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SENZA la telecamera di bordo, Rosemary Dempsey avrebbe probabilmente urtato il cassonetto della carta che dopo l’ultimo svuotamento era stato lasciato un po’ troppo vicino al cordolo.

Apprezzava gli effetti della nuova tecnologia che la circondavano, ma le veniva sempre da chiedersi che cosa avrebbero avuto da dire in proposito Susan e Jack.

Mentre cambiava marcia scorse Lydia che innaffiava le ortensie. Per l’occasione aveva indossato scarpe e guanti di gomma arancione, ed era con uno di questi ultimi che faceva gesti nella sua direzione. Rosemary rispose al saluto e vi aggiunse un colpetto di clacson. Mentre partiva, tenne d’occhio il tachimetro. Conoscendo Lydia, anche un minimo di eccesso di velocità avrebbe potuto minare la loro neonata amicizia.

Mentre attraversava Castle Crossings sorrise immaginando Lydia Levitt quarant’anni prima, con pantaloni a zampa da elefante e zatteroni ai piedi invece che in tenuta da giardinaggio.

Stava ancora sorridendo quando il GPS le indicò che la sua destinazione era a destra. Il navigatore aveva calcolato il tempo quasi alla perfezione: quarantadue minuti fino a San Anselmo.

Mentre passava davanti a vialetti d’accesso occupati da Porsche, Mercedes e persino una Bentley, cominciò a temere che la sua Volvo sarebbe stata la macchina più modesta in tutto l’isolato. Un paio di numeri civici oltre quello di Nicole, davanti a uno strabordante villone, vide che era parcheggiato un pick-up bianco sporco, ma apparteneva evidentemente a un giardiniere.

«Sei arrivato alla tua destinazione», l’avvertì il navigatore.

Non era la prima volta che Rosemary andava a casa di Nicole, ma si soffermò lo stesso per un attimo a contemplarne la bellezza. Era una perfetta costruzione restaurata in stile Tudor con una vista panoramica sulla Ross Valley. Secondo lei, con le sue cinque camere da letto, era decisamente troppo grande per una coppia senza figli, ma d’altra parte le risultava che Gavin, il marito di Nicole, poteva permettersela e poi gli capitava spesso di lavorare a casa invece di fare la spola da San Anselmo al quartiere degli affari di San Francisco.

Quaranta minuti di macchina erano un prezzo modesto in cambio dell’opportunità di dare quella notizia di persona.

Nicole l’accolse sulla soglia prima di darle il tempo di suonare il campanello. «Tutto bene? Sei stata così misteriosa al telefono», commentò mentre l’abbracciava per qualche secondo.

«Tutto benissimo. Non avevo intenzione di preoccuparti.» Sensibile com’era al proprio lutto di madre, alle volte Rosemary si dimenticava quanto la morte di Susan potesse aver addolorato altre persone. Quando da adolescente muore uno dei tuoi migliori amici, passi il resto della vita sempre allerta?

«Ah, meno male», sospirò Nicole. «Entra, prego. Posso offrirti qualcosa?»

Nella casa regnava il silenzio.

«Gavin non c’è?» chiese Rosemary.

«No, ha una cena d’affari con dei clienti questa sera, così non è tornato a casa dall’ufficio.»

Rosemary era stata una di cinque figli e aveva sempre desiderato una famiglia grande, ma ci erano voluti dieci anni prima della gioia di mettere al mondo Susan.

Socievole ed estroversa, Susan aveva sempre legato con i coetanei, i vicini di casa e i compagni di scuola. Anche quando si era iscritta all’università a casa loro non c’era mai silenzio. L’energia della sua personalità ne riempiva l’atmosfera, tra telefonate, indumenti abbandonati qua e là, i suoi CD che partivano a volume assordante dallo stereo se solo sua madre osava accenderlo.

Rosemary non aveva mai chiesto a Nicole come mai lei e Gavin avessero preferito una casa silenziosa, ma non poteva fare a meno di compatirli un po’ per quella loro decisione.

