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LAURIE non si era aspettata di sentirsi fresca come un fiore l’indomani mattina, ma nemmeno di sentirsi uno zombie. Durante la notte si era svegliata ogni venti minuti rivedendo Jerry che veniva disteso sulla lettiga dagli infermieri.

Anche Alex doveva aver avuto una nottataccia. A bordo del furgone di servizio parcheggiato davanti a quella che era stata un tempo l’abitazione di Frank Parker, una truccatrice gli stava ritoccando gli occhi. «Ho la faccia di uno reduce da una sbornia», aveva detto a Laurie e non aveva tutti i torti.

Per l’occasione, oltre alla troupe di Under Suspicion per le riprese, c’erano solo loro due. Jerry era ovviamente in ospedale in quello che i medici definivano educatamente «stato comatoso». Grace era rimasta a casa a tenere occupato Timmy mentre Leo passava in rassegna le registrazioni delle telecamere di sorveglianza arrivate dalla polizia dell’Alameda County. Se avessero trovato un nesso tra l’uccisione di Lydia Levitt e l’intrusione nella villa di Bel Air, avrebbero forse individuato l’aggressore di Jerry. Laurie era quasi certa che l’eventuale responsabile fosse anche l’assassino di Susan.

Al momento lo scopo principale era stabilire con precisione i movimenti di Frank Parker la sera in cui era stata uccisa Susan. Le versioni date da Parker e Madison collimavano, ma ora che Madison aveva accennato ai problemi meccanici dell’automobile di Susan prima della sua morte, c’era un nuovo dato da aggiungere al quadro generale.

Laurie osservò un cameraman indietreggiare sul suo carrello per filmare Alex e Frank che camminavano fianco a fianco. Erano arrivati alla curva della strada dove si trovava l’ingresso del Laurel Canyon Park dal Mulholland Drive, il punto esatto dove era stato rinvenuto il corpo di Susan. Laurie stava vivendo emozioni particolarmente forti. Non poteva evitare di pensare al campo giochi dove era stato ucciso Greg. Quando sentì che correva il rischio di cedere, si costrinse ad alzare gli occhi verso il cielo e a concentrarsi sui rami del gigantesco sicomoro che li copriva con le sue fronde.

Quando si fu calmata, tornò a osservare il cameraman che riprendeva ancora Alex e Frank. Ora i due uscivano dal parco e tornavano verso l’ex abitazione del regista. Ufficialmente la passeggiata era servita per definire l’ambientazione principale dello show, ma Laurie e Alex avevano avuto anche un altro fine, quello cioè di stabilire quanto breve fosse la distanza che separava il luogo dov’era stato trovato il cadavere dalla casa di Parker. Poche centinaia di metri.

Come programmato, Alex e Frank entrarono nel giardino della casa dove, grazie al permesso del proprietario attuale, erano state disposte due sedie. Una volta accomodatosi, Alex controllò distrattamente l’orologio. «Dal posto dove è stata uccisa Susan a qui abbiamo impiegato solo dieci minuti e credo di poter affermare con sicurezza che non eravamo esattamente di fretta.»

Frank gli rivolse un sorriso bonario. Nel breve tempo che aveva trascorso con Alex, il regista aveva già stabilito un cameratismo che risultava con evidenza nella ripresa. «Tu non mi crederai, Alex, ma avrei potuto darti il numero preciso dei minuti senza nemmeno guardare l’orologio. Io ho un cronometro interiore che non smette mai di funzionare e in qualsiasi momento sono in grado di darti l’ora esatta, con uno scarto da uno a tre minuti. È una piccola peculiarità di poco conto, ma ho l’impressione che non hai fatto la tua osservazione a casaccio.»

«Susan Dempsey abitava in università, a quindici chilometri da dove è stata uccisa. Questa casa dove abitavi tu era invece a soli dieci minuti a piedi. O forse cinque minuti se uno scappava correndo da casa tua in preda al terrore. E la sera dell’omicidio Susan doveva venire da te. Capirai anche tu che è difficile non avere dei sospetti su di te.»

«Sicuro che capisco. Se quando all’inizio hanno cominciato a interrogarmi avessi pensato che gli inquirenti si stessero comportando in maniera irragionevole, avrei assunto una squadra di avvocati e mi sarei rifiutato di avere a che fare con l’indagine. Ma non è così che mi sono comportato, vero? Basta chiedere a uno qualunque dei detective che si sono occupati del caso. Confermeranno che ho collaborato fin da subito. Semplicemente perché non avevo motivo di non farlo. Quando mi hanno detto che avevano trovato Susan morta, per me è stato uno choc, è ovvio. E soprattutto quando mi hanno detto dove l’avevano trovata. Per quella sera ho dato un resoconto meticoloso di tutti i miei movimenti. Hanno convalidato le mie dichiarazioni e la mia partecipazione a questa storia sarebbe dovuta finire lì.»

