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La porta della mensa si apre davanti ad Anna-Karin. È buio là dentro, tanto buio che lei riesce appena a intuire le sagome delle persone che riempiono la sala.

Non vuole stare qui. Non ha mai chiesto di essere scelta per impersonare la santa Lucia alla festa del 13 dicembre.1 Ma non riesce più a controllare l’ammirazione degli altri. Si è propagata anche a persone che lei non ha nemmeno cercato di influenzare, e che sono semplicemente suggestionate dal fatto che gli altri sembrano gradire Anna-Karin. E questo è il risultato.

La corona di candele le pesa sulla testa. Qualche goccia di cera picchietta sulla federa che le protegge i capelli.

«E un... du... un, du, tre, quatt!»

È la professoressa di musica e teatro, Kerstin Stålnacke, a dare il tempo, entusiasta. Le sue braccia mulinano con tale fervore che la tunica scarlatta sventola come un lenzuolo steso ad asciugare. I capelli tinti di henné stanno dritti sulla testa. Al ‘quatt’ la processione di santa Lucia comincia a cantare alle spalle di Anna-Karin.

La notte avvolge i boschi e le case...

Anna-Karin non canta, si limita a muovere la bocca sulle parole che conosce a memoria, mentre incede lentamente nel buio.

Una luce calda si diffonde intorno a lei, mentre cammina. I volti appaiono nel buio, illuminati dalle candele. Ecco Vanessa, che tiene in mano un biscotto allo zenzero e lo spezza in modo da dividerlo in tre parti. Ed ecco Minoo, che lancia ad Anna-Karin un’occhiata seria. Kevin dondola sulla sua sedia e tamburella con le dita sul piano del tavolo. Felicia e Julia sorridono, da brave consorelle della setta di adoratori di Anna-Karin. Sono state loro a iscriverla alle selezioni per impersonare santa Lucia.

Sembra che il canto non finisca mai.

La notte è muta. Ecco, s’ode in ogni stanza un batter d’ali...

Altre gocce di cera cadono sulla federa, mentre Anna-Karin attraversa la mensa a luci spente. C’è odore di vin brulé analcolico e di corpi caldi, e mentre si avvicina all’altro capo della sala, dove sono stati spostati i tavoli e le sedie per fare posto alla processione, sente il profumo del caffè provenire dal tavolo degli insegnanti.

Quando si ferma in fondo alla sala e la processione si posiziona a semicerchio alle sue spalle, Anna-Karin si sente perforare dallo sguardo della preside. Comincia a sudare, con il caldo di tutte quelle candele, una pellicola umida le ricopre interamente il viso, e le palme delle mani, posate l’una contro l’altra nell’obbligatoria posa di santa Lucia, sono bagnate. Seduto accanto alla preside c’è Max, che le sorride in modo incoraggiante. Di fianco a lui c’è il professore di applicazioni tecniche, Petter Backman, noto per l’abitudine di passare un braccio intorno ai fianchi delle studentesse non appena ne ha l’occasione. Ora si sta mangiando con gli occhi Anna-Karin.

Finalmente il canto giunge al termine. Ida, damigella al fianco destro di Anna-Karin, allunga un po’ di più l’ultima nota di ‘Luci-aaa’, e la sua voce sovrasta tutte le altre. Si sente benissimo che Ida preferirebbe cantare da solista e scatenarsi al massimo. Per tutto il biennio, la santa Lucia della scuola è sempre stata lei, e Anna-Karin spera soltanto che Ida resista alla tentazione di incendiarle i capelli con la sua candela. Le dà un senso di sicurezza sapere che il vicepreside Tommy Ekberg è già pronto con l’estintore.

I canti di Natale si susseguono, e Anna-Karin continua a mimare le parole con la bocca. Kerstin Stålnacke dimena le braccia come se avesse appena calpestato un nido di vespe.

Poi Anna-Karin vede Jari, che scivola lungo una delle pareti fino a posizionarsi ad appena qualche metro da lei. È da solo, e ha occhi soltanto per lei. D’un tratto, il sorriso di Anna-Karin diventa autentico. E quando lui ricambia il sorriso, è come se si accendesse e risplendesse più vivido di tutte le fiammelle delle candele. Anna-Karin si tranquillizza. Fra poco sarà tutto finito.

Astro del ciel, pargol divin...

Anna-Karin guarda fisso negli occhi di Jari.

Luce dona alle menti, pace infondi nei cuor.

Anna-Karin sente Ida prepararsi a tenere un po’ più a lungo l’ultima nota.

«Cuooooooooooooooooooooo...»

Il canto si trasforma in un urlo lacerante.

«...oooooooooooooooooooooooooooo...»

Nella sala scende il silenzio più assoluto. La preside si china in avanti sulla sedia, accingendosi ad alzarsi. Anna-Karin sente un tonfo accanto a sé, e si volta tanto rapidamente che la corona di candele le scivola dalla testa, fracassandosi a terra. Damigelle, cavalieri e babbi-natale balzano indietro per non prendere fuoco, e con la coda dell’occhio Anna-Karin vede Tommy Ekberg accorrere con l’estintore.

