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Nicolaus ferma la macchina nel parcheggio dietro alla scuola e spegne il motore. La stufetta da auto che ronza ai piedi di Minoo rallenta il ritmo e tace, e i tergicristalli si fermano.

Ha ripreso a nevicare. Fiocchi leggeri scendono lentamente sul mondo, là fuori.

Minoo guarda verso la Scuola Superiore di Engelsfors, avvolta nelle tenebre. Alcuni lampioni diffondono una luce gialla sul cortile. Le finestre sono quadrati neri. Impossibile vedere all’interno. Ma là dentro c’è sicuramente qualcuno che può vedere loro.

Bisogna attraversare il parcheggio ben illuminato, oppure passare dal cortile sul lato anteriore, altrettanto illuminato. Non c’è modo di avvicinarsi alla scuola senza essere visti.

Una mano bussa al finestrino di Minoo, che trasale.

È Vanessa. Spalanca la portiera, facendo entrare l’aria gelida nell’auto. «Linnéa è nella mensa. Ho sentito la sua energia. È viva». Continua a lanciare sguardi angosciati verso l’edificio della scuola.

Nicolaus tira fuori il suo grosso mazzo di chiavi e lo porge a Vanessa. «Questa chiave apre la porta dello scarico merci. Da lì c’è un corridoio che porta dritto alla cucina».

«Max è con lei?» chiede Minoo.

«Non lo so. Non sono riuscita a percepirlo».

«Scusate, ma a nessuno viene in mente che potrebbe essere una trappola?» dice Ida.

Minoo le lancia uno sguardo dallo specchietto retrovisore, e si sente un’idiota. Quell’idea non le era nemmeno passata per l’anticamera del cervello. Finora ha pensato soltanto a salvare Linnéa.

«Come con il nonno di Anna-Karin, nella stalla» prosegue Ida.

«Sì, grazie, avevo capito» dice Minoo.

«Può anche darsi» dice Anna-Karin. «Però non abbiamo scelta. È un rischio che dobbiamo correre».

Ida sembra delusa, ma non controbatte.

«Seguiamo lo stesso piano?» chiede Vanessa.

«Sì» risponde Minoo, poi si volta verso Anna-Karin, che annuisce.

* * *

Ci sono tante cose che Anna-Karin vorrebbe dire a Nicolaus, per ringraziarlo. Ma non c’è tempo.

Minoo esce dall’auto e ribalta lo schienale del sedile. Ida sguscia fuori, mentre Anna-Karin si ferma e incrocia lo sguardo di Nicolaus.

«Vorrei potervi accompagnare» dice lui.

«Ci serve qualcuno che ci aspetti qui» risponde Anna-Karin.

«Pregherò per voi».

Attraversano di corsa il parcheggio. La scuola torreggia verso il cielo notturno, e sembra che stia crescendo davanti ai loro occhi. Anna-Karin cerca di non pensare a quanto sono inermi, in questo spazio aperto.

Salgono sulla piattaforma dello scarico merci, dalla quale un ampio portone di metallo conduce all’interno della scuola. Vanessa tira fuori il mazzo di chiavi.

«Aspetta un attimo» dice Ida. Tiene le mani nelle tasche e si guarda gli stivali. «Se io muoio e voi ve la cavate... Al maneggio c’è un cavallo, Ulisse. Qualcuna di voi può controllare che se la passi bene?»

«Ci penso io» dice Anna-Karin.

Ida annuisce, senza guardarla negli occhi.

Vanessa si rende invisibile. «Bene. Adesso entriamo».

* * *

La porta, sorprendentemente leggera, si apre senza far rumore. Davanti a loro c’è un corridoio in discesa, che conduce dritto verso il buio.

Anna-Karin tira fuori il cellulare e lo usa per fare luce.

«Spegni» sussurra Minoo. «Chissà che cosa c’è, là dentro».

Vanessa prende per mano Anna-Karin e le ragazze formano una catena, con Vanessa in testa e Ida in coda.