«Ma non è così che è andata. Il tuo nome viene invece costantemente associato al caso del Cinderella Murder.»

«Senti, sarebbe tutto più facile se potessi prendere un magico siero della verità in maniera che la gente possa finalmente credermi, ma mi rendo conto della situazione. Una giovane donna brillante e di talento ha perso la vita e la sua famiglia non ha mai ottenuto la giustizia che merita e si vede negato il diritto di mettersi il cuore in pace. Quindi non mi sono mai aspettato che qualcuno provasse compassione per me. La vittima è lei, non io.»

«Rivediamo un attimo la versione che avevi dato alla polizia.»

«Susan doveva presentarsi qui alle diciannove e trenta e non si fece vedere. Il suo agente l’aveva sicuramente avvertita che io non tollero assolutamente ritardi da parte di chi lavora per me e anche di chi si candida a farlo. Se è vero che il tempo è denaro, è particolarmente vero nel mondo del cinema. Dopo che ho aspettato un quarto d’ora senza che si facesse viva, ho chiamato Madison, che era la mia seconda scelta, per sentire se era interessata. Dev’essersi precipitata qui, perché è arrivata alle venti e trenta. Ed è andata via poco prima di mezzanotte. Anzi, ricordo che disse: ‘Mamma mia è quasi mezzanotte e non me ne sono neanche accorta’.» La versione di Parker corrispondeva minuto per minuto a quanto affermato da Madison.

«E avete ordinato una pizza», gli ricordò Alex.

«Sì, la pizza. Il mio ordine è stato registrato alle ventuno e ventisette minuti e la pizza è stata consegnata alle ventuno e cinquantotto. Si può controllare. Sai che da Tottino’s c’è ancora una copia della ricevuta della mia ordinazione appesa in cornice in negozio? Hanno avuto almeno l’accortezza di cancellare il mio indirizzo.»

«E che aspetto aveva Madison quando è arrivata a casa tua?» domandò Alex. Avevano pianificato questa domanda alla luce delle contraddizioni in cui era caduta Madison quando aveva sostenuto che la sera dell’assassinio di Susan si era sentita poco bene.

«Che aspetto aveva? Da un milione di dollari. Il ruolo che avevo per lei richiedeva una ragazza di bellezza assoluta ed era perfetta per la parte.»

Mentre sorrideva tra sé, Laurie fu colpita dall’espressione imperterrita mantenuta da Alex.

«Il medico legale ha stimato che la morte di Susan debba essere avvenuta tra le diciannove e le ventitré. Era attesa qui alle diciannove e trenta. Tu e Madison avete entrambi dichiarato che quest’ultima arrivò qui alle venti e trenta. Si è sempre pensato che tu non potessi aver ucciso Susan, telefonato a Madison, riportato la macchina di Susan al campus e tornato a casa in tempo per riceverla al suo arrivo.»

«Non ho ancora trovato il modo di destreggiarmi nel traffico di Los Angeles a velocità ipersonica.»

«Ma dalle nostre ricerche è emersa una nuova discrepanza in questa cronologia», riprese Alex. «Abbiamo saputo che prima della sua morte la macchina di Susan aveva dei problemi meccanici, quindi è possibile che per presentarsi all’audizione da te si fosse fatta accompagnare da qualcuno. In questo caso avresti potuto avere uno scontro violento al momento del suo arrivo ed essere a casa prima che arrivasse Madison.»

«Se mi presentassi in uno studio cinematografico con la storia di un colpevole che organizza un appuntamento con una ragazza alle sette e mezzo, poi telefona al suo dormitorio alle sette e tre quarti e poi per qualche ragione insegue la vittima in un parco e la fa fuori verso le otto e mezzo, verrei cacciato via a suon di risate. Alex, tu sei uno dei migliori penalisti d’America. Ti sembra plausibile una ricostruzione del genere?»

Laurie guardò Frank sorridere sullo schermo. Sapeva l’effetto che avrebbe fatto quando quella sequenza fosse stata mandata in onda. La posizione del regista restava ambigua, ma aveva segnato un punto a suo favore. Se nessuno fosse riuscito a scalfire il suo alibi, Frank era scagionato. E finora tutto confluiva a sostenere la sua versione: i tabulati telefonici, le dichiarazioni di Madison, la ricevuta della pizza.

Eppure quella sensazione di disagio che si suole definire di pancia impediva a Laurie di accettare senza riserve quella ricostruzione che le sembrava fin troppo perfetta. Che cosa le sfuggiva?