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Frasse corre nell’ingresso abbaiando, non appena il campanello suona. La coda sbatte contro le gambe di Vanessa, che apre la porta, ed ecco Wille con un mazzo di fiori in mano. Ha i capelli pettinati all’indietro, jeans neri, e una maglietta nera sotto la giacca. Ha un’aria adulta e disciplinata. E anche un po’ elegante. Il cuore di Vanessa trabocca. Si è davvero sforzato, per lei.

«Hai comprato i fiori?»

«Sono per tua madre» dice Wille, lasciandosi leccare la mano da Frasse.

Vanessa, felice, lo bacia sulla bocca. «Sei il migliore» sussurra, e per poco non inciampa nel cane, tornando verso la cucina.

La mamma e Nicke sono già seduti a tavola ad aspettare. I loro volti sono chiusi in un’espressione sdegnosa, che non cambia quando Wille entra nella stanza. Soltanto Melvin, seduto sul pavimento a giocare con i cubi, sorride.

«Ciao, piccolino» gli dice Wille, scompigliandogli i capelli. Poi porge il mazzo di fiori alla madre di Vanessa. «Buonasera, grazie dell’invito».

«È stata Vanessa a invitarti. Grazie» risponde lei in tono meccanico, togliendo l’incarto dei fiori con un fruscio rumoroso.

Wille stringe la mano a Nicke, che però non si alza da tavola, ma si appoggia nuovamente allo schienale della sedia e gli rivolge un sorrisetto di superiorità. Vanessa lo odia, quel sogghigno, ma non dice niente. Questa cena serve a dimostrare che lei è matura, nonostante quel che credono sua madre e Nicke.

La mamma rovista negli armadietti, in cerca di un vaso adatto. Poi lo riempie d’acqua e ci infila i fiori. Sono gerbere, i preferiti di Vanessa. Somigliano ai fiori dei cartoni animati.

«Proprio belli» dice la mamma.

«Mi fa piacere» risponde Wille.

In cucina cala il silenzio più assoluto, e Vanessa è contenta di avere qualcosa da fare. Si infila un paio di guanti da forno e, quando apre lo sportello, l’aria rovente la investe. La teglia delle lasagne scotta perfino attraverso i guanti. Vanessa stringe le mandibole per non sbottare in una sfilza di imprecazioni, e posa la teglia sul fornello con un colpo secco.

«Che profumino» dice Wille.

«Vanessa è rimasta ai fornelli per tutto il giorno» dice la mamma, posando il vaso sul tavolo che Vanessa ha già apparecchiato. «Anche le ragazze sono venute a dare una mano».

«Non sapevo che fossi brava a cucinare» dice Wille a Vanessa.

«Nemmeno io» risponde lei, cominciando a dividere le porzioni con un trinciante. Le lasagne ribollono e sfrigolano lungo i bordi della teglia, e il formaggio sull’ultimo strato tende al marrone scuro, ma inaspettatamente il coltello incontra una forte resistenza. Vanessa spera che sia colpa del coltello poco affilato: le lasagne sono rimaste in forno per un’eternità.

Tira fuori da un cassetto le posate da insalata e le infila nell’insalatiera.

«Avete proprio una bella casa» dice Wille. È il tipico commento degli adulti. Vanessa è un po’ indispettita dal fatto che, nonostante i tentativi di Wille di avviare una conversazione, la mamma e Nicke non facciano niente per aiutarlo.

«Perlomeno abbiamo un tetto sopra la testa» si limita a dire la mamma.

«No, è bella davvero. Le tappezzerie sono splendide, e...» La voce gli muore a metà frase.

Fortunatamente, Melvin comincia a piagnucolare che ha fame. La mamma lo solleva e lo mette a sedere sul seggiolone, dicendo che adesso la cena è pronta. Lui si mette a battere le mani, e tutti fanno una risata un po’ irrigidita, per il sollievo di avere un intrattenitore che li libera dal peso di dover conversare l’uno con l’altro.

Finalmente la teglia fumante delle lasagne è in tavola. L’insalata, il pane e il burro sono a portata di mano per tutti. Vanessa si siede al suo solito posto e serve a Wille la prima porzione. Dopotutto è l’ospite.

«Hanno un’aria davvero appetitosa» dice la mamma, quando Vanessa le posa nel piatto la porzione successiva.

«Ma non eri a dieta, Jannike?» dice Nicke, e Vanessa soffoca nuovamente l’impulso di fargli una scenata.

Lancia un’occhiata nervosa a Wille, che si porta alla bocca la prima forchettata di lasagne, e prova un moto di orrore, nel momento in cui le pare di sentire un rumore crepitante mentre lui mastica. Wille fa una faccia strana, e Vanessa non riesce a decidere se è perché le lasagne sono troppo calde o perché fanno schifo.