Una volta entrate, Ida richiude la porta cercando di fare meno rumore che può. Le tenebre che si chiudono intorno a loro sono più compatte di quanto Vanessa abbia mai sperimentato in vita sua.

Tutte e quattro restano immobili ad ascoltare.

Gli unici suoni che si sentono sono quelli dei loro respiri e il leggero brusio dell’impianto di ventilazione.

Vanessa comincia ad avanzare cautamente, tenendo la mano di Anna-Karin nella sua. Con la sinistra brancola lungo la parete ruvida.

Non ha il coraggio di cercare di percepire la presenza di Linnéa. Tutte le sue forze sono impegnate a mantenere l’invisibilità. E a non mettersi a correre in preda al panico.

È come essere ciechi, camminare a occhi spalancati senza vedere niente. È impossibile determinare quanta strada si è percorsa e che cosa si ha davanti a sé.

Tutto il corpo è come predisposto in modalità iperattiva, pronto a reagire al minimo rumore. Alla fine, Vanessa non sa più se quel che le ronza nelle orecchie è il silenzio o l’impianto di ventilazione, e le sembra di sentire dei sussurri nel buio.

Vanessa...

D’un tratto, quella voce diventa chiara. E senza riuscire a spiegarsi come mai, Vanessa sa che è quella di Linnéa.

Vanessa...

La voce è spaventata, lamentosa. Ma viva. Linnéa è viva.

Vanessa cammina più veloce, si accorge che Anna-Karin e le altre faticano a tenere il passo, ma non se ne preoccupa.

Più si addentra nella scuola, più le costa fatica mantenere l’invisibilità. È strana, questa difficoltà in una cosa che normalmente le riesce senza sforzo.

La mano urta contro un angolo e Vanessa si ferma, brancolando nell’aria avanti a sé. Le dita toccano una superficie dura. Una porta? Trova la maniglia. La abbassa piano piano. È chiusa a chiave, ovviamente. Mormora ad Anna-Karin di usare il cellulare per fare luce. È un rischio che bisogna correre.

Vanessa tira fuori di nuovo il mazzo di chiavi e le prova una dopo l’altra, alla luce del telefono di Anna-Karin. In quello spazio claustrofobico, lo sferragliare e il tintinnare delle chiavi è assordante.

Ti prego... ti prego... aiutami...

La voce è tanto disperata, tanto addolorata. La mano di Vanessa trema, quando finalmente trova la chiave giusta. La serratura scatta. Anna-Karin spegne la luce del cellulare prima che Vanessa apra la porta.

* * *

A capo chino, Anna-Karin segue di soppiatto l’invisibile Vanessa dentro alla cucina.

Sul lato destro c’è una grossa apertura rettangolare che dà sulla sala mensa. È da lì che gli studenti si servono di pietanze dai pentoloni. La luce fioca della sala entra dall’apertura e fa luccicare i lunghi banconi d’acciaio inossidabile e le piastrelle bianche che ricoprono le pareti. Accanto alla lavastoviglie silenziosa ci sono rastrelliere piene di ceste di plastica di diversi colori. C’è odore di detersivo, di vapori di cucina, di vapore acqueo e di metallo.

Anna-Karin avanza carponi. A sinistra dell’apertura nella parete c’è una porta a battente che conduce alla sala. Da qualche parte, là fuori, c’è Linnéa.

Si ferma accanto alla porta, che si apre con una lentezza infinita, le suole delle scarpe di Vanessa scricchiolano contro il pavimento di linoleum, mentre lei va a fare una ricognizione nella mensa.

Anna-Karin si volta e vede Minoo e Ida accovacciate dietro di lei. Le fanno un cenno di assenso. Ora tocca a lei.

Chiude gli occhi. Si concentra.

Con prudenza, comincia a lasciare uscire la forza che ha dentro di sé. Ha paura che l’energia erompa come un’ondata che la travolgerà. E invece il potere esce lentamente, a rivoli.

E poi cessa.

Non le è mai successo niente del genere. La forza c’è, ma sembra un ruscelletto, anziché la cateratta che era.

La paura la afferra.

