitato a ripetere ad alta voce davanti allo specchio qualche sera fa, dopo che se ne era andata.

«Sono un transgender.» Lasciai quelle parole sospese tra noi, mentre percepivo che il resto della mia vita dipendeva da ciò che stava per succedere. «Volevo solo che tu lo sapessi.»

Trattenni il fiato e la osservai in volto in cerca di un segno di comprensione, qualcosa che mi rincuorasse sul fatto che capiva la mia situazione, invece continuò a guardarmi nel solito modo di sempre: accogliente, dolce e paziente.

«Maia, ti prego, dimmi cosa pensi.»

Mi preparai ad ascoltare, ma lei mi prese la mano nella sua con tanta tenerezza, poi si portò le mie dita sulla bocca, chiuse gli occhi e le baciò. «Penso» iniziò guardandomi di nuovo, «che non cambia proprio nulla.»

«Sei… sei sicura?» domandai.

«Sicurissima» rispose.

Mi lasciò le mani e si avvicinò, avvolgendomi le braccia attorno al collo, alle spalle; così riuscivo a sentirla inspirare ed espirare. Mi strinse ancora di più mentre la abbracciavo anch’io.

Le mie mani erano fredde contro la sua schiena nuda e calda. La sentii rilassarsi sotto il mio tocco e all’improvviso la tensione che avevo accumulato per tutta la vita cominciò ad allentarsi. Restammo abbracciati – la portiera spalancata, la maglietta per terra, i fari puntati ancora sulla parete – fino a quando la luce del giorno iniziò a insinuarsi tra le nuvole della notte.