TALIA indugiò ai margini del giardino nell’elegante vestito bianco attillato scelto con tanta cura chiedendosi perché si fosse data tanto disturbo. Quella era la loro prima casa, davanti alla quale Frank chiedeva sempre di passare al loro autista quando aveva alzato troppo il gomito e aveva voglia di ricordare i tempi in cui erano più giovani e spensierati. Ora doveva valere un paio di milioni di dollari, ma in confronto alle loro abitazioni attuali, cinque in tutto, la si poteva definire una baracca.
Perché le era venuto da credere che i produttori di Under Suspicion avrebbero chiesto la sua opinione? Lei era un’estranea. Quando sui giornali si scriveva di Frank, poteva capitare al meglio che in un articolo si ricordasse che lo scapolo d’oro di un tempo era ormai sposato da una decina d’anni. Mai però che si facesse il nome della moglie, o che era stata lei a tenere il discorso di commiato alla consegna delle lauree dell’Indiana University, che era una provetta pianista e cantante e che prima di innamorarsi di Frank aveva avuto una quasi promettente carriera da attrice.
E anche se quella parte della sua vita professionale era rimasta incompiuta, sapeva abbastanza del mondo dello spettacolo da riconoscere che in quel momento, rispondendo alle domande di Alex Buckley, suo marito non stava precisamente bucando lo schermo. Sì, aveva messo a segno un punto, magari anche due, sottolineando quanto fosse ridicola la teoria di Alex: come poteva aver deciso di uccidere Susan, compiuto il delitto ed essere di ritorno in tempo a casa per rispondere alla porta in meno di un’ora? Però aveva ricordato contemporaneamente anche quei criminali che nei brutti film sogghignano per averla fatta franca con quell’aria da: «Peggio per te se non hai nessuna prova».
In parole povere, Frank aveva messo in risalto la mancanza di prove contro di lui ma non aveva proposto nessuna teoria alternativa a proprio discapito. Aveva riaffermato la sua versione, ma non aveva dato alcun contributo allo show con nuove ipotesi.
Talia guardò i tecnici caricare la loro attrezzatura sul furgone. Era evidente che l’operazione non aveva il sostegno di un budget di rilievo. Perché, oh, perché Frank aveva voluto partecipare? Gli sarebbe stato così facile dire di essere troppo occupato.
Sistemata l’attrezzatura, la troupe era pronta ad andarsene. Alex Buckley e Laurie stavano ringraziando di nuovo Frank per la chiacchierata. Presto sarebbero ripartiti.
Avrebbe mancato la sua occasione. Come poteva contattarli senza che Frank la vedesse?
Proprio mentre Alex e Laurie si avviavano verso la Land Cruiser nera parcheggiata in strada, dalla stazione mobile dello studio di Frank, uscì Clarence, la sua segretaria, che copriva con una mano il microfono del suo cellulare. «Frank, ho qui Mitchell Langley di Variety. È tutto il giorno che ti cerca. Gli ho detto che la voce secondo cui Bradley vuole mollare è infondata, ma vuole sentirlo dalla tua voce.»
Talia sentì Frank salutare per un’ultima volta quelli della TV prima di salire a bordo del suo trailer con Clarence. A quel punto raggiunse Laurie e Alex in fondo al vialetto.
«Mio marito è stato fin troppo prudente.»
Quando i due si girarono al suono della sua voce, fu come se la vedessero per la prima volta. A quarantadue anni, Talia sapeva di essere ancora molto bella, con gli zigomi alti, gli occhi verdi da gatta, e i lunghi capelli mossi, biondo scuro.
«Scusi, signora Parker», rispose con qualche circospezione Laurie, «non abbiamo avuto occasione di parlarci. Ha qualcosa da aggiungere alla ricostruzione che ha fatto suo marito di quella sera?»