Ida si è accasciata sulle ginocchia. Le sue palpebre sfarfallano, e gli occhi sono rivolti verso l’alto, cosicché si vede soltanto la sclera.

Le labbra si muovono, e Anna-Karin ha l’impressione che Ida la stia chiamando per nome. Si china in avanti per sentire meglio.

Ida è rapida come un cobra. La mano scatta in avanti e afferra il polso di Anna-Karin. Una luce bianca lampeggia e la abbaglia.

Anna-Karin vede un cielo azzurro. E il bordo di un tetto. Il tetto della scuola. È lì sdraiata e si sente stanca, infinitamente stanca. Un forte vento le frusta la faccia. Sente la testa ronzare e pulsare, e ha nostalgia di Gustaf.

Gustaf. C’è tanto amore in lei, ed è soltanto per lui. Un amore che riesce perfino a perforare il tremendo dolore che le pulsa nel cranio.

Anna-Karin si rende conto di non trovarsi più all’interno del proprio corpo. Si trova dentro Rebecka. Come se fosse un piccolo parassita che osserva il mondo attraverso gli occhi di Rebecka. Non riesce a sentire i pensieri di lei, ma ogni sensazione, ogni impressione la pervade come se fosse sua.

Il sentimento si trasforma in nostalgia di un’altra persona. Minoo. L’unica che può aiutarla. Cerca a tastoni il cellulare e lo tira fuori.

Sente dei passi che si avvicinano dalla porta aperta alle sue spalle.

Rebecka e Anna-Karin si voltano insieme, in un unico movimento, un unico corpo.

Ed eccolo lì, lui. Anna-Karin sente il sollievo di Rebecka, mentre una pungente inquietudine la attraversa.

«Ciao» dice. «Come facevi a sapere che ero qui?»

Gustaf non risponde. Si avvicina senza guardarla negli occhi.

Rebecka stenta a riconoscerlo. Non capisce. È confusa. «Che c’è?» gli domanda.

Un istante dopo, Gustaf si china in avanti e la aiuta a rialzarsi. Ma non la lascia andare. Anzi, comincia a trascinarla verso il bordo del tetto.

«Smettila, Gustaf... Che cosa fai? Lasciami...» La sua voce è debolissima. Non ha più la forza di gridare, e il dolore che martella nella sua testa glielo impedisce ancora di più.

Il volto di Gustaf è privo di espressione. La trascina verso l’orlo, come se volesse portare a termine un compito al più presto.

Rebecka cerca di scalciare, ma i piedi non fanno presa. «Gustaf, smettila... Ti prego, smettila!»

Gustaf la gira, mettendola con la schiena rivolta verso il cortile della scuola, laggiù. Il vento le afferra i vestiti. Il terrore che serra Rebecka e Anna-Karin è paralizzante.

Anna-Karin cerca di chiudere gli occhi, ma non può, perché Rebecka non riesce a distogliere lo sguardo dal suo ragazzo. Non riesce ancora a credere a quel che sta succedendo.

«Guardami» implora Rebecka.

Gustaf incrocia il suo sguardo. Per alcuni tremendi e silenziosissimi secondi, Anna-Karin guarda dritto in quei gelidi occhi azzurri. Lo spintone al petto la prende del tutto alla sprovvista, facendola cadere. Le braccia si allargano, le dita brancolano nell’aria in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi, e poi...

Anna-Karin sente l’inconcepibile schianto del corpo di Rebecka contro il suolo. Ma non prova nulla. La testa giace stranamente piatta a terra. Non capisce come faccia a essere ancora in vita. Cerca di fare un respiro, ma dai suoi polmoni escono soltanto rumori umidi e gorgoglianti, mentre la bocca si riempie di sangue.

D’un tratto, nella sua coscienza c’è una presenza sconosciuta. Rebecka la riconosce.

Fra poco è tutto finito, dice una voce estranea.

E ora arriva il dolore, che non è paragonabile a niente che Anna-Karin abbia mai provato in tutta la sua vita tormentata. È come una luce accecante, radioattiva, che incenerisce ogni pensiero, ogni emozione, ogni ricordo che costituisce Rebecka, tutto ciò che lei è stata.

E poi cenere. Vuoto. Un frammento di cielo azzurro, lassù. Un frammento di cielo azzurro che lentamente si spegne. Inchiostro nero che scorre lentamente e ricopre tutto, fino a quando l’unica cosa che resta è la voce: Perdonami.

Anna-Karin apre gli occhi e guarda dritto in quelli di Ida. Quando i loro sguardi si incrociano, è come se Anna-Karin vedesse rispecchiato il suo stesso terrore. Si rende conto che ambedue hanno avuto la stessa esperienza. Ida lascia andare la mano di Anna-Karin e indietreggia, allontanandosi da lei.

Anna-Karin si guarda intorno. Centinaia di paia di occhi che la guardano. Una delle candele della sua corona, spenta, sta ancora rotolando sul pavimento. Tommy Ekberg sta ancora correndo verso di loro con l’estintore.

Qui, nel mondo reale, il tempo aveva smesso di scorrere.