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«UH, mamma! Questa colazione è enorme come quella che ci hanno dato in quell’albergo ad Aruba.»

La vacanza ad Aruba l’inverno precedente aveva festeggiato il successo del primo episodio di Under Suspicion. Da allora a Laurie sembrava di non aver smesso per un solo attimo di lavorare.

Posò una mano sulla spalla di Timmy mentre passava in rassegna con lo sguardo l’infinita varietà di scelta che offriva la prima colazione esposta sulla gigantesca isola al centro della cucina. Aveva accolto con scetticismo l’idea di Jerry di alloggiarli tutti sotto lo stesso tetto a Los Angeles, ma con Brett che già si lamentava dei costi dello show, non aveva potuto che accettare la proposta del suo assistente che abitassero nella stessa casa dove avrebbero filmato la sessione finale.

Naturalmente non aveva previsto che la casa di Bel Air fosse un palazzo di quelle dimensioni. Né che ciascuno di loro, Jerry, Grace, Laurie, Timmy, Leo e Alex, avrebbe goduto di una stanza privata con annesso bagno personale e un letto matrimoniale con le lenzuola più morbide del mondo. E quella mattina, quando si erano svegliati, si erano trovati al cospetto di una luculliana prima colazione premurosamente fatta recapitare a domicilio da Jerry.

«Posso prendere un bagel?» chiese Timmy avvicinandosi all’assortimento esposto su un vassoio.

«Vedi di non toccare tutto quello che c’è, da bravo», lo ammonì lei. I bambini di nove anni non si preoccupano dei germi. «E naturalmente puoi prenderne uno.»

«E posso prendere anche burro, formaggio da spalmare, salmone affumicato e macedonia?»

«Puoi. Vedi solo di lasciare abbastanza anche per gli altri.»

«Vuoi dire che non mi devo ingozzare come un maiale.»

«Proprio così.» Da dove aveva preso quell’espressione?

Stava guardando Timmy spalmarsi formaggio su un bagel ai semi di papavero, quando entrò Jerry. Era vestito casual come sempre, con una polo gialla e un paio di calzoni leggeri color blu scuro. Aveva i capelli ancora umidi di doccia.

«Oh, ottimo. Vedo che sono già venuti a consegnare.»

«Sai che non filmiamo niente oggi qui, vero?» gli ricordò Laurie. «Abbiamo il nostro colloquio preliminare con Keith Ratner.»

«Lo so, ma far portare il cibo non costa molto di più che andare a far colazione al ristorante. Inoltre guadagniamo tempo. Verranno loro a portare tutti e tre i pasti quotidiani, incluso il servizio di pulizia, a meno che sia io ad avvertirli altrimenti. E mi sono detto: perché non trattarci da gran signori questa prima mattina? E poi abbiamo risparmiato così tanto per la casa, che possiamo permettercelo.»

Lei si guardò intorno. Attiguo alla cucina c’era un enorme soggiorno con tanto di caminetto e tre diverse zone conversazione. Intorno al tavolo della sala da pranzo si stava tranquillamente in sedici. Come se non bastasse, attraverso i vetri si vedeva luccicare nel sole l’acqua della piscina.

«Mi riesce difficile credere che questa casa rientri nel budget che ci ha fissato Brett Young.»

«Ci entra per il semplice fatto che è gratis», annunciò Jerry con soddisfazione.

«Scusa?»

«Hai sentito bene. Quando ho telefonato a Dwight Cook per fissargli un appuntamento per il colloquio, gli ho detto che stavamo cercando una casa che doveva essere nelle vicinanze dell’università dove tenere la sessione finale del programma. Così è saltato fuori che aveva comprato questa villa per i suoi genitori quando la REACH era decollata finanziariamente. Un paio d’anni fa i suoi decisero che preferivano un posto più piccolo, su un solo piano. Suppongo che non la venda per una di quelle questioni fiscali che non sono abbastanza ricco da poter capire. Ha una persona che se ne occupa e l’affitta per set cinematografici e cose del genere. Noi però l’abbiamo avuta gratis. Sei arrabbiata?»

«Per il fatto che la casa ci sia stata messa a disposizione dall’uomo che collaborava con Susan al laboratorio dell’università?»

Jerry annuì. «Probabilmente avrei fatto meglio a discuterne con te, ma ho pensato che avevi già abbastanza da fare per conto tuo senza doverti occupare anche di questo genere di dettagli.»

