LA tensione nella stanza era diventata tangibile. Erano quelli i momenti per cui si invitavano gli indiziati a una ripresa collettiva. Ciascuno esercitava una forma di controllo sugli altri, facendo da ostacolo a chi avesse tentato di infilare tra le proprie dichiarazioni una bugia che sarebbe stata immediatamente smentita.
Alex continuò a tenere Madison sotto pressione. «C’è chi ha trovato singolare che, dopo che Susan aveva tardato di soli quindici minuti, Frank Parker abbia invitato a fare lo stesso provino un’altra attrice, che guarda caso era la compagna di stanza di Susan. Diciamoci la verità: quella sera, quando Frank ha chiamato al dormitorio, non stava cercando lei, no? Non è forse vero che Frank cercava Susan, che ancora non era arrivata a casa sua come previsto?»
«D’accordo», ammise Madison. «Non mi ha veramente invitato all’audizione. Ma quando ho capito che Susan non si era presentata, ho visto un’opportunità. Susan mi aveva detto dove abitava Frank, così ci sono andata. Al momento non avevo la più pallida idea che Susan fosse in pericolo. Quando Frank mi ha riferito che non si era fatta viva, ho pensato che stesse piangendo sulla spalla di Keith per il litigio che aveva avuto con Nicole.»
«E proprio come ha colto l’occasione di fare un provino, dopo che si è saputo che Susan era stata uccisa, ha colto l’occasione di diventare l’alibi di Frank.»
«Io sono il suo alibi. Ero a casa sua.»
«Ma non alle otto e mezzo di sera. Frank ha telefonato alle otto meno un quarto per chiedere della sua compagna di stanza e il tragitto in macchina richiede almeno mezz’ora. Mi sembra di poter dire che l’opportunismo è una delle sue doti principali, se il suo primo istinto è stato quello di rubarle la parte.»
«Io non ho rubato…»
«Ma dev’essere passato un po’ di tempo prima che vedesse l’opportunità, come l’ha definita lei. Per presentarsi a casa di Parker con l’aspetto da, cito, ‘un milione di dollari’, immagino che abbia dedicato un po’ di tempo a prepararsi.»
«No, ero già pronta per uscire.»
«Giusto. Durante il nostro colloquio preliminare prima ha detto che quando è squillato il telefono era in camera sua perché non si sentiva bene. Poi si è corretta e ha detto che si era messa elegante per un party al Sigma Alpha Epsilon, per poi cambiare idea perché ha cominciato a non star bene.»
«È andata così.»
«Un party a una confraternita? Sul serio? Nicole e Keith… voi conoscevate Madison quand’eravate tutt’e e tre in università. Era tipo da andare a un party di una confraternita?»
Entrambi scossero la testa. «Assolutamente no», aggiunse per enfasi Nicole. «Odiava quella gente.»
«Oh, santo cielo!» esclamò Madison. «Volete smetterla? Star lì a cercare il pelo nell’uovo. D’accordo, se proprio bisogna sapere come mai quella sera ero in camera pronta a uscire, è perché stavo aspettando una visita, se vogliamo metterla in questi termini.»
«Il suo ragazzo?» chiese Alex.
«No, niente di serio, ma una persona che pensavo potesse essere interessata. Gli avevo mandato un messaggino allusivo, dicendogli che poteva valer la pena passarmi a prendere al dormitorio alle sette e mezzo. Mi sono preparata per uscire pensando che avrebbe abboccato. Evidentemente mi sbagliavo, perché quando ha telefonato Frank erano le otto meno un quarto e quella persona non si era fatta viva. Non il genere di cosa che avrei volentieri raccontato a tutti al momento, ma niente di che con il senno di poi. In cambio ho ottenuto una parte di quelle che possono avviare una carriera. Il fatto è che ero in camera mia, squillò il telefono e i tabulati lo confermano. Ho visto la mia opportunità, mi sono precipitata a casa di Frank, l’ho pregato di farmi fare il provino e ce l’ho messa tutta. Sono rimasta da lui dalle otto e mezzo a mezzanotte, come ho sempre dichiarato.»
«Ciononostante lei e Frank avete sempre sostenuto che fu lui a invitarla a casa per l’audizione. Perché questa bugia?»
