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Nella stanza d’ospedale del nonno, l’altro letto è vuoto e rifatto, con le lenzuola ben tese. Sono soli, qui dentro. Lei, la mamma e il nonno.

‘La mia famiglia’ pensa Anna-Karin.

Le mani della mamma tamburellano contro la sbarra metallica che circonda il letto. È evidente che fra poco avrà di nuovo bisogno di uscire a fumare. Si è già lamentata del fatto che ormai le stanze per fumatori non esistano più da nessuna parte, e che non ci sia nemmeno un balcone. Qui, a quanto pare, bisogna farsi tutta la strada fino all’ingresso principale.

Anna-Karin le fissa le dita tozze, che portano ancora i segni dell’acqua bollente. Probabilmente la mamma se ne accorge, perché d’un tratto le dita restano ferme. Per un istante, Anna-Karin è convinta di averla inavvertitamente influenzata a smettere di tamburellare. Lancia un’occhiata nervosa al viso della mamma, ma vede che è tutto come al solito.

Anna-Karin non riesce a smettere di guardarla. Forse questa è l’ultima volta che la vede. C’è il forte rischio che Anna-Karin non sopravviva a stanotte.

La mamma si fa inquieta. «Si può sapere che cos’hai?»

«Niente».

«Ah, ecco. Be’, io esco a farmi una sigaretta» dice la mamma, alzandosi.

Non appena se n’è andata, il nonno apre gli occhi. Come se fino a questo momento avesse soltanto fatto finta di dormire. Guarda Anna-Karin e le sorride con tutto il volto. «Gerda? Sei tu?»

«No, nonno. Sono io, Anna-Karin. Gerda era la nonna. Tua moglie».

Sembra che lui non la senta. Però le fa cenno di avvicinarsi.

Anna-Karin si china in avanti.

Il nonno la scruta. «È giunto il momento, vero? È arrivata la guerra?»

Anna-Karin annuisce. Sì, è arrivata.

Alla fine è stata Minoo a formulare il piano, dopo che la strega seicentesca era uscita dal corpo di Ida. Un piano che prevede che Anna-Karin sostenga il ruolo più importante. Un piano che in realtà non convince nessuna di loro, e lei lo sa. Però è l’unico che hanno. E non c’è più scelta: Max deve essere reso innocuo immediatamente.

Il nonno batte leggermente le palpebre verso la luce. Chiede acqua, e Anna-Karin gli porge il bicchiere di plastica azzurra, inclinandolo delicatamente verso la sua bocca. È come aiutare un bambino piccolo a bere.

Poi il nonno, trasognato, dice: «Ah, se fossi abbastanza giovane e forte da portare l’uniforme. Quando è scoppiata ero troppo piccolo. Mio padre, lui sì, è andato in guerra».

«Adesso non pensarci» dice Anna-Karin. «Pensa soltanto a guarire, così potrai tornare a casa».

«Io non sono proprio un guerrafondaio, lo sai anche tu, Gerda. Però non sono nemmeno uno di quei pacifisti. Certe guerre sono necessarie. Ci sono cose per le quali bisogna combattere. Bisogna mettere in gioco la propria vita, per poter fare quel che è giusto».

«Lo so».

«L’orso è più pericoloso quando è messo all’angolo. Ricordatelo».

«Certo».

Sembra che il nonno abbia detto quel che voleva dire. Rilassa il corpo e chiude nuovamente le palpebre. Anna-Karin gli prende le mani e le stringe delicatamente finché non è sicura che si sia addormentato profondamente.

«Ciao, nonno» dice sottovoce. «Ti voglio bene».

* * *

Fuori dai finestrini si stende la coperta di ghiaccio del Dammsjön. Wille ha parcheggiato vicinissimo alla riva. È una giornata tranquilla, sul lago non ci sono pattinatori.

Vanessa vede il proprio riflesso nello specchietto retrovisore. È invecchiata. Non che le siano venute le rughe, però è diventata più grande. Più adulta. Nei suoi occhi c’è qualcosa che non aveva mai visto prima.

Abbassa il finestrino e inspira l’aria umida e gradevole, che preannuncia che nonostante tutto la primavera non è lontana. Tutto è fermo, soltanto il vento fa frusciare leggermente le chiome degli alberi.

«Mi manchi già» dice Wille.

«Ma se sono qui?»

«Lo sai che cosa intendo».

Stasera, a casa di Sirpa, Vanessa ha raccontato che sarebbe tornata a vivere con la mamma. Sirpa sembrava provare sollievo, anche se si sforzava di nasconderlo.

Wille l’ha appena aiutata a riportare a casa le borse con i vestiti.

Ha paura che Vanessa voglia lasciarlo, ma non può sapere che forse, per lei, oggi è l’ultimo giorno di vita.

Hai ancora gétal che pende su di te.

Vanessa guarda fuori dal finestrino. Questo è il posto in cui accendono sempre i falò, d’estate. Il piccolo boschetto, che è il luogo segreto di lei e di Wille, adesso è soltanto una macchia di alberi bassi con i rami completamente nudi. Quante cose sono successe da quando sono venuti qui, nella notte della luna rosso sangue. E domani mattina sarà tutto finito. Questa notte si va a trovare Max. Comunque vadano le cose, tutto sarà finito.

Wille interrompe i suoi pensieri prendendole una mano e stringendola forte. «A che cosa stai pensando?»

«Niente di particolare». Come farebbe a dirgli che si sta domandando se rivedrà questo posto anche l’estate prossima?

