29

ERANO passate da poco le dieci del mattino quando Laurie e Grace fermarono la macchina nel parcheggio del quartier generale della sede della REACH a Palo Alto. Il tragitto dall’albergo di San Francisco aveva fatto sembrare loro supersonica la velocità del traffico di New York. Erano arrivati in California solo il giorno prima, ma Laurie aveva già nostalgia di casa.

L’intervista con l’ex compagno d’università di Susan che aveva lavorato con lei nel laboratorio di informatica era il primo dei colloqui preliminari in vista della sessione finale fissata a Los Angeles per la settimana prossima. Cominciare dalla Baia, dove raccogliere informazioni di retroscena prima di avvicinarsi alla scena del delitto e ai possibili indiziati, era sembrata loro una buona mossa. Mentre Laurie e Grace vedevano Dwight Cook, Jerry avrebbe cercato un posto adatto nelle vicinanze della vecchia casa di Susan. L’idea era di iniziare lo special con un montaggio di fotografie di Susan alternate a scene del suo liceo e della casa dov’era cresciuta.

Uscendo dalla macchina presa a noleggio, Laurie rabbrividì. Indossava un pullover leggero di cachemire su un paio di calzoni neri ma non aveva messo la giacca. «Mi dimentico sempre quanto riesca a far freddo nella Baia.»

«Pensa un po’ a come mi sento io», brontolò Grace che indossava una camicetta di seta color verde giada con un’ampia scollatura e una gonna nera che era corta persino per lei. «Quando ho fatto i bagagli mi immaginavo il sole cocente di Los Angeles e un’abbondante dose di mojito.»

«Resteremo qui solo tre giorni. Poi potrai rifarti a Hollywood.»

Dwight Cook le accolse nell’atrio, presentandosi in un elegante completo scuro con una cravatta rosso vivo. Basandosi sulle foto che aveva visto, Laurie si era aspettata di vederlo in jeans, T-shirt, felpe con cappuccio e zip e sneaker. Si ripromise di chiedere a Jerry di suggerirgli di indossare per le riprese finali qualcosa che lo facesse sentire «il più possibile a suo agio». A vederlo com’era in quel momento, sembrava la versione adulta di un bambino nell’abito della Cresima.

Dwight fece loro strada tra gli uffici, un labirinto di lunghi corridoi variopinti tra angolini dalle forme strane. Quando furono finalmente nel suo ufficio privato, si trovarono in un ambiente assolutamente normale in confronto, con pareti grigio chiaro, pavimento in gres e arredamento pratico e moderno. L’unico tocco personale era una fotografia che lo ritraeva in muta e pinne nell’atto di tuffarsi da uno yacht in luccicanti acque turchese.

«Sub?» gli chiese Laurie.

«È forse l’unica cosa che amo più del lavoro», rispose lui. «Posso offrirvi qualcosa da bere? Acqua? Caffè?»

Lei declinò, ma Grace accettò un bicchier d’acqua. Laurie guardò sorpresa Dwight prendere una bottiglia da un minifrigo sul quale campeggiava una macchina Nespresso.

«Quasi mi aspettavo di veder arrivare un robot telecomandato», commentò con un sorriso.

«Non ha idea di quante volte mia madre mi ha chiesto di inventare Rosie, il robot casalinga dei Pronipoti. Oggi la Silicon Valley è tutta smartphone e tablet. Abbiamo progetti di compressione dati, app per i social network, tecnologia di interfacciamento logistico… mi dica lei una qualsiasi cosa che interagisca con un gadget, e probabilmente ho dentro questo palazzo qualcuno che ci sta lavorando. L’unica cosa che mi resta da fare personalmente è occuparmi della mia acqua e del mio caffè. Nicole mi ha detto che il suo programma è servito a risolvere dei vecchi casi rimasti in sospeso.»

Quella sterzata così brusca spiazzò momentaneamente Laurie, che tuttavia capiva bene come una persona del suo livello fosse abituato a una costante, massima efficienza.

«Non ci sono garanzie», rispose con prudenza, «ma lo scopo principale di Under Suspicion è rivivere le indagini svolte all’epoca gettando nuova luce su vecchi fatti.»

«Laurie è troppo modesta», intervenne Grace ravviandosi una lunga ciocca di capelli bruni. «Il nostro primo special ha portato a scoprire il colpevole mentre stavamo ancora girando.»

