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Rebecka arriva a casa a mezzanotte, e resta alzata altre due ore davanti ai compiti di francese. Poi non riesce a prendere sonno. I pensieri tornano di continuo a quella figura in galleria. E quando finalmente si addormenta, la figura la segue anche in sogno.

‘Devo parlarne con Minoo’ pensa l’indomani, quando si alza dal letto.

Subito si sente più leggera dentro. Già, perché non è sola.

In cucina, la radio suona musica a basso volume. Anton e Oskar stanno ancora dormendo. Alma sta cercando di sollevare Moa dal seggiolone, e Moa emette uno strillo che lacera i timpani tesi di Rebecka. La mamma è accanto alla finestra, con il suo cellulare dagli angoli sbeccati premuto contro l’orecchio, e parla a bassa voce, con un’espressione inquieta e seria.

Rebecka tira fuori una confezione di yogurt e sbircia la mamma.

«No, non posso» sta dicendo. «Devi parlargliene tu». Porge il telefono a Rebecka. «È papà».

Rebecka prende il cellulare, con la sensazione che stiano arrivando brutte notizie.

«Ciao, Beckis...» La voce di papà è tesa. «Ho una cosa brutta da dirti. Questo fine settimana devo andare a un congresso. Quindi mi perdo il tuo compleanno».

Rebecka non dovrebbe dare troppo peso a una cosa tanto infantile come un compleanno senza papà. Però ci rimane male. «Ah» dice, fissando il frigorifero e concentrando lo sguardo su un magnete a forma di bombo sorridente. Continua a sentire lo sguardo della mamma su di sé.

«È molto importante che io ci vada. Altrimenti sai che non vorrei mai...»

«Capisco» lo interrompe Rebecka. «Allora ci sentiamo dopo, ciao».

Papà cerca di aggiungere qualcosa, ma lei chiude la telefonata.

«Beckis» dice la mamma, con quel tono affettuoso che le fa accapponare la pelle. Vorrebbe consolarla, ma non si rende conto che proprio quel modo di parlare, con quell’espressione compassionevole, non fa che peggiorare le cose. Rebecka preferirebbe davvero fare finta di niente, per dimenticare al più presto.

«Va bene» dice Rebecka, evitando lo sguardo della mamma. Ripone la confezione di yogurt nel frigorifero. Ha fame, ma non vuole mangiare. Questo le dà un forte senso di controllo. E in realtà sa benissimo che è pericoloso.

«Potremmo andare a cena fuori. Al Venezia, magari».

«Non ti preoccupare» dice Rebecka. «Festeggio con Gustaf».

«Invita anche lui».

«Forse. Ma dobbiamo decidere proprio adesso? Sono sotto pressione...»

La mamma le posa una mano sulla guancia, e Rebecka deve fare uno sforzo per non indietreggiare, per non ferirla.

«D’accordo. Ne riparliamo dopo».

«Devo fare una doccia» mormora Rebecka, andando verso il bagno.

«Aspetta un attimo» dice la mamma, alle sue spalle. «Ha telefonato anche la preside. Vuole parlare con te, dopo l’ultima lezione di oggi».

«A che proposito?»

«Solo un colloquio di routine, ha detto lei».

«Va bene» dice Rebecka, con il tono più disinteressato che riesce a fare.

Entra in bagno, si toglie il pigiama e apre il rubinetto della doccia, poi aspetta che l’acqua diventi calda.

Non esistono ‘colloqui di routine’ con la preside. Evidentemente vuole parlare dei disturbi dell’alimentazione. Ne è sicura. Non può essere altro.

Entra nella doccia e lascia che l’acqua le scorra addosso. Esiste solo una persona alla quale Rebecka abbia confessato il suo problema. Ed è Minoo.

* * *

Mancano ancora cinque minuti all’inizio della prima lezione. Minoo è seduta nell’ultima fila dell’aula di biologia e attende Rebecka.

Non si siedono vicine proprio a tutte le lezioni che seguono insieme, però succede sempre più spesso. Minoo sa che dovrebbero stare più attente, però si è accorta che il contatto umano dà dipendenza. Prima di conoscere Rebecka, era come se lei avesse congelato una parte di se stessa, quella parte che desiderava amicizia. Ma poi è arrivata Rebecka e l’ha scongelata. Ora Minoo capisce che un conto è stare soli senza avere amici, ma stare soli quando gli amici esistono è molto più difficile di quanto lei non credesse.

Guarda Anna-Karin, seduta sopra un banco nella prima fila, intenta a parlare con Julia e Felicia. Che non frequentano nemmeno questo corso. Minoo è sempre stata sicura che Anna-Karin, prima o poi, avrebbe smesso di fare il lavaggio del cervello a Julia, a Felicia e a mezza scuola. Ha sempre pensato che fosse sbagliato, pericoloso, che era impossibile che Anna-Karin non finisse per rendersene conto.