È riuscita a resistere a Max nella cucina della fattoria. Ma qui lui gioca in casa.

La scuola è un luogo del male.

* * *

Quando Vanessa entra nella mensa, si ferma a esplorare la sala con lo sguardo.

Le sedie sono ribaltate sopra i tavoli, con le gambe per aria. L’unica luce proviene dall’angolo laterale, quello dove ci sono i tavoli degli studenti più popolari.

Vanessa si dirige verso quel punto. Il cuore martella allo stesso ritmo dei suoi passi.

Avvicinandosi, sente una voce che parla rapidamente e sommessamente. All’inizio le sembra quella di Linnéa, ma poi si rende conto che è una voce maschile.

Quella di un ragazzo. Più giovane di Max.

C’è qualcosa che non quadra.

Vanessa si preme contro una parete e avanza di soppiatto, schiena al muro. Non vuole correre rischi inutili. Non si è mai sentita tanto insicura del suo potere, non sa se l’invisibilità reggerà.

«Ti prego» dice la voce sconosciuta. «Parla. Credimi, non vorrei fare questa cosa».

Il cuore di Vanessa accelera i battiti. È quasi arrivata all’angolo cieco. Si accovaccia e percorre carponi gli ultimi metri. L’aria è carica di magia, e lei si sta addentrando sempre di più nel campo di forza, avvicinandosi al centro. Le costa sempre più energia mantenere l’invisibilità.

Sbircia oltre l’angolo.

I tavoli sono stati spinti da parte, in modo da formare uno spazio aperto nel mezzo.

Linnéa è seduta su una sedia. Le sue caviglie sono fissate con un nastro isolante alle gambe della sedia, e le mani sembrano legate dietro la schiena. Il trucco è colato lungo le guance e lo sguardo è esausto, febbricitante.

«Stai solo danneggiando te stessa. Dimmi chi sono le altre» dice il ragazzo accovacciato davanti a lei. Ha addosso una felpa nera con il cappuccio.

Vanessa non riesce a vederlo in faccia, ma ormai è sicura che non è Max.

Linnéa strizza gli occhi ed emette un debole gemito.

Vanessa.

Di nuovo la voce nella sua testa. E per un brevissimo istante Vanessa intravede quel che sta accadendo dentro Linnéa: sta lottando per salvarsi la vita. Una presenza estranea sta cercando di insinuarsi nel cosciente di Linnéa, che cerca di respingerla con tutte le sue forze. E Linnéa è resistentissima. Nonostante la pressione di quell’energia estranea, riesce a ricacciarla fuori da sé. Ma ora comincia a essere stanca, non riuscirà a resistere ancora a lungo, Vanessa lo percepisce chiaramente.

Ora il ragazzo si alza. E Vanessa vede chi è.

Elias.

Lo sconvolgimento è così forte da farle quasi perdere la presa sulla propria invisibilità.

Sembra davvero Elias quello di fronte a lei. Vivo.

«Ti ricordi quando ci davamo appuntamento giù alle chiuse?» chiede a Linnéa, con voce piena di nostalgia. «Ci sedevamo là, a fumare e a parlare. Dicevi che se io fossi caduto giù, tu saresti saltata dietro di me. Te lo ricordi?»

«Tu... non puoi saperlo» singhiozza Linnéa.

«Sei stata tu a spifferare tutto ai miei genitori, quella volta che davvero ho cercato di buttarmi giù. Sei stata tu a fare in modo che io finissi in clinica psichiatrica. All’inizio ti ho odiata, ma poi ho capito che l’avevi fatto perché mi volevi bene. Lo so che mi vuoi bene, Linnéa. Sono tuo fratello. E tu sei mia sorella in tutto, tranne che nel sangue».

«Smettila» piagnucola Linnéa.

«Guardami» dice Elias con voce morbida, concentrando lo sguardo su di lei.

Dopo un piccolo spasmo alle palpebre, gli occhi di Linnéa si spalancano. «Io so che tu non sei Elias».

Vanessa vede la pistola appoggiata su uno dei tavoli. All’inizio era contraria a uccidere Max, ma ora non esiterebbe a sparargli, per salvare Linnéa.