«Pensavo di fare un brindisi al nostro fidanzamento» dice Vanessa. «So che non tutti i presenti ne sono felici quanto me e Wille, ma spero che cambierete idea».

La mamma prende il bicchiere di vino e lo solleva, facendo un sorriso rapido, come per assolvere in fretta un’incombenza. «Cin cin».

Nicke agita in aria il suo bicchiere di birra, ne prende una grossa sorsata e reprime un rutto, che però esala tra le labbra.

Wille beve birra a basso tasso alcolico, esattamente come Vanessa, per sottolineare che è un ragazzo come si deve. Vanessa beve un piccolo sorso e incrocia il suo sguardo, dall’altra parte del tavolo. Wille mastica lentamente e le sorride. L’atmosfera è più soffocante che mai, perfino Melvin sembra essersene accorto: è seduto buono sul suo seggiolone e infilza con la forchettina la sua porzione già tagliata.

La mamma e Nicke mangiano tenendo lo sguardo fisso sui loro piatti, come se dentro ci fosse qualcosa di molto interessante, per esempio uno spioncino che permette di vedere fino in Cina. Le posate producono rumori di un’altezza innaturale, contro i piatti. Zac. Scrrrt. Hiiik. Zac. Scrrrt. Hiiik. Zac.

Improvvisamente, Vanessa non ha più fame, ma taglia ugualmente un quadratino di lasagne e se lo infila in bocca.

Le sfoglie di pasta sono rigide come plastica fusa che ha appena ricominciato a solidificarsi. E non sanno di niente. Tra i sapori, è il corrispettivo del grigio. O di un beige tendente all’incarnato. «Ma sono immangiabili». Allontana il piatto.

«Ma cosa dici? Sono buonissime» dice Wille.

«Mmm» dice la mamma, con la bocca piena di beige tendente all’incarnato.

«Poi vorrei fare il bis» dice Wille.

Nicke non dice niente. Si avvicina al frigorifero e prende un flacone di ketchup, vuotandolo quasi interamente sul proprio piatto. «Ecco qua» dice poi. «Tu che lavoro fai, Wille?»

Wille lancia un’occhiata a Vanessa. Lo sanno tutti e due, che Nicke sa perfettamente che Wille non ha un lavoro. «È difficile trovare qualcosa, in questa città».

«Già, me lo immagino. E tu non sei diplomato, no?» domanda Nicke.

«Veramente sì» risponde Wille. Sembra imbarazzato, perché in effetti ha superato gli esami per un pelo. Vanessa rimpiange di non averlo fatto sedere accanto a lei, per potergli stringere la mano sotto al tavolo.

La mamma si schiarisce la gola. «Come sta Sirpa?»

«Bene. Però ha avuto un po’ di problemi al collo».

«Oh, mi dispiace» dice la mamma.

Vanessa si domanda se anche la mamma stia pensando alla stessa cosa, cioè a quando Vanessa ha detto che avrebbe preferito essere figlia di Sirpa.

«Fa un lavoro pesante» dice ora la mamma. «Certe volte penso che praticamente abita al supermercato. A qualunque ora si vada a far la spesa, alla cassa c’è sempre lei».

«Già, è più pesante di quanto non si pensi» dice Wille.

Finora, Nicke ha sempre fissato Wille con palese disprezzo. Ora si volta verso la mamma, e nel tono di una normalissima conversazione le dice: «È ovvio che sia sempre al lavoro, ha un figlio adulto da mantenere. Un giovanotto sano e robusto, per cui spezzarsi la schiena».

Il silenzio che si posa intorno al tavolo è tanto compatto che Melvin alza lo sguardo dal suo piattino. I suoi occhi azzurri sono spalancati e registrano tutto.

«Questo non era necessario dirlo» risponde la mamma a Nicke. Ma il suo tono non è granché convincente. Non sembra che intenda ‘è ingiusto e io non sono d’accordo’, ma piuttosto ‘queste cose non si dicono ad alta voce’.

«Come dicevamo» dice Wille, «è difficile lavorare in questa città».

«Non c’è niente che ti impedisca di andare ad abitare altrove» dice Nicke. «O sì?» Rivolge a Vanessa un’occhiata soddisfatta.

Ma Vanessa si rifiuta di guardarlo. Lei guarda Wille. Sono una coppia. Non l’ha mai percepito in modo altrettanto chiaro: sono loro due contro il mondo. E quindi perché mai – si chiede – dovrebbe starsene qui seduta buona a fare l’adulta, quando i cosiddetti adulti intorno a questo tavolo si comportano come bambini bulli?

