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IL maître del Le Bernardin accolse Laurie con una calorosa stretta di mano. «Signora Moran! Ho visto il suo nome sul registro. Che piacere averla di nuovo qui.»

C’era stato un tempo in cui aveva frequentato regolarmente quel locale con Greg una volta alla settimana, lasciando Timmy alle cure di una babysitter. Ora che c’era solo lei a sbarcare il lunario e che ad accompagnarla fuori a cena era un bambino delle elementari, era più facile che i Moran optassero per un hamburger o una pizza che per i piatti sofisticati di un ristorante a tre stelle Michelin.

La cena di quella sera però era per festeggiare l’approvazione ufficiale da parte di Brett Young del nuovo special su Susan Dempsey. E gli ospiti d’onore di Laurie erano Grace e Jerry.

«Siete in tre?» chiese conferma il maître.

«Sì, grazie mille.»

«Ah», rimpianse Grace, «io speravo proprio di vedere l’adorabile Alex Buckley. Jerry mi ha detto che ha accettato di fare di nuovo da conduttore.»

«Sì, ma a pranzo oggi siamo solo in tre.»

Jerry si accordava perfettamente all’ambiente, fresco di taglio di capelli e in abito blu scuro. Ma mentre prendevano posto al loro tavolo, Laurie notò una donna che osservava Grace con occhio peggio che critico. Poteva essere per la monumentale capigliatura, il trucco pesante, i due chili di bigiotteria, la vertiginosa minigonna o i dodici centimetri di tacchi a spillo. Quale che fosse la ragione, a Laurie non piacque. La fissò fino a indurla ad abbassare lo sguardo.

«E comunque», disse rivolta all’assistente, «non credi che Alex sia un po’ troppo grandicello per te, Grace? Dieci anni più di te ce li ha tutti.»

«E da quel che vedo», ribatté lei, «ciascuno di essi lo ha reso più attraente.»

Jerry sorrise e scosse la testa, abituato alle svenevoli esagerazioni di Grace in fatto di uomini. «Abbiamo al fuoco carne più importante che la tua cotta per il nostro amico avvocato», l’apostrofò. «So che spetta a te organizzare come strutturare il programma, Laurie, ma che noi ci mettiamo a volare avanti e indietro dalla California mi sembra poco plausibile.»

Laurie ricordò l’espressione ansiosa negli occhi di Timmy quando quella mattina, a letto, le aveva chiesto quante volte sarebbe dovuta recarsi in California. Ora che aveva convinto Brett Young ad approvare il Cinderella Murder, non poteva più tornare indietro.

«Ti capisco», disse. «Se mi trovi un modo per produrre l’intero show da New York, ti eleggerò mio eroe per la vita.»

«Ah», sospirò Grace scuotendo la testa. «Sole. Oceano. Hollywood. Mandamici tutte le volte che vuoi per tutto il tempo che ti serve.»

«Io ho buttato giù una bozza di lista.» Jerry era la persona più organizzata che Laurie avesse mai conosciuto. La chiave del successo, gli piaceva ripetere, era pianificare il lavoro e lavorare sul proprio piano. «Possiamo trovare un’attrice che impersoni Susan per ricreare, tenendolo un po’ sfuocato, l’inseguimento a piedi a Hollywood Hills.»

«Se lo facciamo, dobbiamo stare attentissimi a non introdurre nessuna allusione o insinuazione su elementi di cui non abbiamo una certezza assoluta», tenne a precisare Laurie.

«Ovviamente», convenne Jerry. «Come per esempio non mostreremo l’attrice che esce di corsa dalla casa di Frank Parker. Ma noi sappiamo che il suo corpo è stato trovato strangolato al Laurel Canyon Park. E basandosi sul ritrovamento della scarpa mancante, le abrasioni al piede e le tracce nell’erba schiacciata che portavano al suo corpo, la polizia era arrivata alla conclusione che probabilmente il suo assassino l’aveva inseguita dall’entrata al parco su quel versante. È questa parte che ho pensato che potremmo ricostruire, la fuga dal cartello dell’ingresso al parco al punto in cui è stato ritrovato il suo corpo.»

Laurie lo ascoltò annuendo.

«Il vero interrogativo», intervenne Grace, «è come sia arrivata a quell’ingresso. La sua macchina era all’università.»

«Metteremo in risalto anche questa circostanza», disse Jerry. «Credo che saranno sufficienti le foto scattate durante l’indagine. E io ho già preso contatti con un patologo forense per illustrare le prove fisiche raccolte sul caso. È una donna che si chiama Janice Lane e lavora alla facoltà di medicina a Stanford. Presta spesso la sua opera di perito e ha una bella presenza.»

«Eccellente», si compiacque Laurie. «Assicurati che capisca bene che non consentiremo nessun dettaglio morboso. La madre di Susan non avrebbe certo piacere di veder trasmesse in televisione su una rete nazionale descrizioni raccapriccianti sulla morte della figlia. L’intervento della dottoressa Lane deve concentrarsi soprattutto sull’aspetto cronologico. È stata l’ora stimata della morte a favorire Frank Parker nel confermare il suo alibi.»

«Basandosi su temperatura, livore e rigor mortis…» cominciò a spiegare Jerry.

