LEO Farley appoggiò le spalle allo schienale del divano e riposò gli occhi. Il detective O’Brien gli aveva inviato la lista delle targhe riprese dalle telecamere vicino a Castle Crossings, il quartiere residenziale dove era stata uccisa Lydia Levitt. Dopo aver portato Timmy allo zoo, Leo si era fermato al distretto di polizia e si era fatto dare i dati relativi alla gran parte dei proprietari dei veicoli transitati in quella zona, nonché i loro precedenti penali.
Più tardi, aveva abbandonato in anticipo la tavola dove pranzavano per cominciare a visionare il materiale. Erano in una casa lussuosa, ma in quel momento ebbe nostalgia per i tabelloni e i mobili in laminato plastico di un distretto di polizia. Documenti e fotografie erano sparpagliati e ammonticchiati sui cuscini del divano, sul tavolino, sulla soffice moquette.
Due ore più tardi aveva finito il secondo esame di ogni singolo foglio di carta. Aveva sperato di trovare un indizio evidente, un nome da associare al caso di Susan Dempsey, qualcosa che collegasse l’omicidio dietro la casa di Rosemary con quello della figlia di Rosemary avvenuto vent’anni prima. Non poteva non credere che fosse stata la decisione di Laurie di occuparsi del caso del Cinderella Murder a provocare le aggressioni alla vicina di casa di Rosemary e al suo assistente Jerry.
Invece non era emerso niente.
«Nonno!» lo richiamò al presente Timmy, arrivando di corsa dalla cucina. «Hai trovato niente?»
«Attento», lo ammonì Leo vedendolo inciampare su una pila di foto. «So che sembra che ci sia una gran confusione, ma guarda che in realtà è tutto suddiviso con un certo criterio.»
«Scusa, nonno.» Timmy arrivò al suo fianco e cominciò a riordinare la pila che aveva fatto cadere. «Queste cosa sono?»
«Sono le foto degli automobilisti che sono passati davanti a Castle Crossings nel giorno che mi interessa ma che in passato avevano avuto un domicilio a Los Angeles.»
«E ti interessa quel giorno in particolare perché è quando è stata uccisa la vicina di casa della signora Dempsey?»
Leo alzò lo sguardo in direzione della cucina, da dove sentiva giungere i rumori degli altri che stavano finendo di pranzare. A Laurie non piaceva che parlasse così esplicitamente di crimini con Timmy, ma quel ragazzino aveva assistito all’uccisione di suo padre ed era vissuto per anni sotto la minaccia di fare la sua stessa fine. Secondo il nonno, era solo naturale che Timmy avesse sviluppato una curiosità particolare per il crimine.
«Sì, è per questo che siamo interessati. E se la persona che ha fatto del male a Lydia ha qualcosa a che vedere con il caso di tua madre…»
Fu Timmy a completare la frase. «Allora è possibile che abitasse quaggiù quando Susan era all’università.» Stava sbirciando le foto mentre le risistemava.
«Proprio così», confermò Leo. «Credimi, Timmy. Da grande potrai scegliere di fare quello che vuoi, ma hai i numeri per essere un poliziotto migliore di me.»
All’improvviso Timmy smise di maneggiare le foto e ne estrasse una. «Questo lo conosco!»
«Timmy, non stiamo giocando in questo momento. E io devo rimettermi al lavoro.»
«No, dico sul serio. L’ho visto al ristorante a San Francisco, quello con le polpettone grosse così e tutte le foto dei personaggi celebri appese ai muri.»
«Al Mama Torini’s?»
«Sì. C’era anche lui. Era seduto al bar vicino al nostro tavolo. Quando l’ho guardato, si è girato subito dall’altra parte.»
Leo sfilò la foto dalla mano del nipote. Secondo la patente di guida, si chiamava Steve Roman. Il suo indirizzo attuale era di San Francisco, sostituito alla motorizzazione due anni prima. In precedenza era stato a lungo residente a Los Angeles.
«Mi stai dicendo che hai visto quest’uomo in carne e ossa quando eravamo a San Francisco?»
«Sì. Un tipo tutto muscoloso e con la pelle molto chiara. E aveva la testa nuda. Non come quando non hai capelli perché ti cascano, ma rasata, come quando tu dici di avere sulla faccia l’ombra delle cinque, nonno. Ricordo d’aver pensato che era buffo che quello si rasasse i capelli quando gli altri adulti si lamentano sempre che li stanno perdendo. E poi c’era anche il barista che aveva una coda di cavallo di capelli lunghissimi, così mi sembrava che anche lui stesse cercando di nascondere i suoi.»
«Timmy, sei sicuro di quel che dici?» Ma Leo aveva già visto che era più che sicuro. Proprio per essere vissuto così a lungo sotto la minaccia di Occhi Blu, quel bambino si era abituato a osservare con attenzione tutti gli uomini che gli si avvicinavano.
Leo era più che certo che Timmy avesse visto Steve Roman. Avrebbe voluto però avere qualcosa di più per collegare quell’uomo al loro caso.
«Fammi un favore, vorresti andare in cucina a prendere il mio iPad?»
Timmy fu di ritorno in pochi secondi. «Facciamo un gioco?» chiese.
«Ancora no.» Leo lanciò il browser e digitò «Steve Roman».
Trovò un immobiliarista di Boston, un broker di New York, l’autore di un libro sulle foreste pluviali. Passò alla pagina successiva.
Timmy toccò il display con la punta dell’indice. «Guarda, nonno. Clicca qui. Non ne stavano parlando oggi la mamma e Alex?»
Dal nome del sito web Leo aveva capito all’istante che avevano trovato lo Steve Roman giusto. Aveva finalmente il collegamento che cercava tra l’uccisione di Lyda Levitt e Under Suspicion.
«Laurie!» chiamò a gran voce. «Questo devi vederlo!»