«Non conta chi io sia» continua lui, in tono delicato. «Elias ti aspetta, Linnéa. Potrete essere di nuovo insieme. Smettila di resistere».

Linnéa scuote la testa. Vanessa comincia ad avanzare carponi verso il tavolo.

«Avanti» implora Elias. «Mi servono soltanto altri due nomi. Dimmi chi sono le altre, e poi sarà tutto finito». Si china in avanti, finché il suo volto è ad appena pochi centimetri da quello di Linnéa. La fissa. «Dimmelo» dice sottovoce.

E Vanessa sente che la magia irradiata da lui aumenta di forza. Senza staccare lo sguardo dalla pistola, continua ad avanzare verso il tavolo. Quasi non osa respirare. Mancano soltanto pochi metri. Una volta ha convinto Nicke a mostrarle come usare una pistola, e ora cerca di ricordarsi come si fa. Dove sarà la sicura?

Linnéa si contorce sulla sedia. «Minoo...»

«Questo lo so già» dice Elias, in tono paziente.

«Anna-Karin...»

«Ancora un nome. Dammene ancora uno, e sarò soddisfatto».

«No!»

* * *

L’urlo angosciato di Linnéa riecheggia nella mensa. Nel sentirlo, Minoo prova un dolore fisico.

Ormai Vanessa sarebbe già dovuta essere di ritorno.

«Non possiamo più aspettare» sussurra Minoo ad Anna-Karin. «Riesci a influenzarlo da qui?»

Anna-Karin sembra in preda al panico. Scuote la testa. «No» dice sottovoce. «Forse se lo vedo... però non so».

«Allora dobbiamo avvicinarci» la interrompe Minoo. Si volta verso Ida. «Tutte e tre».

* * *

Vanessa è quasi arrivata al tavolo. Una mano alla volta, un ginocchio alla volta.

Elias sta di fronte a Linnéa. Le sue braccia pendono mollemente lungo i fianchi. Il volto sembra stranamente rigido, come se fosse fatto di plastica.

Plastica che improvvisamente si scioglie e si trasforma in un altro volto. Il corpo si riempie di muscoli e cresce di una ventina di centimetri di statura.

Max.

Si porta una mano alla fronte e preme i polpastrelli contro le tempie. «Avevate detto che sarebbe stato più facile!» dice, rivolto verso un punto imprecisato. «Non voglio fare questo!»

Vanessa si solleva sulle ginocchia e tende una mano verso la pistola. Se solo riuscisse a utilizzarla, tutto finirebbe. Nemmeno Max può sopravvivere a una pallottola.

Ma proprio mentre sta per toccarla, Max afferra l’arma. La sua mano manca quella di Vanessa di appena un millimetro.

«Non voglio farti del male» dice lui, puntando la pistola contro Linnéa. «Ma se non mi dici l’ultimo nome, ti ammazzo».

«Credi che me ne freghi qualcosa?» risponde Linnéa con voce rauca, incrociando il suo sguardo. «Credi che sarei venuta da te, se me ne fosse fregato qualcosa?»

Max si infila la pistola nella cinta dei pantaloni. Guarda Linnéa. Poi alza una mano e le dà un ceffone così forte da far ribaltare la sedia.

Vanessa soffoca un urlo.

E Max si volta.

Un sorriso soddisfatto si spande sul suo viso, quando la vede. «Ed eccoti qua» dice piano.

Senza nemmeno riflettere, Vanessa si alza e corre dritta verso di lui.

Max fa un ampio gesto nell’aria.

* * *

Le ragazze hanno percorso metà della lunghezza della mensa quando Vanessa, proiettata nell’aria da una forza invisibile, atterra di schiena contro un tavolo. Le sedie crollano sul pavimento con uno schianto. Poi Vanessa si solleva a un metro da terra e viene premuta contro il piano del tavolo. Sta strillando ma è immobile, come inchiodata.