Laurie smussò la dichiarazione un po’ troppo presuntuosa della sua assistente. «Credo che quello che intende dire Grace sia che faremo del nostro meglio per contribuire all’eventuale soluzione del caso di Susan.»

«Laurie, le è difficile lavorare a questi casi dopo che ha perso suo marito in un atto di violenza criminale?»

Laurie si sentì presa in contropiede. Nicole l’aveva avvertita che Dwight aveva comportamenti talvolta «singolari». Non ricordava però nessuno che le avesse chiesto in maniera così esplicita quale fosse stato l’impatto personale che aveva avuto su di lei l’assassinio di Greg.

«No», rispose dopo qualche istante. «Caso mai spero che la mia esperienza faccia di me la persona giusta per raccontare questo genere di storie. Considero il nostro show come una voce messa a disposizione delle vittime che altrimenti verrebbero dimenticate.»

Lui abbassò gli occhi. «Le chiedo scusa. So che alle volte sono troppo brusco, o almeno così mi dicono.»

«Se dobbiamo essere bruschi, Dwight, tanto vale che le dica che ci sono voci che in laboratorio lei e Susan eravate rivali. In competizione per l’approvazione del professor Hathaway.»

«Qualcuno pensa che possa aver voluto far del male a Susan? Per Hathaway?»

Non c’era bisogno di dirgli che a esporre quella teoria era stato Keith Ratner durante una telefonata in cui aveva anche criticato la madre di Susan per aver sempre sospettato di lui, elencando tutte le persone che Susan aveva conosciuto come ugualmente sospettabili, Dwight Cook compreso. Nelle sue dichiarazioni Laurie aveva visto soprattutto un goffo tentativo di sviare i sospetti da sé, ma tutti quei contatti iniziali avevano appunto lo scopo di far emergere ogni possibile teoria per quando avrebbero cominciato a girare lo special. Era un buon esercizio per quando Alex Buckley avrebbe messo i protagonisti sotto il torchio.

«Non c’era di mezzo solo il vostro professore», spiegò lei, «ma proprio il lavoro che svolgevate. Dopo aver lavorato insieme nel laboratorio dell’università, avete fondato la REACH quando erano passati solo due mesi dalla morte di Susan e in poco tempo avete raccolto milioni di dollari di investimenti a sostegno del vostro innovativo programma di ricerca. Somme di quell’entità possono diventare una ragione potente per eliminare un socio scomodo.»

«No, non è andata affatto così», ribatté in tono amareggiato Dwight. Laurie si era aspettata un atteggiamento difensivo e un’esposizione seccata di fatti a dimostrazione della sua superiorità nei confronti di Susan come programmatore. Sembrava invece sinceramente addolorato. «Io più di chiunque altro non avrei mai fatto del male a Susan. Non avrei fatto del male a nessuno per una questione di soldi o altro, ma meno che mai a Susan. Lei era… era mia amica.»

Laurie si era accorta di come il tono della sua voce cambiava tutte le volte che pronunciata il nome di Susan. «Mi sembra di capire che le fosse particolarmente affezionato.»

«È così.»

«Conosce Keith Ratner, il suo ragazzo?»

«Purtroppo sì», rispose lui. «Lui non si è mai occupato molto di me, ma passava dal laboratorio per vedere Susan… quando non faceva tardi o la mandava in bianco. Mi faccia indovinare: è stato lui a insinuare che io abbia sottratto la REACH a Susan?»

«Non posso risponderle.»

«Non ce n’è bisogno. È un’ulteriore dimostrazione del suo scarso interesse per il lavoro di Susan. Non aveva la più pallida idea di che cosa facesse in laboratorio. Susan non lavorò mai ai sistemi di ricerca, che sono i soli su cui è nata la REACH. Susan sviluppava software di riconoscimento vocale.»

Laurie impiegò qualche attimo per dare un senso a quella definizione. «Sta parlando della dettatura in formato digitale?» domandò poi. «È quella che uso per dettare le mie e-mail.»

«Proprio quella. Se ha dei dubbi, possiamo eliminarli seduta stante.» Compose un numero al telefono. «Ci sono qui quelli di Under Suspicion. Puoi fare un salto?»

Un minuto dopo entrò in ufficio un bell’uomo di mezza età. Vestiva casual in camicia scozzese e calzoni sportivi, ma era un abbigliamento che gli si addiceva, con quell’abbronzatura e quella folta e mossa capigliatura bruna. Si presentò come Richard Hathaway.

