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MARTIN Collins percorreva lentamente le navate della sua megachiesa opportunamente situata sulla I-110 nel cuore di South Los Angeles. Scambiava strette di mano e distribuiva saluti e benedizioni. Aveva appena finito di pronunciare un appassionante sermone a una congrega di quattromila seguaci, tutti in piedi con le mani protese verso Dio… e verso di lui. La maggior parte di loro faticava a pagare l’affitto o a mettere il pane in tavola, ma quando erano passati i cestini, aveva visto volare parecchie banconote.

Lontani erano i primi giorni del reclutamento di nuovi adepti nelle sale dei tatuatori, nelle officine frequentate dai motociclisti e nei locali pubblici più squallidi.

Vedere migliaia di fedeli rapiti da ogni sua parola gli trasmetteva un senso di grande esaltazione, ma amava soprattutto il momento successivo, dopo il sermone, quando aveva l’occasione di parlare di persona ai frequentatori della sua chiesa, a lui così devoti da aspettare alle volte anche qualche ora pur di stringergli la mano.

Concluse il suo giro tenendo per ultima una donna che aspettava in prima fila. Si chiamava Shelly. Si era presentata a lui diciotto mesi prima, attratta da un volantino degli Apostoli di Dio trovato in una stazione di autobus. Era una madre single. Accanto a lei sedeva la figlia Amanda, una dodicenne con la pelle liscia e bianca come il latte e occhi castani chiari da angioletto.

Martin allungò le braccia verso Shelly, che si alzò per stringersi a lui. «Grazie di cuore per le tue parole sante», disse. «E per la casa», aggiunse a bassa voce. «Finalmente abbiamo una casa tutta per noi.»

Martin l’ascoltò solo distrattamente. La dolce, piccola Amanda lo contemplava con occhi adoranti.

Martin aveva trovato il sistema di assicurarsi notevoli finanziamenti per i suoi Apostoli di Dio. Ora che la sua setta era stata riconosciuta dalle autorità, le donazioni erano esentasse. E le banconote che raccoglieva dal fervore innescato dai suoi sermoni erano poca cosa in confronto ai contributi provenienti dall’esterno. Martin aveva messo a punto un persuasivo cocktail di esortazioni alla solidarietà verso i bisognosi con un linguaggio così consolatorio da agire come una pozione magica nell’assicurarsi sostanziose regalie filantropiche. Era stato capace di rendere la religione desiderabile persino in un posto come Hollywood. Per non parlare degli enormi stanziamenti federali che riusciva a ottenere con l’ausilio di alcuni parlamentari votati alla sua causa.

I soldi permettevano al suo gruppo di sostenere la sua missione di dispensatore di bontà aiutando i poveri, inclusi i membri bisognosi di una protezione. C’era una ragione se Shelly aveva voluto manifestargli sottovoce la sua gratitudine. Martin non poteva offrire un tetto a tutti i suoi seguaci senza casa, ma poteva avere un occhio di riguardo per quelli speciali come Shelly e Amanda.

«Ancora nessun contatto con tua sorella?» chiese Martin.

«Nessuno.»

Erano trascorsi due mesi da quando Martin aveva convinto Shelly che sua sorella, l’ultimo consanguineo con cui era rimasta in contatto e che l’aveva criticata per il troppo tempo che dedicava alla sua nuova fede, ostacolava il suo personale rapporto con Dio.

«E tu?» domandò alla piccola Amanda. «Ti diverti con i giochi che ti abbiamo spedito?»

La bambina annuì timidamente, poi sorrise. Oh come adorava quell’espressione, piena di fiducia e gioia. «Posso abbracciare anche te?» Un altro cenno affermativo del capo e poi l’abbraccio. Amanda era ancora imbarazzata con lui. Ma andava bene così. Erano cose che richiedevano il loro tempo. Ora che lei e sua madre abitavano nell’appartamento per cui pagava lui, avrebbe avuto occasione di trascorrere più tempo con entrambe.

Martin sapeva come adescare il prossimo. Aveva un dottorato in psicologia. Uno dei corsi aveva avuto un’intera sezione dedicata alla sindrome della donna maltrattata: il senso di isolamento, il rapporto con potere e controllo, la convinzione che la persona prevaricatrice fosse onnipotente e onnisciente.

Era uscito tra i primi del corso. Martin non aveva bisogno dei libri di testo e delle spiegazioni degli esperti della materia. Aveva visto tutte quelle caratteristiche in sua madre, così incapace di impedire a suo padre di fare del male a lei… e a lui. Aveva compreso così bene il nesso tra paura e dipendenza che a dieci anni aveva giurato che da grande sarebbe stato lui ad assumere il controllo sugli altri. Mai e poi mai si sarebbe fatto controllare.

Poi, a notte inoltrata, si era messo a fare zapping tra i canali della televisione e aveva trovato il ministro di una importante setta religiosa con un numero gratuito che scorreva in sovrimpressione a cui telefonare per le donazioni. Per quell’uomo non c’erano mezze misure, tutto era o bianco o nero, se ignoravi la parola del Signore bruciavi all’inferno, se ascoltavi e donavi anche dei soldi, all’uomo piacente in TV, ti guadagnavi un posto di fianco a Dio. Era un esempio perfetto dell’esercizio del potere.