«Lo so che sono senza speranze» dice Wille. «Però mi sto impegnando. Devo soltanto capire che cosa voglio fare. Magari una volta, quando non c’era tutta questa scelta, le cose erano più facili per quelli come me. Sai, si passava tutta la vita a lavorare in miniera o cose del genere».

Vanessa si volta verso di lui e stringe la sua mano. «Certo, sai che bellezza, vivere a quell’epoca? Probabilmente io sarei morta ai fornelli, a cuocere rape e partorire il nostro diciassettesimo figlio». Cerca di farla sembrare una battuta.

Ma Wille non ride. «Io non avrei più voglia di vivere, senza di te».

Vanessa si protende verso di lui, e si abbracciano forte. Lei lo bacia dolcemente, scacciando qualunque altro pensiero. Adesso è qui con lui e basta, non esiste nessun passato e nessun futuro.

Lo attira ancora più vicino a sé, aggrappandosi a lui in un modo disperato che non è affatto da lei. Vuole sentirlo contro di sé, il che è anche un po’ complicato, visto che c’è di mezzo una leva del cambio.

«Vieni» gli dice, infilandosi nello spazio fra i sedili anteriori, stendendosi su quello posteriore e cominciando a togliersi la giacca.

* * *

Minoo incolla la busta e la posa nel cassetto del comodino.

CARI MAMMA E PAPÀ, così comincia la lettera.

Ovviamente, nel seguito, non ha fatto parola di quel che davvero accadrà stasera, però aveva da scrivere una verità ben più importante: quella affettiva. Ha scritto che li ama. Che se le sarà successo qualcosa, quando troveranno questa lettera, non dovranno mai credere che la colpa sia loro.

Se stanotte le Prescelte non riusciranno a rendere inoffensivo Max, probabilmente già domani mattina i loro cadaveri verranno trovati da qualche parte. Cinque ragazze che si sono tolte la vita in una specie di celebrazione conclusiva del ben noto patto suicida.

Minoo si alza dal letto, va in corridoio e scende la scala. Per una volta, mamma e papà sono nello stesso posto: in salotto a leggere, ognuno con il suo libro. Musica classica soffusa. Ravel.

Dovrebbe essere spaventata a morte, e invece si sente stranamente tranquilla. Per la prima volta da quando tutto è cominciato, ha un obiettivo chiaro. Sanno chi è l’assassino e devono fermarlo.

Tutto dipende da questo, Minoo. Molla la presa.

Queste parole sono diventate parte di lei. Non capisce che cosa significhino, eppure c’è una parte di lei che sa.

È come quando le è venuto in mente il piano. Quando ha visto Ida accasciarsi sulla sedia, nella cucina di Nicolaus, e ritornare se stessa, il piano era lì, del tutto ovvio.

Anna-Karin obbligherà Max a spezzare la benedizione dei demoni. Poi lo costringerà ad andare alla polizia e confessare di avere ucciso Rebecka ed Elias.

Quindi è Anna-Karin a dover condurre l’attacco, ma tutte devono essere presenti.

La soluzione è il cerchio.

Minoo ha ripensato a quando lei e Vanessa, dopo che si erano introdotte in casa della preside, non sono riuscite a muoversi fino al momento in cui si sono prese per mano. Ed è stato quando Ida e Anna-Karin si sono prese per mano che sono riuscite a condividere la visione di Ida. E Vanessa, Ida e Minoo si sono prese per mano durante il rituale per creare il siero della verità.

Tutti quei discorsi sul fatto di essere un gruppo, e di essere legate l’una all’altra, sono una verità concreta.

Insieme sono forti. Quando collegano le loro energie, la loro potenza è maggiore della somma delle parti.

Stasera andranno a casa di Max. Suoneranno alla porta.

Anna-Karin dovrebbe riuscire a portare avanti il primo attacco con l’aiuto di Vanessa, invisibile. Costringeranno Max a rientrare in casa insieme a loro. Poi le seguiranno anche Linnéa, Ida e Minoo, per aggiungere le loro energie a quella di Anna-Karin, nella battaglia contro Max.

L’arma è il cerchio.

Minoo si ferma un momento sulla soglia del salotto. Guarda mamma e papà. Ripensa a tutto quello che ha scritto nella lettera, e spera che basti a far loro capire quanto li ama.

La mamma alza lo sguardo dal libro e Minoo entra in salotto e si siede sul divano, tra lei e papà.

«Ti senti meglio, adesso?» dice la mamma.

«Sì, mi sa che alla fine non era influenza» risponde Minoo. In tutta la sua vita, oggi è stato il primo giorno in cui si è finta malata per non andare a scuola.

La mamma le passa un braccio intorno alle spalle e le accarezza distrattamente i capelli. «Mi sembra che sia passata un’eternità, dall’ultima volta che siamo stati seduti qui tutti e tre».

«Mm». Minoo si appoggia a lei.

«Non ci hai detto se c’è qualcosa in particolare che vorresti ricevere come regalo di compleanno. Non manca molto, lo sai. Siamo al limite, se devo ordinare qualcosa».

«Sono già soddisfatta delle cose che ho» risponde Minoo, e lo pensa davvero.

Papà non alza lo sguardo dal suo libro. È completamente immerso nella lettura. Ed è così che deve essere: questo è un normalissimo martedì sera. Minoo vuole soltanto stare qui seduta ad ascoltare la musica per pianoforte e il leggero fruscio dei genitori che voltano le pagine dei loro libri.