MADISON si strinse la cintura dell’accappatoio intorno alla vita. «Laurie. Salve. Cosa fa qui?»
«Ero qui per vedere Rosemary», le rispose girandosi verso il corridoio. «Non… non ho appena visto Richard Hathaway uscire dalla sua stanza?»
Le labbra di Madison si distesero in un bel sorriso. Poi si lasciò sfuggire una risatina infantile. «E va bene. Immagino non ci sia niente di male nell’ammettere che siamo entrambi adulti.»
«Lei e Hathaway?»
«Già. Non per tutti questi anni, naturalmente ma diciamo che quelle voci sul bel giovane professore di scienze informatiche erano vere. Ho sentito che era quaggiù per lo show, così ho pensato di fargli un saluto. Tanto per vedere com’è oggi l’uomo per cui mi ero presa una cotta. E per quanto stenti a crederlo persino io, be’… ci siamo ritrovati.»
Laurie restò senza parole. Aveva già la mente abbastanza confusa dall’avvicendarsi di novità nel caso che la riguardava per trovare posto anche per la vita sentimentale di Madison, la quale intanto era passata a domandarle se la caccia a Steve Roman avrebbe avuto effetti sulla programmazione delle riprese. «Per poter avvertire il mio agente», aggiunse.
Laurie evitò una reazione impulsiva. «Lo sapremo presto, Madison. E congratulazioni per la sua storia con Hathaway.»
Mentre chiamava l’ascensore, si rese conto che qualcosa nell’aver scoperto Hathaway nella camera di Madison la stava tormentando. Il fatto in sé non la meravigliava di certo. Del resto Hathaway era un donnaiolo riconosciuto, Madison ne era il corrispondente femminile ed erano entrambi molto attraenti.
Però c’era qualcosa che non le quadrava. Era la stessa sensazione che aveva avuto la sera prima quando aveva interrogato Nicole sul suo litigio con Susan. Forse quello show le stava provocando una nuova mania, quella di sospettare che in tutte le conversazioni ci fosse sempre qualcosa di poco chiaro.
Mentre entrava in ascensore vi scorse l’occhio di una telecamera nell’angolo in alto a sinistra. Nel mondo d’oggi la sorveglianza era dappertutto, rifletté, rabbrividendo all’idea che in quegli ultimi giorni Dwight li avesse spiati segretamente.
Segretamente. Le telecamere. A differenza di quella dell’ascensore, l’attrezzatura di sorveglianza di Dwight era nascosta nelle pareti.
Quando arrivò al pianterreno cercò sul cellulare il numero del detective Reilly e lo chiamò. Coraggio, pensava, ti prego, rispondi…
«Reilly.»
«Detective, sono Laurie Moran. Ho qualcosa per lei…»
«Come le ho detto, signora Moran, stiamo battendo tutte le piste. Ci vuole tempo. Chieda a suo padre, se non mi crede.»
«Dwight Cook sorvegliava la villa di Bel Air.»
«Lo so. Sono stato io a dirglielo, ricorda?»
«Ma con strumenti nascosti dietro le pareti e a noi ha messo a disposizione la sua casa solo la settimana scorsa. Non ha ricostruito le pareti in questi ultimi giorni. È probabile che facesse installare questi sistemi un po’ dappertutto, come per un’abitudine.»
«La barca», mormorò lui seguendo il corso dei suoi pensieri.
«Sì. Controlli che non ci siano telecamere nascoste a bordo. Se la morte di Dwight non è stata un incidente, se è stato davvero assassinato, può darsi che il delitto sia stato ripreso da una telecamera.»
«Chiamo subito quelli che stanno perquisendo la barca e li faccio controllare. Ottimo lavoro, Laurie. Grazie.»
Aveva appena chiuso la comunicazione con Reilly quando il suo cellulare suonò. Era Alex.
«Dove sei?» gli domandò. «Io sono nella hall ma non ti vedo. Non crederai con chi ho appena visto Madison…»
«Sono andato a prendere la macchina e sono qui davanti», la interruppe Alex. «Sei pronta per una buona notizia?»
«Dopo questi ultimi due giorni? Più pronta che mai.»
«È di Jerry. Si è svegliato. E vuole vederci.»