«Si stava parlando del lavoro che svolgeva Susan con lei all’UCLA», spiegò Laurie.

«Che spreco imperdonabile. So che il mio sembra cinismo e me ne scuso. Qualunque perdita di una giovane vita è uno spreco insopportabile. Ma Susan era geniale. Non era di quelle che sta giorno e notte alla tastiera come certi programmatori.» Rivolse un sorriso a Dwight. «Era creativa. La sua capacità di legare socialmente, un aspetto della personalità che manca ad alcuni di noi fanatici di computer, l’aiutava a collegare la tecnologia alla vita reale.»

«Io esco un momento», annunciò Dwight. «La signora Moran ha qualcosa da chiederti.»

Dopo che Dwight fu uscito, Laurie chiese all’ex professore se Susan stesse lavorando a qualche progetto particolare.

«Sarà opportuno che le spieghi come dirigevo il mio laboratorio. L’informatica può essere un’attività molto solitaria, così i miei assistenti ricercatori fungevano principalmente da docenti per i miei corsi introduttivi. Aiutavano anche in settori circoscritti del mio lavoro personale, che all’epoca consisteva in software pipelining, una tecnica per sovrapporre sequenze di istruzioni cicliche. Ma naturalmente lei non ha idea di che cosa voglia dire, vero?»

«Infatti.»

«Ed è del tutto giustificato. È un metodo di ottimizzazione di un programma che può interessare solo le persone che scrivono codici. Quello che facevo io era selezionare studenti i cui progetti indipendenti nel primo anno di università mi sembravano più promettenti. Susan si occupava di riconoscimento vocale, quello che noi chiamiamo comunemente dettatura. Negli anni Novanta era a livelli molto rudimentali, ma Steve Jobs non avrebbe mai potuto offrirci il Siri prima che fosse svolto il lavoro di base sul riconoscimento vocale. Se non fosse morta… mah, chi può sapere?»

«Non lavorò mai con Dwight alla REACH?»

«La REACH non esisteva ancora. Ma lei e Dwight lavoravano gomito a gomito, se è quello che intende. Anche se però il lavoro di Dwight era di tutt’altro genere. Come probabilmente sa già, la REACH lanciò un nuovo sistema per individuare informazioni in rete quando Internet si chiamava World Wide Web. No, tutt’altra area di quella di cui si interessava Susan.»

«Professore…»

«La prego, va benissimo Richard. Ho smesso da molto tempo la mia attività accademica e anche allora non gradivo molto i titoli.»

«Strano ritirarsi così giovane.»

«E mi sono ritirato già da un pezzo. Ho lasciato l’università per aiutare Dwight a metter su la REACH. Si figuri uno studente del secondo anno di università che deve tenere a bada capitani d’industria desiderosi di un abboccamento. So riconoscere il genio quando mi capita sott’occhio e volevo mettermi a sua disposizione a tempo pieno mentre lui insisteva nel voler finire gli studi… per far contenti i suoi, se riesce a crederci. Io all’epoca pensavo che passare nel settore privato sarebbe stata per me solo una pausa temporanea e invece eccomi qui, a vent’anni di distanza.»

«È bello che voi due andiate così d’accordo.»

«Le sembrerò un po’ troppo sentimentale, ma la verità è che io non ho figli. E Dwight… be’, sì, andiamo molto d’accordo.»

«Ho l’impressione che Dwight potrebbe essere più a suo agio con Alex Buckley, quando verrà intervistato dal conduttore del nostro show, se avrà accanto un vecchio amico come lei.» Quello che intendeva era che in televisione Hathaway sarebbe risultato assai meglio di una persona poco duttile come Dwight Cook. «È possibile chiederle di unirsi a noi quando gireremo a Los Angeles? Attualmente ci proponiamo di trovare una casa adatta nei pressi dell’università.»

«Nessun problema», disse lui. «A vostra disposizione.»

Già quando l’aveva ascoltata la prima volta, l’insinuazione di Keith Ratner che ci fosse rivalità professionale tra Susan e Dwight le era sembrata un po’ fantasiosa. Adesso veniva confutata sia da Dwight, sia dal professor Hathaway. Laurie avrebbe cercato conferma da Rosemary e Nicole che Susan non avesse mai avuto screzi con Dwight, perché era essenziale seguire fino in fondo ogni pista possibile.

Ma l’istinto le diceva che le risposte concrete al mistero della morte di Susan le avrebbe trovate solo a Los Angeles.