L’INDOMANI mattina Laurie emerse dal furgone davanti alla casa di Nicole Melling. Su quel lato del Golden Gate la temperatura era cinque gradi più alta di quella che aveva affrontato mezz’ora prima uscendo dall’albergo nel centro di San Francisco.
Jerry guardò il panorama lasciandosi andare a un fischio di ammirazione. «Mi sa che a New York non ci torno più.»
La casa si trovava in cima a un contrafforte che dominava la città, ai margini del Sorich Ranch Park. Si spaziava con lo sguardo su tutta la Ross Valley fino alle due montagne boscose, il cui verde compatto delle fronde era interrotto solo dalla precoce fioritura del sanguinello.
Laurie sentì aprirsi lo sportello posteriore del furgone e guardò la sua assistente riuscire a scendere con sufficiente grazia nei legging fascianti e stivali alti con i tacchi a spillo. «Caspita», commentò Grace, seguendo la direzione dello sguardo degli altri due. «Quasi quasi riesco persino io ad apprezzare la natura.»
«Si stenta a credere che siamo a non più di trenta chilometri dalla città», disse Laurie.
Jerry diede un colpetto di gomito a Grace, che stava armeggiando con il suo iPhone. «Vedo che il tuo amore per la natura non è durato molto», la canzonò.
«Ti sbagli», si difese lei indignata. «Stavo facendo una ricerca.» Gli mostrò lo schermo su cui c’era un’immagine di un particolare del panorama che stavano ammirando. «Quelli sono la Bald Hill e il Mount Tamalpais», dichiarò con qualche difficoltà nel pronunciare i nomi. «Per tua informazione, secondo Zillow, questa casa vale…»
Jerry le alzò davanti agli occhi un dito indice di rimprovero. «No! È già abbastanza grave che tu vada a sfrugugliare in Internet su tutte le persone che incontri, ma io voglio restarne fuori. Se non lo sai, Laurie, ieri ha trovato un sito che si chiama Chi Esce Con Chi e grazie a questa sua bella scoperta, per tutto il tempo che ho dovuto star lì ad aspettare la consegna dei bagagli sono stato costretto a sentirmi snocciolare i nomi di tutte le svampite che sono cascate nella rete di Frank Parker prima che si sposasse.»
«Ma Jerry, guarda che tu hai sentito solo pochi nomi. Quella lista era così lunga, che avremmo potuto tenerci occupati fino al check-in in albergo.»
Jerry non aveva finito le sue lamentele. «E a proposito dei bagagli, credi di essere riuscita a portare abbastanza roba, Grace? Perché io ce l’ho fatta con una sola borsa.»
«Non prendertela con me adesso!» protestò Grace. «È stata tutta colpa di tuo padre, Laurie. Non so cosa gli ha preso di voler portare la pistola. Trasportare armi da fuoco da New York alla California significa controllo dei bagagli. Dunque, sì, caro Jerry, credo che se avessi potuto fare fino in fondo a modo mio, avrei potuto portare anche tutte le mie scarpe preferite.»
Laurie scosse la testa e rise. Jerry e Grace costituivano una squadra professionalmente impagabile, ma certe volte le sembrava che meritassero un reality show tutto loro sul costante scontro tra le loro personalità.
«Mio padre non gira armato per diletto, Grace. Quando si è poliziotti una volta, lo si è per sempre e non riuscirebbe a chiudere occhio se non avesse la sua pistola nel cassetto del comodino. E adesso vediamo di concentrarci sulla ex coinquilina di Susan. E su quello che forse ha tenuto nascosto fino a oggi.»
All’interno la casa di Nicole Melling era non meno perfetta del panorama che la circondava. Nicole li accolse in un’anticamera luminosa tra oggetti d’arte contemporanea dai colori sgargianti. Anche Laurie aveva fatto le sue ricerche in Internet e aveva scovato una sola fotografia di Nicole. Oltre a quella aveva soltanto un paio di foto dell’annuario del liceo che Jerry era riuscito a recuperare a Irvine, la città natale di Nicole, e la sua foto del primo anno all’UCLA. Anche nella sua foto da universitaria, Nicole non dimostrava più di quattordici anni.