Non aveva avuto tempo nemmeno per respirare, però non le sarebbe dispiaciuto sapere che stavano ricevendo aiuto da Dwight Cook. Non era sicuramente la prima volta che qualcuno coinvolto in un caso dava loro una mano. Per il Graduation Gala avevano girato tutto lo show a casa del marito della vittima. Il quale aveva persino pagato di tasca propria un supplemento ai partecipanti per garantirsi la loro presenza. Non di meno, come giornalista la circostanza la metteva un po’ a disagio.

Jerry aiutò Timmy a riempire un bicchiere di spremuta d’arancia. «Ho pensato che non ci fosse niente di male dato che Dwight non è nemmeno tra i sospettati. Era amico di Susan e, ammettiamolo con tutti i soldi che ha non è che ha da perderci qualcosa se occupiamo la sua casa vuota. E poi con Graduation Gala…»

«È tutto a posto, Jerry. Non c’è bisogno che mi spieghi. Al posto tuo avrei preso la stessa decisione. Sarà solo necessario chiarirlo durante lo show.»

Se avesse concesso a Jerry di prendere più spesso decisioni in autonomia, ne avrebbe tratto vantaggio anche il suo lavoro.

«È una gran bella casa questa», commentò Timmy posando il bicchiere da cui aveva bevuto. «Grazie di avercela trovata, Jerry.»

«Mamma mia, se tu potessi imbottigliare tutta quella generosità da vendere al dettaglio, potresti diventare anche più ricco di Dwight Cook.»

Sentendo un rumore di passi, Laurie si girò e vide entrare in cucina suo padre con Alex Buckley.

«Cos’è tutto questo?» tuonò Leo.

«La colazione che ci ha portato Jerry!» gridò felice Timmy.

«Meglio ancora», lo corresse l’assistente di Laurie. «Jerry ha preso qualcuno che ci ha portato la colazione.»

Alex le diede un veloce bacio di saluto sulla guancia e andò dritto a versarsi del caffè. Aveva in mano un iPad sul quale, come sapeva anche Laurie, avrebbe letto le notizie riportate dal New York Times. La sera prima era arrivato troppo tardi per poterla salutare subito.

Timmy saltò giù dalla sua sedia per illustrare il buffet ad Alex e a suo nonno. Guardandoli insieme, Laurie sorrise involontariamente, ancora sensibile al tepore del bacio di Alex sulla guancia.

S’affrettò a distogliere lo sguardo per indirizzarlo sul posto rimasto vacante a tavola. «Dunque siamo tutti qui eccetto Grace», riassunse. «Sarà ancora in camera a farsi capelli e trucco.»

«Per la verità sono stato io a dirle che poteva dormire un po’ di più», la giustificò Jerry.

«Oggi dobbiamo vedere Keith Ratner.» Laurie consultò l’orologio. Sarebbero dovuti uscire di lì a non molto. «Vorrà dire che ricontrolleremo la strategia per la strada. Rosemary è sempre stata convinta che Keith c’entrasse in qualche modo.»

«Lo so, è una figura importante. Ma è anche una persona che ha un debole per le celebrità quasi quanto Madison Meyer. Per questo ho pensato che sarebbe meglio se ci andassi con Alex invece che con me e Grace. Posto naturalmente che vada bene ad Alex.»

Alex alzò gli occhi dal suo iPad. «Non mi definirei una celebrità, ma sono pronto a fare come Laurie preferisce.»

Un altro punto a favore di Jerry. Aveva ragione. Alex avrebbe probabilmente messo in soggezione Keith Ratner e tanto valeva approfittarne. «Alex, se per tutti questi anni Keith ha tenuto nascoste informazioni sulla morte di Susan, credo che nessuno come te possa riuscire a strappargli qualcosa.»

«Non so, Jerry», rispose in tono faceto Leo. «A me sembra che tu stia cercando di ritagliarti una giornata libera.»

«Assolutamente no, signor Farley», protestò lui agitando il foglio con il suo programma per quel giorno. «Io e Grace abbiamo già tutta la giornata piena in previsione della sessione finale della prossima settimana.»

Laurie sorrise. «Papà, posso assicurarti che Jerry ha abbastanza carne al fuoco per conto suo. E a questo proposito, Alex, è ora che ci mettiamo in marcia. Jerry, puoi cancellare almeno una telefonata dalla tua lista. Penseremo noi a spiegare a Keith dove dobbiamo incontrarci la prossima settimana per la grande riunione davanti alle telecamere.»