«Qualcuno è andato a sfogliare i suoi vecchi libri di testo», lo canzonò Grace.

«Fidati», rispose lui, «è tutta farina della dottoressa Lane. A sentir lei è tutto molto semplice. Comunque, basandoci sui riferimenti scientifici, il medico legale ha calcolato che Susan debba essere stata uccisa tra le diciannove e le ventitré di quel sabato sera. A casa di Frank Parker era attesa alle diciannove e trenta. Quando alle otto meno un quarto non si era ancora fatta viva, Parker ha chiamato Madison Meyer, che è saltata in macchina e si è precipitata da lui, arrivando verso le otto e mezzo. Secondo entrambi, Parker e la Meyer, Madison si è trattenuta da lui fin verso la mezzanotte.»

«E che cosa hanno fatto per tutto quel tempo?» domandò Grace. Da come aveva inarcato le sopracciglia era chiaro che aveva già una sua teoria.

«Non credo siano affari nostri», tagliò corto Jerry. «A meno che abbia a che fare con la morte di Susan Dempsey.»

«Buona questa.»

Laurie li fermò con il gesto del time-out. «Restiamo sul pezzo, per favore. Secondo Frank e Madison, la decisione di farla recitare nel suo film fu presa entro un’ora. Era così eccitato della scelta fatta che volle mostrarle lo spezzone sul quale avrebbe basato Beauty Land e illustrarle meglio il suo progetto. Non aveva ancora cenato così ordinò pizza per entrambi, circostanza confermata dalla consegna avvenuta alle nove e mezzo.»

Grace bisbigliò un grazie al cameriere che le aveva riempito nuovamente il bicchiere di acqua. «Ma se Susan è stata uccisa in un momento imprecisato tra le sette e le undici e Madison non è arrivata da Frank prima delle otto e mezzo, Parker non ha un vero alibi. Dove si trovava tra le sette e le otto e mezzo?»

«Ma non possiamo trascurare gli altri aspetti del presunto alibi di Parker», obiettò Jerry. «Susan era attesa da lui alle sette e mezzo. Ora, non sembra ci sia alcun modo perché Frank possa aver inseguito Susan, per ucciderla, riportare la sua macchina all’università e tornare a casa prima che Madison arrivasse da lui un’ora dopo. Il tutto mettendoci in mezzo anche una telefonata al cellulare di Susan e poi un’altra a casa di Madison. Se Madison dice la verità, Frank è a posto.»

«Ma a me questo alibi sembra scricchiolare lo stesso», insistette Laurie. «Mi sembra così poco credibile che Frank abbia telefonato a un’altra attrice quando erano passati solo quindici minuti dall’appuntamento a cui Susan non si era presentata e che Madison sia saltata immediatamente in macchina.»

«Solo che non è così strano», ribatté Jerry, «considerata l’ossessione di Frank Parker per la puntualità. Ha licenziato della gente per essersi presentata con cinque minuti di ritardo. Sappiamo quanto Madison tenesse a diventare famosa. Se qualcuno le avesse fatto dondolare davanti al naso il copione di un film dicendole di saltare, avrebbe chiesto a che altezza.»

Ma Grace ancora non era convinta. «Però hai anche visto che si è ritoccata il rossetto solo per venire a rispondere alla porta. Quanto tempo avrà dedicato a rendersi presentabile per Frank Parker?»

«Visto?» sbottò Laurie. «Queste sono tutte le cose che dobbiamo far emergere durante le nostre interviste preliminari. Cominceremo con una semplice riedizione della versione che avevano dato all’epoca della loro parte in questa storia. E vediamo se riusciamo a farli cadere in qualche contraddizione.»

«E quando facciamo entrare Alex?» volle sapere Grace sorridendo.

«Tu oggi non sai pensare proprio a nient’altro, eh?» l’accusò bonariamente Laurie. «Brett Young ci ha messo a disposizione un budget con cui coprire le interviste preliminari con tutti i partecipanti e quella che potremmo definire la nostra sessione riepilogativa: colloqui concomitanti, tutti nello stesso luogo. È qui che interviene Alex per gli interrogatori veri e propri, dopo che noi avremo finito di gettare le basi.»

«Per questa parte», intervenne Jerry, «avrei pensato di affittare una casa vicino all’università, un posto abbastanza grande per tutta la squadra. Risparmieremmo rispetto a un albergo e potremmo usare la casa come ambientazione per le interviste di Alex.»

Laurie aveva qualche dubbio sull’opportunità di convivere con tutti gli assistenti e i tecnici della produzione, ma dal punto di vista economico non poteva che sottoscrivere la logica di Jerry. «Direi che fin qui ci siamo», concluse. «Se non c’è altro, credo che ci siamo già meritati questo ottimo pranzo.»

Mentre il cameriere recitava a memoria la descrizione di varie portate, Laurie annuì educatamente, riflettendo tuttavia sulle mille cose che ancora c’erano da fare. Aveva promesso a Brett Young il meglio possibile per il suo show. E giusto qualche ora prima aveva dato la sua parola al figlio di nove anni che avrebbe condotto in porto tutta quanta quell’operazione senza smettere mai di essere una madre a tempo pieno.

Come mantenere entrambe le promesse?