La persona che le stava davanti in quel momento però era completamente diversa da come se l’era aspettata. Non che Nicole fosse invecchiata male. La versione adulta era di gran lunga più attraente della ragazzina lentigginosa e poco appariscente che si vedeva in vecchie foto. L’aspetto però era completamente diverso. I capelli biondi che le scendevano oltre le spalle erano ora tagliati all’altezza del collo e color castano scuro. Poteva averlo fatto forse solo per le telecamere, comunque quel giorno era anche truccata in maniera alquanto vistosa, con abbondante uso di eyeliner. Ma a colpire era forse soprattutto l’atteggiamento di sicurezza in se stessa che mancava completamente nelle foto di quand’era giovane.
«Nicole», esordì Laurie porgendole la mano, «grazie mille per aver accettato di partecipare a Under Suspicion. Rosemary mi ha parlato dei rapporti di stretta amicizia che c’erano tra te e Susan ai tempi dell’università.»
«Era molto protettiva nei miei confronti», rispose in tono sommesso Nicole. Li fece entrare in un grande soggiorno con una vista spettacolare sulla valle.
Furono interrotti dall’arrivo di un uomo in una morbida camicia Oxford e calzoni sportivi. Aveva un po’ di pancetta e cominciava a stempiarsi, ma il suo sorriso era accattivante. Laurie ebbe l’impressione di cogliere un lieve aroma di sapone.
«Buongiorno a tutti. Ho pensato di dover almeno offrirvi un saluto. Io sono Gavin, il marito.»
Laurie si alzò per stringergli la mano. «Non doveva certo disturbarsi a prendere la giornata di libertà solo per noi», disse.
«Oh, ma io lavoro in casa, ho il mio ufficio qui sopra», rispose lui indicando le scale.
«Gavin si occupa di finanza», spiegò Nicole. «La sua agenzia è in città, ma se non deve incontrare nessuno, lavora da qui.»
«Una bella fortuna», commentò Laurie. «Anche lei è stato all’UCLA? È così che vi siete conosciuti?»
«Oh, no. Io ero a Harvard e poi ho lavorato in una start-up a San Francisco, una delle prime a mettere i clienti in condizioni di comprare e vendere azioni on-line senza passare attraverso un broker. Ho conosciuto Nicole in un bar.»
Sua moglie alzò gli occhi al cielo in segno di frustrazione. «Sai che non mi piace quando dici così. Dà una brutta impressione di me.»
«Quel che è peggio è che mi ha perdonato la sciagurata battuta con cui ho cercato di attaccare con lei. Le ho chiesto se aveva un cerotto perché mi ero sbucciato un ginocchio prostrandomi davanti alla sua bellezza.»
Laurie finse un gemito. «Oh, ma è terribile.»
«Sottoscrivo», ribatté Gavin. «Ma lo era volutamente. C’è una differenza.»
«Per la precisione», intervenne Nicole, «così è stato quando ci siamo visti per la prima volta. Ho rimpianto di avergli dato il mio numero di telefono, però poi abbiamo cominciato a frequentarci come si deve.»
«E che cosa ti ha spinto a trasferirti a San Francisco dopo l’università?» domandò Laurie. Sapeva che Nicole aveva abbandonato gli studi dopo il secondo anno e riteneva che fosse per quello che era successo a Susan. Non smetteva mai di restare meravigliata dal modo in cui tanto spesso la morte di una persona modificava completamente la vita di altre.
«All’inizio l’intenzione era di andare a Stanford o Berkeley, così immagino che mi sentissi già attratta comunque dalla California settentrionale. Basta vedere il panorama che si gode da qui.»
La sua giustificazione era valida esteticamente, ma poco convincente. «Dunque hai continuato gli studi qui?» volle sapere Laurie.
«No.» Nicole scosse la testa e non aggiunse altro.
