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L’INDOMANI mattina, Laurie era in ginocchio vicino alla porta ad abbottonare il giubbotto di jeans a Timmy.

«Mamma, sei sicura che tu e Alex non potete venire allo zoo con noi?»

«Mi spiace davvero, amore, ma ne abbiamo già parlato. Io e Alex abbiamo da lavorare proprio come se fossi ancora a New York, ma abbiamo il vantaggio di essere qui in California. Quindi possiamo vederci stasera. Papà!» chiamò poi alzando la voce. «Sei pronto?»

Allacciò l’ultimo bottone e diede un’occhiata all’orologio. Era il giorno in cui iniziavano le riprese finali e i protagonisti dello show erano attesi di lì a minuti. Sarebbe toccato dapprima alla cerchia di Susan: Keith Ratner, Nicole Melling e Madison Meyer. Ci sarebbe stata anche Rosemary perché così aveva chiesto. L’indomani avrebbero parlato separatamente a Dwight Cook e al professor Richard Hathaway, quelli dell’informatica.

Sentì dei passi frettolosi sulle scale. «Scusa, scusa», s’affrettò suo padre. «Arrivo. Ho fatto tardi con quella e-mail che aspettavo dalla polizia di Alameda, la lista di targhe delle macchine passate vicino alla casa di Rosemary il giorno in cui è stata uccisa la sua vicina.»

«Papà», lo rimproverò con un sibilo Laurie.

«Ah, non preoccuparti per Timmy, è un ragazzetto bello tosto, vero?» Gli arruffò velocemente i capelli.

«Fatto di kryptonite», rispose Timmy.

«Quando torniamo dallo zoo, non mi spiacerebbe fare un salto al distretto locale a chiedere che mi controllino qualcosa nell’archivio criminale. Cosa te ne pare, Timmy?»

«Magnifico. E possiamo passare anche da Jerry? Allo zoo voglio prendergli un animale di peluche da regalargli, così gli tiene compagnia in ospedale finché si sveglia di nuovo.»

Quando aveva accettato che suo padre la seguisse in California con Timmy per fargli vivere un’avventura, non era quello che Laurie aveva in mente.

«Passate una bella giornata», augurò loro. «E tu, papà, cerca di essere più delicato su certi argomenti, per piacere.»

Alex e Grace uscirono dalla cucina in tempo per salutarli. Quando l’auto presa a noleggio uscì dal vialetto, il suo posto fu occupato da una Porsche rossa. Era quella di Keith Ratner. Lo stavano accogliendo sulla soglia di casa, quando sopraggiunse una Escalade nera con Rosemary, Madison, Nicole e Gavin, il marito di quest’ultima.

Laurie avvicinò la bocca all’orecchio di Grace. «Madison sta in albergo con quelli venuti da fuori?» bisbigliò. «Casa sua sarà a una ventina di minuti da qui.»

«Dillo a me. Ma è stato il suo agente a insistere.»

Mentre Keith, Nicole e Madison si scambiavano cordiali abbracci ed esclamazioni di Quanto tempo e Non sei cambiata affatto, Laurie accompagnò Rosemary e Gavin in casa a farli accomodare nella zona riservata agli osservatori. «Veniamo riforniti ampiamente per tutto il giorno, perciò, se avete fame, vi prego di servirvi senza problemi, troverete tutto in cucina. Gavin, non m’aspettavo di vederla venire quaggiù.»

«È il minimo che potevo fare, visto quanto è sulle spine Nicole. Voi siete probabilmente abituati al panico da palcoscenico, ma io non l’avevo mai vista in questo stato.»

Dopo la bomba che aveva sganciato Talia sul litigio tra Nicole e Susan avvenuto poche ore prima dell’assassinio di Susan, Laurie dubitava che Nicole fosse tesa solo perché aveva paura delle telecamere.

In mancanza di Jerry ancora in ospedale, Grace faceva anche da assistente alla produzione e fu lei ad accompagnare Keith, Nicole e Madison nella camera che avevano adibito a trucco e parrucco. Quando i protagonisti fossero stati pronti, avrebbero conversato tutti insieme con Alex in soggiorno.

«Ci siamo?» chiese Laurie ad Alex. La loro scappatella a colazione sulla costa il giorno prima aveva dato i suoi frutti. Avevano riesaminato il loro piano fino a venirne a noia, ma adesso Laurie si ritrovò a sperare che i loro sospetti su Nicole fossero infondati.