Così aveva cominciato a guardare quel predicatore tutte le sere, esercitandosi in lessico e cadenza. Aveva svolto ricerche sulle normative fiscali che riguardavano le confessioni. Aveva scoperto che le chiese avevano la possibilità di ottenere finanziamenti governativi organizzando iniziative caritatevoli. Si era sbiancato i denti, si era abbonato a un centro abbronzature e aveva fatto stampare brochure in carta patinata in cui prometteva la vicinanza a Dio tramite l’aiuto ai poveri.

L’unico problema lo aveva avuto con la polizia. Ancora non avevano nessuna prova, ma certe predilezioni di Martin erano giunte all’attenzione delle autorità giudiziarie del Nebraska e Martin era stanco di vedere le loro volanti rallentare quando passavano davanti a casa sua o quando lo vedevano nelle vicinanze di un campo giochi. Così si era trasferito in California, dove c’erano un sacco di sole, soldi e persone in cerca di un modo per essere in pace con la propria coscienza. L’«Apostolo di Dio» era nata così.

Ma anche se ammantava la sua seduzione di religiosità, sapeva bene che la chiave del suo potere era quella che aveva imparato a casa sua guardando come suo padre controllava sua madre.

Ingrediente numero uno: la paura. Quella parte era facile. Martin non aveva bisogno di far del male a nessuno. Una chiesa non confessionale ma tuttavia profondamente religiosa come quella degli Apostoli di Dio attirava per natura persone che già avevano paura del mondo come lo conoscevano. Era gente in cerca di risposte facili e lui era lì per accontentarla.

Numero due: potere e controllo. Martin era l’Apostolo di Dio «supremo», veicolo diretto della voce di Dio. Era in pratica lui il loro dio. Quando parlava, lo ascoltavano. Questo aspetto della sua dottrina aveva meritato all’AD una schiera di detrattori, ma Martin non aveva bisogno di convincere il mondo intero. Aveva sedicimila adepti e il numero andava crescendo e raccoglieva più di quattrocento dollari l’anno per ciascuno. I conti tornavano alla perfezione.

Numero tre: isolamento. Niente amici, niente parenti o altre persone a interferire con la devozione dei seguaci. Nei primi tempi questo era stato il pericolo maggiore che aveva dovuto affrontare e con Nicole aveva imparato la sua lezione. Adesso era più selettivo, costringeva gli aspiranti a meritarsi il loro ingresso nella cerchia ristretta dell’AD solo dopo anni di leale servizio. Poteva permettersi di lasciare che qualcuno lo abbandonasse solo se era rimasto all’oscuro della reale situazione finanziaria della sua iniziativa.

Sentì il telefono ronzare nella tasca. Lo estrasse e diede un’occhiata al display. Era Steve che faceva rapporto.

«Devo prendere questa chiamata», si scusò con Shelly. «Ma ci vediamo domani.»

«Molto volentieri», rispose lei abbracciandolo di nuovo. Martin accarezzò i capelli di Amanda. Erano soffici e caldi. Se l’indomani avesse scelto il momento giusto per la sua visita, l’avrebbe trovata di ritorno a casa da scuola, prima che Shelly lasciasse il posto di lavoro da custode che le aveva trovato in un palazzo di uffici.

Rispose mentre si allontanava. «Sì?»

«Oggi Nicole ha ricevuto una visita, la prima da quando la sorveglio. Una donna, sulla settantina, con una Volvo. L’ho seguita fino a un posto che si chiama Castle Crossings, vicino a Oakland. Carino. Sarà sua madre?»

«No, sua madre è morta a Irvine già da qualche anno.» Martin uscì sul pianerottolo passando da una porta di emergenza. «Hai il nome?»

«Non ancora. Il quartiere è recintato. Ma non c’è problema, la Keepsafe ha installato molti allarmi da queste parti, quindi posso entrare facilmente. Conosco la macchina e ho il numero di targa. Domani trovo la sua casa e ti faccio sapere chi è.»

Ogni tanto Martin rifletteva su come gli sarebbe stato facile raccogliere informazioni utili su possibili nemici se avesse avuto uno o due poliziotti nel suo entourage. Uno sbirro avrebbe impiegato pochi secondi a identificare il possessore di quella macchina. Ma i poliziotti non erano vulnerabili alla formula da lui utilizzata per fare proseliti. Aveva considerato se non valesse la pena corromperne qualcuno, ma era dell’idea che uno sbirro corrotto lo avrebbe anche rivenduto in un batter d’occhio.

Quando avessero cominciato a girare Under Suspicion, avrebbe potuto affidarsi a Keith Ratner per sapere che cosa Nicole avesse intenzione di dire sugli Apostoli di Dio, posto che ne avrebbe parlato. Fino ad allora poteva solo aspettare e accontentarsi di quello che gli riferiva Steve.

«Molto bene», concluse. «Grazie, Steve.»

Dopo che Steve ebbe chiuso la comunicazione, Martin scaraventò il telefono con tanta forza che il rumore del display che si spezzava echeggiò per tutte le scale.