Il problema della valanga è che non c’è modo di sfuggirle, ci si può solo arrendere.
Perciò mi sedetti sui gradini e attesi.
Aspettai che calasse il buio e che sua zia rientrasse dal lavoro. Parcheggiò l’auto, tirò fuori due buste di Bargain Mart dal sedile posteriore e mentre si avvicinava girò la testa e si accigliò.
Si sedette accanto a me, e le fui molto grata perché non disse nulla.
Restammo così per quella che parve un’eternità. Entrambe in attesa.
«Non tornerà» osservai alla fine, «vero?»
«Non lo so.»
«Gli hai parlato?»
«No» rispose, sollevando il telefono. «Ha lasciato solo un messaggio in segreteria.»
Poi mi appoggiò la mano sulla spalla in modo delicato: «Starai bene?».
Scossi la testa, mi alzai e risposi: «Se hai occasione di sentirlo, digli che…».
«Cosa?»
«Niente, non importa.»
Mia madre era in piedi in cucina intenta a versarsi un drink, quella sera era marrone, in un bicchierino con dei cubetti di ghiaccio. Mi tolsi le scarpe da ginnastica in corridoio, poi la superai borbottandole: «Buonanotte».
«Resti a casa, stasera?» domandò sorpresa.
Indietreggiai di un passo in modo da restare sulla soglia della cucina a guardarla. «Sì, non esco.»
Mi fissò – doveva aver notato i miei occhi gonfi – e, quando fece per parlare, pensai che mi avrebbe chiesto se ci fossero problemi, invece disse solo: «Okay», e accese l’interruttore della luce sopra il lavandino.
Roxie si ribellò non appena la sollevai dal divano del salotto per prenderla tra le braccia e portarla al piano di sopra con me. Non le piaceva essere tirata su, neanche quando era un cucciolo, e ancora meno adesso che aveva tanti dolori e l’artrite. Si dimenò e agitò la testa e mi graffiò le braccia, però non la misi giù finché raggiungemmo la mia stanza e chiusi la porta.
«Scusa» le dissi mentre la appoggiavo sul letto. Mi sdraiai anch’io e mi raggomitolai accanto a lei. Si preparò a ignorarmi fin quando non premetti il viso sul cuscino e cominciai a piangere. Mi leccò il braccio con cui mi coprivo la faccia con la sua lingua calda e lo allungai verso di lei e la abbracciai forte attirandola a me. Lei si arrese e mi permise di stringerla così, senza muoversi per tutta la notte.
Mi svegliai alle sei e mezzo di mattina e presi il cellulare.
Niente. O almeno, nulla da Chris. Tuttavia c’erano i messaggi di Hayden e Gabby. «Merda» sussurrai.
Gli ultimi erano semplici e diretti.
Gabby: ???
Hayden: Non ho parole,
Li ignorai, avrei risposto più tardi.
Chiamai Chris per la centesima volta. La sua segreteria telefonica era piena di miei messaggi. Mi sdraiai di nuovo e tentai di scongiurare le lacrime perché dubitavo che il mio corpo potesse sopportarne altre, invece cominciai a singhiozzare ancora.