«Vedi», riprese allora Laurie, «è difficile non notare quante persone tra quelle che avevano rapporti più stretti con Susan abbiano abbandonato gli studi. Ci sei tu, ci sono Madison Meyer e Keith Ratner.»
«Bisognerà chiedere a loro. Io penso che non sia insolito che degli attori sospendano gli studi quando cominciano a lavorare regolarmente. E non dimentichiamo che Madison ebbe quella parte in Beauty Land. Quanto a me, credo che la morte di Susan mi abbia fatto capire quanto breve sia la vita.»
«Senti ancora Madison o Keith?»
Nicole fece segno di no.
Laurie aveva l’impressione che l’argomento la mettesse a disagio e decise di affrontarlo da un’altra angolazione. «Dunque, quando il signor Rimorchio qui presente ti ha lanciato quell’esca così allettante, eri ancora nuova di questa zona, vero?»
Gavin fu l’unico a ridere. «Diciamo pure che era appena scesa dal treno. E molto nervosa. Ha confessato di avermi dato il suo numero di telefono, ma non le ha detto che mi diede anche un nome falso.»
«No», esclamò Laurie. «Davvero? E perché mai?»
Nicole diede altri segni di disagio cambiando posizione sul divano. «Dio mio, non pensavo che ci saremmo messi a parlare proprio di questo. La verità è che ero entrata in quel bar dando un’identità falsa. Non volevo che il barista mi sentisse usare un nome che non rispondeva a quello che c’era sulla patente che gli avevo mostrato. E comunque non credo di essere la prima donna che dà un nome falso a uno sconosciuto che cerca di rimorchiarla in un bar.»
«Certo che no», convenne Laurie. Ma di solito al nome falso si abbina un numero di telefono altrettanto falso. Quante volte lei stessa, prendendo a prestito le parole di una vecchia canzone, aveva scritto JENNY, 867-5309 sulla bustina di fiammiferi di qualche playboy un po’ brillo?
«In ogni caso», riprese Gavin, «fu amore quasi a prima vista. Ci siamo sposati sei mesi dopo esserci conosciuti.»
Nicole sorrise e gli posò una mano sul braccio. «Come ho detto, la vita è breve.»
«Non mi ero reso conto che Susan fosse il motivo di tanta fretta», commentò Gavin. «Per la verità Nicole non mi aveva mai detto che abitava con Susan fino a quando non ci siamo imbattuti in Rosemary, sua madre, in una di quelle enormi mangiatoie a Chinatown. Ti ricordi, cara?»
Nicole sollevò le sopracciglia ma non disse niente.
«Sì che te le ricordi», insistette suo marito. «In tutto quel baccano di tavoli affollati e carrelli di cibo, ho sentito qualcuno che ti chiamava. ‘Nicole! Nicole Hunter!’ Questo è il suo cognome da nubile. Dopodiché arriva di corsa Rosemary e quasi stritola mia moglie in un abbraccio. Così naturalmente le ho chiesto chi diamine fosse. Fu allora che mi disse che era stata compagna di stanza della vittima del Cinderella Murder.»
«Non era un argomento di cui mi piaceva parlare», dichiarò Nicole. «E non lo è adesso.»
«Comunque fui io ad andare al tavolo di Rosemary e a pretendere che ci desse un colpo di telefono.»
Ascoltando Rosemary, Laurie aveva avuto l’impressione che Susan e Nicole fossero grandi amiche, ma adesso veniva a sapere che all’inizio Nicole non aveva parlato al marito dell’omicidio di Susan e non aveva avuto più alcun contatto con la madre di Susan fino a quando non era intervenuto Gavin.
Rosemary l’aveva avvertita che Nicole sarebbe stata probabilmente reticente e le sarebbe persino sembrata un po’ altezzosa. Ma seduta lì nel suo soggiorno a guardare il sorriso formale della padrona di casa, Laurie si sentì sicura che la presunta miglior amica di Susan le stesse mentendo.