Minoo afferra una mano di Anna-Karin e la stringe forte. Ida prende l’altra mano. Anna-Karin sente le loro energie fluire in lei, ognuna dalla propria direzione. E poi c’è il suo potere, che però non è ancora nemmeno lontanamente paragonabile alla forza che esercitava ogni giorno qui a scuola.

Max esce dal piccolo angolo laterale della sala, e concentra lo sguardo su Vanessa, che si dibatte sul tavolo. Anna-Karin si rende conto di avere una sola opportunità, e cioè in questo momento, un istante prima che lui si accorga della loro presenza.

LASCIA ANDARE VANESSA, comanda. LASCIALA IN PACE.

Max si volta.

* * *

Minoo ha visto il fumo nero turbinare intorno a Vanessa, mentre veniva scagliata attraverso la sala, e stendersi intorno al suo corpo sul tavolo come una nebbia fitta e oleosa.

Ora vede dell’altro fumo sprigionarsi da Max e proiettarsi verso Anna-Karin. Nel giro di un istante, le loro mani si staccano.

Il corpo di Anna-Karin viene gettato con violenza verso l’alto, fino a sbattere contro il soffitto e restare lì, schiacciato contro i pannelli bianchi, per un paio di secondi. Poi, con una rapidità inconcepibile, il fumo trascina Anna-Karin lungo il soffitto, fino a scagliarla contro la parete opposta. Da lì, Anna-Karin scivola verso il pavimento e rimane distesa.

D’un tratto anche la mano di Ida si stacca da quella di Minoo.

Ida corre verso la cucina, ma non fa molta strada: il fumo si muove rapido e silenzioso verso di lei.

Ida cade a terra. Intorno a lei si forma un anello di fuoco. Minoo riesce a vedere il suo viso terrorizzato dietro alle fiamme alte un metro che la tengono prigioniera. Nella sala si diffonde un leggero odore di linoleum bruciato.

Minoo si volta verso Max. È ancora avvolto nel fumo nero, mentre si dirige verso di lei. Il fumo danza intorno a lui, formando disegni nell’aria, come se fosse un essere vivente. È quasi bello. Seducente.

«Minoo». Max sorride.

E questa è la cosa peggiore, che lui sembri tanto contento di vederla, come se quel che ha appena fatto non avesse nessuna importanza.

«Lo so che in questo momento non capisci» dice Max. «Ma l’unica cosa che voglio... L’unica cosa che ho sempre voluto è stare insieme a te. Noi ci apparteniamo a vicenda».

Minoo sente la collera ribollirle nel sangue come acido carbonico. «Ma non è quello che voglio io» dice, sorprendendosi della forza e della fermezza della sua stessa voce.

Max si ferma. Sembra addolorato. La cosa nera serpeggia intorno a lui, protendendo lunghe antenne che si avvicinano a Minoo ma si ritirano all’ultimo istante.

Minoo resta dov’è. Il suo corpo è pieno di segnali sconosciuti. C’è qualcosa che turbina nell’aria intorno a lei, come una corrente che la inebria con la sua potenza.

«Minoo» dice Max, con un filo di voce. «Che cosa stai facendo?»

«Sto mollando la presa».

Il fumo nero si ispessisce fra di loro.

Ma non proviene soltanto da Max. Si sprigiona anche da lei, attorcigliandosi in lunghi tentacoli neri.

Minoo è potente. È come un’intera armata. È direttamente collegata a qualcosa di inconcepibilmente più grande di lei, qualcosa che è molteplice e unitario allo stesso tempo. Insieme, si muovono verso Max.

Max la guarda, in preda al panico. Non riesce a muoversi. Il fumo lo avvolge, impedendogli di fuggire, e circonda lui e Minoo in un vortice nero.

«Ti prego, Minoo». Max cade in ginocchio ai suoi piedi. «Io ti amo».

Quelle parole non la toccano.

Minoo sa che cosa deve fare.

Gli posa una mano sulla fronte. Chiude gli occhi e vede. Vede la benedizione dei demoni, un’aura nera e luccicante che si diffonde intorno a Max. Il fumo nero che si sprigiona da Minoo soffoca la magia dei demoni.