Seguì Nicole in uno studio tappezzato di libri. Una parete era occupata da volumi di argomenti commerciali e storici. Gli scaffali della parete opposta contenevano romanzi di ogni genere: sentimentale, thriller, fantascienza, anche quelli che si potrebbero definire «letterari». Provò una stretta al cuore nel ricordare quando Susan l’aveva chiamata dall’università due giorni dopo essersi iscritta: «Ti innamoreresti subito della mia compagna di stanza. Ha una vera passione per i libri». La collezione di romanzi apparteneva certamente a lei.

Quando si furono sedute, Nicole la guardò con un’espressione di attesa.

«Allora non ne sai niente», disse a quel punto Rosemary.

«No», ammise Nicole. «O almeno non credo. Non so di cosa si tratta e a farmi star qui sulle spine mi farai venire un infarto prematuro.»

«La notizia è che si fa. Mi ha telefonato Laurie Moran. I capi del suo studio hanno approvato la proposta di usare il caso di Susan per il loro nuovo special della serie Under Suspicion. E hanno accettato tutti: io, tu, Madison, Frank Parker e, immaginami con gli occhi della sbigottita, anche Keith Ratner. È riuscita a contattare persino alcune delle persone che Susan frequentava in laboratorio.»

«È una splendida notizia», commentò Nicole allungandosi per prenderle brevemente le mani.

«Sì, è quello che penso anch’io. So di aver premuto perché ci fossi anche tu, così ho voluto ringraziarti di persona.»

«No, nessuna pressione. Non potrei essere più felice.»

Rosemary era vissuta in uno stato di stress emotivo fin da quando aveva aperto la lettera di Laurie Moran, ma aveva ancora l’impressione che le reazioni di Nicole non fossero del tutto naturali.

«Laurie dice che ci faranno delle interviste preliminari. Per la maggior parte senza telecamera. Giusto per avere un’opinione della nostra posizione personale in modo da sapere cosa chiederci quando grideranno ‘Azione’.»

«Più che comprensibile.»

Rosemary lo aveva immaginato o gli occhi di Nicole si erano girati verso le scale della sua casa deserta? «Spero che tu sia felice di tutto questo, vero, Nicole? Tu e Madison siete le sole persone con cui mia figlia è vissuta oltre a noi genitori. E Madison è stata sempre in fondo una specie di aggiunta. Che tu l’abbia desiderato o no, per Susan sei stata una specie di sorella.»

Se fino a quel momento Rosemary aveva avuto una vaga sensazione di distacco nell’atteggiamento di Nicole, ogni sua perplessità si dissolse nel vederle un luccichio di lacrime negli occhi. «E lei lo è stata per me. Non era solo un’amica ed era… straordinaria. Te lo giuro, Rosemary. Farò tutto il possibile. Per me, per te, per lo show. Se c’è modo di scoprire cos’è successo, noi lo troveremo.»

Si era messa a piangere anche Rosemary, ma sorrideva tra le lacrime. «Faremo vedere a Frank Parker e Keith Ratner di che cosa sono capaci due donne determinate. Dev’essere stato uno di loro, no?»

Quando fu pronta per congedarsi, Nicole l’accompagnò alla porta, poi, mentre scendeva i gradini davanti all’ingresso, le fece scivolare un braccio intorno alle spalle.

Rosemary si fermò a godere della vista spettacolare della valle, tutta alberi verdeggianti su uno sfondo di colline azzurre. «Non so se te l’ho mai detto, Nicole, ma quando hai lasciato gli studi ero molto in pensiero per te. Temevo che fossi stata anche tu in qualche modo una delle vittime della tragica sorte toccata a Susan. E sono così contenta che tutto per te si sia risolto per il meglio.»

Nicole la strinse in un abbraccio fraterno. «Guida con prudenza, eh? Abbiamo cose grosse in vista.»

Mentre Rosemary saliva in macchina, si allacciava la cintura e metteva in moto, né lei né Nicole si accorsero della persona che le spiava poco più distante, dalla cabina del pick-up color bianco sporco.

Quando la macchina di Rosemary partì, il pick-up le si accodò.