Il mazzo di fiori che Wille ha portato sembra improvvisamente squallido, lì al centro della tavola.

Vanessa si volta verso Nicke. «Non riesci proprio a comportarti da persona normale, per una volta?»

«Oh, per piacere, non cominciare ad attaccar briga» dice la mamma, fissando Vanessa, come se la causa di tutti i problemi fosse lei.

Vanessa ha una vampa di rabbia. Non riesce più a reprimerla. È troppo ingiusto, troppo inconcepibile. «Scusa, ma per caso non ti sei accorta di come si è comportato Nicke per tutta la cena? E non appena glielo faccio notare, quella che attacca briga sarei io

«Vanessa...»

«Stai sempre dalla sua parte! Certo, voi siete un’ottima squadra, tu e Nicke. Senza difetti, bravissimi. E io sono tremenda, attaccabrighe, intrattabile».

«Si dà il caso che abbiamo un ospite» dice la mamma.

«Ah, sì? Adesso ti fa comodo pensare al fatto che abbiamo un ospite? Però quando Nicke umilia il mio fidanzato, che è qui perché io volevo festeggiare insieme a voi il mio fidanzamento, allora va tutto bene?»

«Non ho detto questo».

Dice sempre così, sua madre. ‘Non ho detto questo’. E poi di nuovo quello sguardo addolorato. La mamma è convinta che sia una bella furbata, da parte sua, non dire mai le cose in modo esplicito, ma fare in modo che si capiscano perfettamente, così poi, quando si cerca di metterla con le spalle al muro, può fare l’accusata innocente.

«Ma vai a cagare!» strilla Vanessa. «Non so neanche perché ho preparato queste lasagne di merda e ho invitato Wille, credendo che servisse a qualcosa. Tanto tu avevi già deciso che cosa pensare».

La mamma sgrana gli occhi, addolorata.

«Te ne stai seduta lì ad autocommiserarti» prosegue Vanessa. «Ma sono io quella che ha dovuto sopportare tutta la parata di sfigati che ti trascinavi in casa. Wille è meglio di tutti gli uomini che tu hai conosciuto. Mille volte meglio di questo qui...» Indica Nicke, senza nemmeno guardarlo.

«Nessa arrabbiata» dice Melvin.

«Sì, sono arrabbiata» dice Vanessa, guardando il fratellino. «E lo sarai anche tu, quando diventerai grande e ti renderai conto di che razza di genitori ti ritrovi».

«Credo che dovrei andare» dice Wille.

«Tu non vai da nessuna parte» dice Vanessa. «Questa è anche casa mia».

«Io sono d’accordo con Wille» dice Nicke. «La cosa migliore sarebbe che se ne andasse».

«Veramente la cosa migliore sarebbe che te ne andassi tu!»

«Adesso basta, cazzo!» urla Nicke, picchiando un pugno sul tavolo.

Melvin si mette a piangere, e Vanessa corre per prenderlo in braccio, ma la mamma la precede e lo solleva dal seggiolone, tenendogli il viso contro il petto e accarezzandogli la testa. Il pianto si trasforma in ululati prolungati, che lacerano il cuore. E i timpani. «Su, su» lo consola, lanciando uno sguardo accusatore a Vanessa.

«Ah, non sono stata certo io, a spaventarlo!»

«Adesso basta, Vanessa» dice la mamma. «Wille, direi che adesso è meglio che tu vada».

«Ci vediamo» dice Nicke, con un sorriso soddisfatto. «Alla centrale di polizia, immagino».

«Grazie della cena» dice Wille, mettendo a posto la sedia e portando il piatto all’acquaio.

«Vengo con te» dice Vanessa.

«Tu non vai da nessuna parte prima che abbiamo discusso di questa cosa» dice la mamma ad alta voce, sovrastando gli ululati di Melvin.

Vanessa la guarda negli occhi, e sente un torrente di puro odio attraversarle il corpo. «Vaffanculo».

Va nell’ingresso, dove Wille si sta già mettendo le scarpe. Se le infila anche lei, mentre indossa frettolosamente la giacca e afferra la borsa.

«Se esci adesso, non prenderti il disturbo di ritornare» dice la mamma.

«Non me lo sogno neanche!» strilla Vanessa.

«Nessa no va!» singhiozza Melvin.

Vanessa vorrebbe tapparsi le orecchie. Non vuole sentirlo, adesso. Gli vuole troppo bene. Quindi cerca di rendersi fredda e dura.

Corre giù per i gradini dietro a Wille, guardandogli la nuca e pensando che forse questa è l’ultima volta che esce da casa sua, che forse non tornerà mai più, e cerca di convincersi che ne vale la pena, che lui ne vale la pena.