«Non in maniera specifica. Io non lo conoscevo ancora. Ma sono stanca di quest’ombra di sospetto che c’è su di lui. Mi rendo ben conto che il corpo della povera ragazza è stato trovato a poca distanza da questa casa e che è stata uccisa quando sarebbe dovuta essere qui da sola con mio marito. Ma nonostante questo Frank non ha mai capito perché il suo alibi per quella sera non lo abbia scagionato. Da questo punto di vista mio marito può essere un po’ ingenuo. Finché qualcuno non presenterà una teoria migliore, continuerà a essere sospettato. Ma io vi dico che siete sulla strada sbagliata.»
«Capisco la sua frustrazione…»
Talia interruppe Laurie prima di perdersi d’animo. «Solo poche ore prima che venisse uccisa, Susan Dempsey ha avuto un tremendo litigio con la sua compagna di stanza.»
«Madison?»
«No, l’altra, Nicole, la terza ragazza. Almeno secondo Madison. Sapete che dopo che Frank non era riuscito a contattare Susan sul suo cellulare, telefonò al numero della stanza dove alloggiava al dormitorio, no? Ebbene, quando Madison ha risposto al telefono, ha detto che quel pomeriggio Susan aveva avuto uno scontro violento con la loro altra coinquilina e che forse era per quello che stava facendo tardi.»
«È la prima volta che ne sento parlare», commentò Alex. «Ne è sicura?»
«Io non ero presente, ma so per certo quello che Madison raccontò a Frank. Era stato un litigio così brutale che Nicole scagliò qualcosa contro Susan. Poi Susan diede a Nicole della pazza e disse che se non si fosse data una regolata l’avrebbe fatta sbattere fuori dal dormitorio, se non addirittura dall’università. All’inizio, quando era chiaro che la polizia lo aveva preso di mira, Frank assunse degli investigatori privati perché indagassero su quell’episodio. E guarda caso, Nicole abbandona improvvisamente l’università subito dopo l’uccisione di Susan. E non per prendersi un semestre o un anno di pausa. Lasciò del tutto Los Angeles e ricominciò un’altra vita altrove. Tagliando tutti i ponti. All’inizio usò persino un nome falso. Poi cambiò il cognome sposandosi. Dateci un’occhiata: è come se Nicole Hunter sia morta con Susan.»
«E come mai suo marito non ne ha mai parlato?» chiese Laurie.
«Furono i suoi avvocati a consigliarlo di non farlo», spiegò Talia, chiaramente delusa. «Avevano intenzione di usare Nicole come indiziata alternativa se mio marito fosse stato incriminato formalmente.»
Talia guardò Laurie girarsi a cercare aiuto da parte di Alex. «È probabilmente quello che avrei consigliato anch’io», ammise lui. «Meglio dire il meno possibile e tirare fuori la circostanza nel controinterrogatorio durante il processo.»
«Un processo che però non c’è mai stato», ribatté Talia. «Eppure sono passati vent’anni e siamo ancora al punto di partenza. Le imputazioni formali non sono il solo modo di punire una persona. Forse ora che conoscete la verità, potete fare la domanda che la polizia non si è mai posta: cos’è successo tra Susan e quell’altra compagna di stanza?»
Mentre Alex metteva in moto, Laurie si allacciò la cintura. «Tempismo perfetto», commentò. «Non è ancora mezzogiorno e con Frank Parker abbiamo già concluso.»
Alex si girò verso di lei e sorrise. «Questo significa che non c’è bisogno che corriamo a casa. Con Grace e Timmy c’è anche tuo padre, quindi sappiamo che sono al sicuro. Avrei una proposta. Facciamoci un pezzetto di costa per un’oretta e troviamoci un posto sull’oceano per mangiare un boccone. Non so tu, ma io ho il cervello fuso. È come se tutte le volte che parliamo con uno dei testimoni, salta fuori un nuovo possibile colpevole.»
Laurie fece per protestare che era necessario che rincasassero al più presto, ma Alex aveva ragione. Era l’occasione buona per discutere tra loro in santa pace di quello che avevano ascoltato in quegli ultimi giorni da vari, possibili assassini.
E un po’ di tempo sola con lui sarebbe stato un piccolo, piacevole supplemento a una giornata di lavoro.