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LA mattina seguente, Laurie era nel vialetto della casa di Bel Air ad aspettare l’arrivo delle macchine. Controllò l’ora. Mancavano due minuti alle dieci. A quell’ora erano attesi Dwight Cook e Richard Hathaway, quindi aveva dato appuntamento a Keith Ratner alle undici e trenta. Calcolava che fosse meno sospettoso dell’invito a ripresentarsi se avesse visto che stavano intervistando anche alcuni altri dei protagonisti.

Lanciò un’occhiata in soggiorno attraverso la porta aperta. In blue jeans, berretto da baseball e T-shirt nera di Under Suspicion, il detective Sean Reilly si confondeva perfettamente nella squadra dei tecnici. Era il detective a cui era stata assegnata l’aggressione a Jerry. Era giovane, poco più di trent’anni probabilmente, e le poche righe che aveva sul volto erano quelle tipiche di un poliziotto che prende seriamente il proprio lavoro.

Le ci era voluta una lunga telefonata notturna per spiegargli i legami che univano insieme Lydia Levitt, Steve Roman, gli Apostoli di Dio, Jerry e Under Suspicion, ma alla fine Reilly aveva accettato di andare a sentire che cosa aveva da raccontare Keith Ratner sul ruolo che aveva avuto la sua setta religiosa in quella storia.

Nicole Melling era già dentro. Laurie doveva solo sperare che quando fosse venuto il momento tutti i tasselli del suo piano trovassero il loro posto.

Alle dieci e due minuti arrivò una Lexus bianca. Al volante c’era Hathaway. Nessun passeggero.

«Pensavo che Dwight sarebbe venuto con lei», gli disse Laurie mentre l’ex professore scendeva dalla macchina.

«Io sto a Toluca Lake», rispose lui. Poi si accorse dell’espressione smarrita sul volto di Laurie. «È a Burbank», spiegò allora. «Gran bel posto. Lago privato. Uno dei migliori campi da golf di tutto lo stato. Dwight comunque ha ancora la casa in cui abitava da studente a Westwood. Andare fin laggiù nell’ora di punta di Los Angeles? L’amicizia non arriva fino a questo punto.»

«Faremo una cosa veloce, giusto un po’ di retroscena sugli interessi tecnologici di Susan. Suo padre era un avvocato di successo che si occupava di proprietà intellettuale e condivideva con la figlia l’interesse per il mondo tecnologico. Voi meglio di chiunque altro potete illustrare questo lato della personalità di Susan.»

Quando Hathaway era già passato per il trucco ed era stato microfonato, Dwight non si era ancora visto ed erano le dieci e venti. Laurie ascoltò Hathaway lasciare un altro messaggio vocale al collega: «Ehi, socio. Io e Laurie ti stiamo ancora cercando. Spero che tu sia già per la strada».

«Non capisco», disse poi l’ex professore riponendo il cellulare nella tasca della giacca sportiva. «È sempre puntualissimo.»

Laurie non sapeva perdonarsi di non aver trovato il tempo di rispondere ai messaggi che aveva ricevuto la sera prima. Ora era indotta a pensare che avesse telefonato per annullare l’appuntamento. «Forse arrivato alla vigilia della sessione davanti alle telecamere si è fatto prendere dal panico», ipotizzò.

Hathaway si strinse nelle spalle. «Può essere. Ma era così desideroso di contribuire…»

Laurie aveva intenzione di congedare Dwight e Hathaway subito dopo l’arrivo di Keith, evitando così che quest’ultimo potesse perdere la pazienza e andarsene.

Prese rapidamente la decisione di procedere con il solo Hathaway. Era telegenico. Era un uomo di un certo prestigio che aveva ottenuto la cattedra universitaria quando aveva solo trent’anni e in seguito aveva deciso di aiutare uno dei suoi studenti più brillanti a fondare un’azienda all’avanguardia. Alex avrebbe potuto intervistare Dwight separatamente in un secondo tempo. Al momento era più importante non rischiare di perdere Keith Ratner.

Come Laurie aveva previsto, Richard Hathaway dialogava con la telecamera con assoluta naturalezza. «All’UCLA avevo molti studenti di talento», raccontò ad Alex, «e Susan era fra i migliori. Dopo la sua morte si parlò molto della sua promettente carriera da attrice, ma io ho sempre creduto che avrebbe avuto successo nel settore tecnologico. Sarebbe potuta diventare un’altra Dwight Cook. Una vera tragedia.»

Con la fronte corrugata sul viso attraente, l’espressione pensierosa, la voce vibrante dell’autorevolezza di un uomo che era stato un professore, guidato dalle domande di Alex continuò a parlare di Susan seguendo con metodo un filo logico, finché arrivò alla sera della sua morte.

«Ricordo lo sgomento totale di quella domenica quando fu ritrovato il suo corpo. Dwight aveva solo diciannove anni con il cervello di un genio ma con il cuore di un adolescente. Era impossibile non accorgersi dei suoi sentimenti per Susan. Ogni volta che erano in laboratorio insieme, gli luccicavano gli occhi e girava con un sorriso stampato sulla faccia. Quando arrivò la brutta notizia, venne a cercarmi a casa mia e scoppiò a piangere tra le mie braccia.»

«Sa per caso dove si trovava Dwight la sera in cui è morta Susan?» domandò Alex.

«Per la verità era con me. Dwight era in preda alle doglie della stesura dei codici per il suo nuovo progetto e sapevo che aveva voglia di parlarne con me. Io non avevo impegni per quella sera, così gli ho telefonato e gli ho chiesto se voleva farmi compagnia per un hamburger.»

«A che ora?»

«L’ho chiamato verso le sette. Ci siamo incontrati poco dopo allo Hamburger Haven

«Un’altra cosa», proseguì Alex. «Non farei bene il mio lavoro se non ricordassi che in università lei era molto popolare tra le studentesse e aveva una certa reputazione da dongiovanni.»

Hathaway rise. «Ah, sì. Il professore più ‘da cotta’, secondo il giornalino dell’università. Tutte voci e insinuazioni, gliel’assicuro. Sono convinto che sia inevitabile per tutti i docenti giovani e scapoli.»

«Dunque tutti quelli che hanno lasciato intendere che lei potesse aver avuto un interesse extraprofessionale per Susan?…»

«Hanno preso un granchio enorme. Senza contare che Susan era molto legata al suo ragazzo. Mi spezzò il cuore vedere quanto soffrì Dwight per la sua morte.»

Hathaway era stato perfetto, contribuendo con quel tocco di personalità su cui Laurie aveva contato. Dwight Cook era il volto della REACH, ma davanti alle telecamere Hathaway era cento volte meglio di lui.

Aveva appena gridato: «Stop!» quando udì il brontolio di un’auto sportiva, seguito dal tonfo di uno sportello. Era arrivato Keith Ratner. Poteva congedare Hathaway. Un tempismo perfetto.