L’aura si scolora fino a scomparire. La benedizione è spezzata.

Minoo sente la forza vitale abbandonare il corpo di Max: risucchiata dalla sua mano, la riempie e la rende ancora più potente.

Dentro Max c’è qualcosa che resiste, che cerca di uscire allo scoperto. Minoo la aiuta a uscire.

È come se d’improvviso un peso si staccasse.

E gli occhi di Minoo si riempiono di lacrime, perché ora la sente in modo chiarissimo.

È Rebecka. Era rimasta intrappolata dentro Max. Ora la sua anima si proietta attraverso Minoo, riempiendola di luce. Per un istante, tutto ciò che era Rebecka si trova dentro di lei. E poi scompare. Finalmente libera.

Subito dopo, arriva Elias. Minoo lo riconosce subito, come se lo avesse conosciuto da tutta la vita, anzi, da molto prima. La sua anima la attraversa e scompare.

Le dita di Minoo stringono saldamente la fronte di Max, penetrando fra i capelli. Il corpo di lui si accascia, e Minoo si mette lentamente in ginocchio, mentre lui cade di lato e resta disteso a terra.

Si sente riempire di lui: impressioni, pensieri, emozioni, tutto ciò che Max ha vissuto. Tutto ciò che è lui la attraversa, come tramite un senso finora sconosciuto.

Ricordi.

Max che trascina Linnéa dalla sua auto attraverso il parcheggio della scuola. Lei è legata, mani e piedi, ma cerca di dibattersi.

Lui che apre la porta di casa sua e si trova davanti una ragazza sconosciuta con una lunga frangia nera. Lei tira fuori una pistola e gli dice che dovrà morire per quel che ha fatto a Elias. Ma esita, e Max capisce che la ragazza non ha la forza di sparare. Non è un’assassina. E si rende conto che è una delle Prescelte. Lei lo aiuterà a individuare le altre. Che occasione!

Max che si sveglia come da un sogno e vede Minoo davanti a sé, in aula. Loro gli sussurrano che si è tradito. Loro sono incolleriti, ma lui ha paura soprattutto che Minoo fraintenda, che non si renda conto che lui non le farà mai del male, perché si appartengono a vicenda.

La stalla incendiata, le mucche imbizzarrite. Lui che scappa via, mentre nella sua testa sente le loro voci che lo rimproverano. Loro minacciano di rimangiarsi la parola e di non lasciar vivere Minoo.

Minoo che gli chiede se può aspettarla. Max può aspettare in eterno.

Max, in aula, che guarda Anna-Karin e riflette su quanto sia cambiata nel corso di questo quadrimestre. Può succedere, lui lo sa. Come mai non se n’è accorto prima?

Minoo che è così bella mentre lui la guarda, al sottopassaggio. Max sa che non dovrebbe, ma la bacia ugualmente. Ha stretto un nuovo accordo con Loro: lei potrà vivere.

L’istante spaventoso, nella vasca da bagno, quando per la prima volta Max si è opposto a Loro.

Il primo bacio.

Tutt’a un tratto, eccola lì davanti a casa di Max, che la guarda e si domanda se non sia soltanto un sogno.

Viene a sapere che Minoo è quella che lui deve uccidere.

Max che strappa l’anima dal corpo di Rebecka, mentre le chiede di perdonarlo.

Rebecka che cade.

Rebecka che si volta e vede il suo viso, lo vede sotto forma di Gustaf.

Rebecka in galleria.

Max che fa un primo esperimento con il potere di Elias. Si guarda allo specchio e vede se stesso trasformarsi in Gustaf, quello di cui Rebecka si fida, quello che può avvicinarsi a lei, in caso di necessità. Ma preferirebbe non toccarla, non rivivere un’altra volta quella cosa.

Max che vede Rebecka fare jogging, e sa che la sua prossima vittima è lei. Loro gli sussurrano che questa è più forte del primo, che bisogna prepararsi con cura.

La profezia si sbaglia, dicono le voci. I Prescelti sono sette. Ne restano ancora sei.