Ora però le viene in mente che forse non è affatto così. Nemmeno a lei piacerebbe l’idea di tornare a essere sola. Quindi perché non dovrebbe pensare la stessa cosa anche Anna-Karin?

Rebecka entra in aula appena pochi secondi prima che il professore di biologia faccia il suo ingresso. Non è da lei, essere così ritardataria. Non è truccata, e ha le occhiaie. Eppure è tremendamente bella. In Rebecka c’è qualcosa che fa sì che Minoo non si stanchi mai di guardarla. Ci sono tanti cambi di espressione nel suo volto, tante diverse Rebecke, che si susseguono da un momento all’altro, eppure allo stesso tempo è sempre la stessa.

Rebecka si siede accanto a Minoo, ma non ricambia il suo sorriso. Sembra del tutto concentrata nel cambio di cartuccia della stilografica.

Il professore di biologia, Ove Post, si avvicina alla cattedra e si volta verso la classe. Ha addosso la stessa maglia rossa macchiata di uovo – almeno, Minoo spera che sia uovo – che porta a tutte le lezioni. «Allora» dice. «Parliamo dell’affascinante mondo delle piante».

Succhia una pastiglia per la gola, producendo schiocchi. Qualcuno reprime una risatina, mentre lui comincia a disegnare sulla lavagna una cellula vegetale. Ove ha trattato esattamente lo stesso argomento durante la scorsa lezione. Tutti sanno perché ha sempre in bocca una pastiglia per la gola. E sanno anche perché certe volte si addormenta in cattedra.

Minoo scrive sul blocco per gli appunti, poi lo spinge verso Rebecka. COME VA?

Rebecka fissa la frase scritta da Minoo come se fosse un enigma. Si rigira la penna tra le mani. Esita. Poi comincia a scrivere.

«Qualcuno sa dirmi un sinonimo di ‘crittogame’?» dice Ove, e Minoo alza automaticamente la mano.

«Milou?» dice Ove.

Qualcuno scoppia a ridere. Minoo ha smesso di ricordare il proprio nome a Ove.

«Le crittogame sono sporofite, mentre le fanerogame sono spermatofite».

Kevin geme, e Minoo rimpiange subito di aver risposto alla domanda in modo più completo del necessario. Come mai deve sempre fare la saputella? Come mai è tanto importante vedere il sorrisino soddisfatto di Ove, visto che il risultato è che il resto della classe la odia?

Rebecka spinge nuovamente il blocco verso di lei, e Minoo legge. Rebecka ha scritto diverse frasi, che poi ha cancellato. L’unica rimasta leggibile è: HAI PARLATO CON QUALCUNO DI QUELLO CHE HO DETTO A KÄRRGRUVAN?

Minoo si sente raggelare. Incrocia lo sguardo di Rebecka e arrossisce. È innocente, ma è tanto nervosa che ora Rebecka la crederà colpevole, visto che Minoo ha tutta l’aria della più grande bugiarda del mondo.

Afferra la penna.

NO! PERCHÉ ME LO CHIEDI? scrive.

SONO STATA CHIAMATA PER UN ‘COLLOQUIO DI ROUTINE’ CON LA PRESIDE. Rebecka le lancia uno sguardo indagatore, poi aggiunge: SCUSA SE HO SOSPETTATO DI TE.

Minoo la guarda negli occhi e dice sottovoce: «Non ti preoccupare».

Non solo non c’è niente di cui preoccuparsi: Minoo prova un enorme sollievo, come quando è riuscita a non farsi investire dal camion.

Rebecka annuisce e riprende a scrivere. IERI QUALCUNO MI PEDINAVA. NON SO CHI, MA È UNA PERSONA CHE HO GIÀ VISTO, IL GIORNO DOPO ELIAS.

Minoo pensa alla figura fuori da casa sua, quella sera. Scrive rapidamente che crede di essere stata pedinata anche lei. Rebecka legge, poi alza lo sguardo. Minoo pensa che in quel momento stanno provando lo stesso miscuglio di emozioni: sollievo per il fatto di non essere sole, ma anche paura, perché quel che è accaduto è diventato di colpo doppiamente reale.

Rebecka scrive: DOBBIAMO RIUNIRCI. TUTTE. MEZZANOTTE. MANDO UN MESSAGGIO ALLE ALTRE E RACCONTO. ORA DEVONO CAPIRE. NON SO CHE COSA DOBBIAMO FARE, MA SO CHE DOBBIAMO AIUTARCI A VICENDA.

Minoo annuisce. Si domanda se Rebecka abbia capito di essere l’unica in grado di tenerle unite. Lei è l’unica che piace a tutti. La combinazione di Vanessa, Ida, Linnéa e Anna-Karin è come un grande campo minato, ed è Rebecka a impedire che tutto esploda.