L’INDOMANI mattina, quando aprì gli occhi, Laurie impiegò qualche momento per rendersi conto di essere di nuovo nel suo letto e non in aereo o addormentata sulla scrivania del suo ufficio. L’orologio digitale indicava le 05:58. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva aperto gli occhi prima del suono della sveglia. L’aveva sicuramente aiutata quella specie di coma in cui era piombata alle otto e mezzo della sera precedente.
Mentre bloccava la sveglia perché non suonasse inutilmente, sentì rumore di piatti provenire dalla cucina. Come al solito Timmy era già sveglio. In quello era così simile a suo padre, fresco e pimpante già di buon mattino. Riconobbe il profumo del pane tostato. Ancora non si era abituata al fatto che il suo bambino si preparasse la colazione da solo.
Una lama di luce penetrò l’oscurità della sua stanza e scorse la sagoma di Timmy in controluce, fermo sulla soglia con un vassoio in mano. «Mamma», bisbigliò il bambino. «Sei sveglia?»
«Sì, tesoro.» Laurie accese la lampada sul comodino.
«Guarda cosa ti ho portato.» Entrò camminando lentamente con gli occhi fissi sul bicchiere pieno di succo d’arancia e posò con delicatezza il vassoio sul letto. Il toast era croccante come piaceva a lei, già spalmato di burro e marmellata di fragole. Il vassoio era uno dei due che aveva ricevuto in regalo da Greg per il loro quinto anniversario, di legno, come voleva la tradizione. Non avevano mai avuto l’occasione di usarli tutti e due.
Invitò Timmy a sedersi vicino a lei sul letto e lo strinse in un abbraccio affettuoso. «Cosa ho fatto per meritarmi la colazione a letto?»
«Ho visto che ieri sera dormivi in piedi. Quasi mi hai rimboccato le coperte dormendo.»
«Non riesco a nasconderti niente, eh?» Laurie mangiò un boccone di toast e fece un risolino mentre recuperava una goccia di marmellata con la punta della lingua.
«Mamma?»
«Sì?»
«Farai avanti e indietro dalla California per lavoro?»
Laurie provò un tuffo al cuore. Il primo episodio di Under Suspicion aveva trattato un caso avvenuto nella contea di Westchester. Era tornata a casa tutte le sere. Questa volta però c’era in effetti un problema logistico, mentre a lei non era venuto nemmeno in mente di doverne discutere con il figlio, che invece già si preoccupava delle conseguenze che avrebbero avuto i suoi continui trasferimenti.
Posò il toast sul piatto e passò un braccio intorno alle spalle di Timmy. «Tu sai che il mio show cerca di aiutare le persone che hanno perso i loro cari, come noi abbiamo perso il tuo papà, giusto?»
Timmy annuì. «Perché la polizia possa prendere i cattivi come Occhi Blu. Come faceva il nonno prima di andare in pensione.»
«Be’, io non sono eroica come lui, ma diciamo che ce la mettiamo tutta. Questa volta aiuteremo una signora che vive in California. Qualcuno vent’anni fa si è preso la vita di sua figlia, che si chiamava Susan. E Susan è la protagonista del nostro prossimo programma. E per questo, sì, dovrò fare avanti e indietro dalla California.»
«Vent’anni sono tanti. Più del doppio di quelli che ho io.» Timmy si guardava le punte dei piedi muovendo le dita sotto il lenzuolo.
«Ma qui ci sarà sempre il nonno.»
«Solo che il nonno mi ha detto che l’altra sera non potevi nemmeno chiamare per via del fuso orario. E poi, quando sei tornata, eri così stanca che per poco non ti sei addormentata mentre cenavamo.»
Per tutti gli anni dopo la morte di Greg, Laurie era vissuta nel terrore che Occhi Blu realizzasse la sua minaccia contro di loro. Non aveva nemmeno preso in considerazione che suo figlio potesse preoccuparsi della sua lontananza da casa. Occupata com’era a venire a patti con la sua veste di vedova-guerriera, non aveva mai affrontato il problema del senso di colpa per essere una madre single in carriera. Sentì che le stavano salendo le lacrime agli occhi e le ricacciò indietro prima che Timmy se ne accorgesse.
«Mi sono sempre presa cura di noi, no?»
«Tu, io e il nonno. Ci prendiamo cura l’uno degli altri», riepilogò Timmy come tirando le somme.
«Allora fidati di me. Troveremo il sistema di far funzionare tutto come si deve. Io riesco a lavorare ed essere anche sempre la tua mamma, no? E tu hai sempre la precedenza. Comunque sia.» Questa volta non riuscì a trattenere le lacrime. Rise e lo baciò sulla guancia. «Guarda cosa mi succede quando questo mio amorevole figlio mi porta la colazione a letto. Mi fai diventare tutta sentimentale.»
Timmy rise e le porse il bicchiere con il succo d’arancia. «Adesso vado a lavarmi i denti», annunciò. «Se no faccio tardi.»
In quella decisione improvvisa questa volta riconobbe se stessa. Tutti i tasselli del Cinderella Murder erano andati al loro posto e non poteva non pensare a quello che aveva detto suo padre sul ritrovarsi in compagnia di un assassino. Si sentì percorrere da un brivido involontario. Il senso di colpa di una madre lavoratrice era l’ultima delle sue preoccupazioni.