Max fuori dalla finestra di Minoo. Quanto vorrebbe che non fosse stata lei a trovare Elias. Si domanda come stia lei, e desidererebbe poterla consolare.

Max che guarda la barella con il corpo di Elias coperto da un telo. La barella viene portata fuori dalla scuola, e lui prova sollievo. Finalmente è fatta.

Attraverso la porta chiusa dei gabinetti, sente lo specchio che si rompe.

Entra in aula e vede per la prima volta Minoo. È Alice rediviva.

Minoo si accorge che c’è un peso, da qualche parte, nel profondo di Max. Come un’ancora che si stacca dal fondo e lentamente viene trascinata verso la superficie.

La sua anima.

I ricordi emergono sempre più rapidi.

Lui che appende il manifesto di Persefone, che somiglia ad Alice così tanto da far male a guardarla. Il piacere di torturarsi da sé.

Quante notti è rimasto sveglio a pensare alla cosa tremenda che si è impegnato a fare. Ricorda a se stesso che ne vale la pena. Alice ne vale la pena.

Max che odia Engelsfors fin dal primo istante. Una città identica a quella in cui è cresciuto lui.

Gli anni delle scuole, donne che vanno e vengono, amici che lui in segreto disprezza. Quelli che credono che il mondo sia soltanto quello che vedono a occhio nudo.

Loro gli hanno promesso di ridargli Alice. Una nuova possibilità.

Anni di senso di colpa.

E tutto rallenta di nuovo.

Il funerale è come immerso nella nebbia. Nessuno sapeva, nessuno capiva che lei era tanto infelice.

La polizia telefona al mattino. Hanno trovato il cadavere sulle rocce ai piedi della casa.

La festa è al culmine, e la musica rimbomba. L’adrenalina lo fa tremare. Eccolo lì, l’amico. «Se qualcuno ti fa domande, io sono rimasto con te per tutta la sera» dice Max, perché d’un tratto ha scoperto qualcosa di nuovo su se stesso. Eppure rimane stupito nel vedere l’amico annuire, con gli occhi lucidi. Il primo assaggio di magia: far sì che gli altri obbediscano.

Lui vuole che lei muoia. Meglio che non sia di nessuno, se non può essere sua. Se soltanto si togliesse la vita da sé. Lui vorrebbe questo, di tutto cuore. Ed è a quel punto che lei si alza, scavalca il davanzale della finestra. Max sa di essere lui a comandarglielo. Per un istante si guardano, sbigottiti. E lei obbedisce al suo desiderio e si lascia cadere.

La finestra è stata aperta per lasciare entrare l’aria calda dell’estate, e lei è rannicchiata sul davanzale, con la fronte appoggiata alle ginocchia, e dice: «Ti prego, Max, vattene». Lui cerca di convincerla del suo amore, del fatto che debbano stare insieme. Ma lei dice: «Mi hai sentita? Non voglio vederti mai più».

Alice, che lui ama così tanto, che gli mostra il quadro di Persefone. Ridono insieme del fatto che Alice e Persefone si somiglino tantissimo.

Alice, la primissima volta in cui lui la vede. E sa che lei lo renderà felice.

L’anima di Max sta per raggiungere la superficie. In quello stesso istante, Minoo sente un urlo che aumenta d’intensità e le riempie la testa. È Max, che sta gridando di dolore. È lei che gli sta facendo male.

Riesce a intravedere le tenebre dell’infanzia, e sa che se non mollerà subito la presa, finirà per fare a Max la stessa cosa che lui ha fatto a Rebecka e a Elias: gli strapperà l’anima, lo priverà di tutto.

Molla la presa.

Minoo molla pian piano la presa, sente il peso scivolare lentamente in profondità, dov’era prima. L’urlo si spegne. Scende il silenzio.

Minoo apre gli occhi.

Il fumo nero è sparito.

È inginocchiata a terra. La fronte di Max è arrossata nel punto in cui lei ha posato la mano. I suoi occhi sono chiusi. Il petto si muove appena.

È tutto finito.