«Una bugia veniale.»
«Sarà, ma perché non dire la verità?» insistette Alex.
«Perché così suonava meglio, no? Quella sera Susan non tornò a casa. Io credevo che fosse ancora arrabbiata con Nicole e che avesse deciso di andare a dormire da qualche altra parte. L’indomani mattina telefonò Rosemary in preda al panico. Disse che al Laurel Canyon Park era stato trovato un corpo e che la polizia pensava che fosse quello di Susan. Sperava le dicessimo che era tutto un malinteso e che Susan era sana e salva da noi.»
«Ma non era così», ribatté Alex. «Lei era a casa di Frank. Non poteva non sapere quanto vicino fosse il parco. Deve aver sospettato di lui.»
Madison, che già scuoteva la testa, cominciò a piangere. Adesso non recitava più. «No, assolutamente no. Ero stata a casa sua come ho detto. E sapevo che aveva chiamato il dormitorio alle otto meno un quarto. Quindi ero sicura che non c’entrava. Ma sapevo anche di essere la sola persona a poterlo dimostrare.»
«Quindi?» la incalzò Alex.
«Quindi sono andata da Frank. Gli ho detto che non aveva di che preoccuparsi, che sapevo che lui non c’entrava niente e che avrei detto alla polizia che ero stata con lui.»
«Mettendo bene in chiaro le sue condizioni, giusto? Minacciandolo. Gli ha detto che avrebbe sostenuto il suo alibi solo se le avesse assegnato quella parte in Beauty Land.»
Dopo una lunga pausa, tutto ciò che Madison riuscì a dire fu: «Mi sono guadagnata quella parte».
Se fossero stati in un’aula di tribunale, a quel punto Alex sarebbe tornato al tavolo della difesa. Quanto a Madison, il suo compito era finito. Per puro opportunismo, persino dopo avere saputo che Susan era morta, il suo interesse principale era diventare una star.
Ma non si era in tribunale e Madison non era la sola testimone. Dopo una breve pausa, Alex si rivolse nuovamente a Nicole. «Nicole, adesso si sarà resa conto anche lei che il litigio che ha avuto quel giorno potrebbe essere la chiave per la soluzione del delitto. Susan lasciò la vostra stanza alle sei avendo tutte le intenzioni di presentarsi all’audizione. Ma la sua macchina aveva dei problemi. Non sappiamo dove sia stata tra quel momento e l’ora presunta della morte. Perché litigaste?»
«Mi ricordo ora che tra noi c’era stato non so quale screzio e per questo sono andata al O’Malley’s e mi sono messa a bere. Era un bar di quelli frequentati solitamente dagli studenti e sono sicura che troverete qualcuno che si ricorderà di avermi vista e anche che avevo alzato troppo il gomito. Quanto al motivo del litigio, non ne ho idea. Qualcosa di stupido, sono sicura.»
«Keith, lei è rimasto molto silenzioso durante questo dibattito. Susan non le ha confidato di aver litigato con una delle sue amiche più care?»
Keith alzò le spalle come se fosse la prima volta che veniva a sapere di tensioni tra le due amiche. Tanta indifferenza sembrò strana a Laurie.
Alex provò di nuovo. «Voglio chiederlo a tutti voi, ora che è evidente l’importanza della questione. Per la prima volta abbiamo stabilito che Susan è uscita arrabbiata dalla stanza del suo dormitorio. Siccome la sua macchina aveva dei problemi, è probabile che non l’abbia presa per recarsi da Frank Parker. Questo significa che dev’essersi incontrata con qualcuno che la polizia non ha mai interrogato. Dove dobbiamo cercare? Dove può essere andata?»
Madison sembrava perplessa, ma Laurie notò lo sguardo preoccupato che si scambiarono Nicole e Keith.
Fin da quando aveva conosciuto Nicole, aveva avuto la sensazione che fosse intenzionalmente vaga sui motivi che l’avevano spinta ad abbandonare l’università. Non avevano ancora risolto il caso, ma un elemento era emerso con evidenza: la fuga di Nicole da Los Angeles aveva a che fare con il litigio con Susan e Keith la stava coprendo.