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RICHARD Hathaway scese dal suo monovolume. Non gli pareva vero di un simile colpo di fortuna.

Quando Madison aveva accennato alle telecamere nascoste nella villa di Bel Air, aveva abbandonato precipitosamente il ristorante. Due anni prima Dwight aveva installato gli stessi sistemi di sorveglianza negli uffici della REACH e nella sua abitazione di Palo Alto. Ora saltava fuori che aveva monitorato anche la casa dei suoi genitori a Los Angeles. Aveva forse disseminato di telecamere anche le sue imbarcazioni?

Sì, aveva concluso Hathaway, era precisamente quello che c’era da aspettarsi da Dwight, aveva di sicuro fatto installare gli impianti contemporaneamente in tutte le sue proprietà e teneva alle sue imbarcazioni almeno tanto quanto la villa vuota di Bel Air.

E se c’erano telecamere a bordo del cruiser, erano in funzione la sera prima quando Hathaway aveva raggiunto Dwight per la loro gita insieme? E le telecamere avevano registrato il momento in cui Dwight lo aveva aggredito a male parole accusandolo di aver ucciso Susan e sostenendo illogicamente di averlo scoperto guardando «il video»? Lo avevano filmato mentre soffocava Dwight con un giubbotto salvavita per poi inscenare un incidente avvenuto durante un’immersione? La polizia aveva già trovato quelle registrazioni?

Questi erano gli interrogativi che gli affollavano la mente mentre abbandonava il ristorante e si metteva a girare per Hollywood, troppo spaventato per poter tornare a casa o andare a prendere il jet della REACH con il rischio di trovare la polizia ad aspettarlo.

Era andato invece a recuperare dal deposito che affittava da vent’anni la sua borsa «da fuga» che conteneva documenti d’identità falsi, cinquantamila dollari e una pistola. Nell’eventualità che quel giorno fatidico fosse arrivato, aveva borse identiche in altrettanti depositi in cinque diverse città della California.

Ora però che il momento tanto temuto era arrivato, sentiva di non voler fuggire. Aveva goduto degli effetti del successo per tutti quegli anni ed era sul punto di fare un nuovo salto di qualità, assumendo la carica ora vacante di amministratore delegato della REACH. Se aveva ancora solo una minima possibilità di rimanere, non se la sarebbe lasciata sfuggire.

Adesso almeno aveva capito il riferimento che aveva fatto Dwight a quel misterioso video. Qualcosa che il suo socio aveva visto nella registrazione di quello stupido show televisivo gli aveva aperto gli occhi sul ruolo da lui avuto nella morte di Susan.

Doveva scoprire che cosa sapeva Laurie Moran e chiuderle la bocca una volta per sempre. A lei e a chiunque altro, se fosse stato necessario.

Fermo davanti alla casa di Bel Air, aveva visto un uomo di un certa età, un bambino e la donna di nome Grace salire in macchina. Non doveva fare altro che seguirli.

Nella rimessa dell’ospedale, Hathaway aveva visto arrivare subito dopo Laurie e Alex a bordo di una Land Cruiser nera. Da quel momento aveva aspettato preparandosi alla sua prossima mossa.

Ora sentiva di poter contare su due colpi di fortuna. Il primo era che il padre di Laurie, un ex poliziotto probabilmente armato, aveva lasciato l’ospedale da solo. Vedendolo andar via, Hathaway aveva provato lo stesso sollievo del momento in cui Susan si era allacciata la cintura di sicurezza la sera in cui era morta.

Era il 7 maggio, un sabato. Hathaway aveva dato appuntamento a Dwight in laboratorio perché quella sera non ci sarebbe stato nessun altro.

Voleva parlargli a quattr’occhi della REACH. Hathaway aveva creato una tecnica nuova che avrebbe potuto rivoluzionare il modo in cui la gente cercava informazioni in Internet. Valeva trenta volte più di quanto un professore potesse guadagnare insegnando per tutta la vita. Ma tecnicamente, anche se era stato Hathaway a inventare la REACH, l’idea non gli apparteneva. Era lui ad appartenere all’UCLA, la quale dal canto suo era proprietaria di tutto ciò che avesse creato mentre ne era un dipendente.

Gli studenti invece erano in una posizione diversa. A differenza del corpo insegnanti che percepiva uno stipendio, gli studenti erano proprietari dei propri prodotti intellettuali. E dato l’inestimabile contributo dato da Dwight Cook che aveva programmato il codice, chi poteva sostenere che la REACH non fosse frutto esclusivo del genio del giovane studente?

Infervorato com’era nel convincere Dwight che quella nuova tecnologia avrebbe potuto cambiare il mondo e che sarebbe stata uno spreco se lasciata a disposizione dell’UCLA, Hathaway si era accorto solo tardivamente della presenza di Susan che li stava ascoltando. Ma quando si era girato l’aveva scorta in piedi alla sua scrivania vicino alla porta, splendida come non l’aveva mai vista prima: acconciatura e trucco perfetti, in un elegante completino giallo senza spalline. Dal modo in cui Susan si era voltata ed era uscita in tutta fretta dal laboratorio, Hathaway aveva capito che aveva sentito tutto.

Cosa ci faceva lì di sabato? Perché era entrata inaspettatamente proprio in quel momento?

Doveva assolutamente fermarla. Doveva darle delle giustificazioni per quello che aveva ascoltato. «Dwight», aveva detto, «tu resta qui a pensarci su. Ci sentiamo più tardi.» Poi era corso dietro Susan e l’aveva raggiunta mentre si dirigeva verso Bruin Plaza.

«Susan, posso parlarti un momento?»

Quando lei si era girata, Hathaway aveva visto che aveva in mano una collana. «Ho un’audizione. Devo andare.»

«Ti prego, voglio spiegarti. Tu non capisci.»

«Capisco benissimo. Oggi non so come mai ma tutte le persone che conosco mi stanno dando delle delusioni. È come se in realtà non avessi mai conosciuto nessuno. In questo momento non posso affrontarlo. Devo essere a Hollywood Hills entro un’ora. E quel catorcio di macchina che ho è al dormitorio e probabilmente non riesco nemmeno a metterla in moto.»

«Lascia che ti accompagni io. Ti prego. Così intanto parliamo. Oppure no. Come preferisci.»

«E come torno a casa?»

«Ti aspetto. Oppure puoi chiamare un taxi. Come vuoi.»

Ripensò a quella pausa di due secondi durante la quale Susan aveva valutato le alternative. Gli bastava persuaderla a salire in macchina ed era sicuro che l’avrebbe convinta che quello che stava facendo era giusto.

«D’accordo», aveva deciso Susan. «Parleremo. E comunque ho proprio bisogno di un passaggio.»

Ma il sollievo era durato pochissimo. Appena si erano messi in moto, le aveva esposto la stessa versione che aveva già proposto a Dwight Cook. I burocrati dell’università non avrebbero mai capito le possibilità offerte dalla nuova tecnologia. L’innovazione sarebbe rimasta congelata per anni in attesa di una sfilza di autorizzazioni, mentre i concorrenti del settore privato sarebbero andati avanti spediti. E comunque accreditando a Dwight la creazione del nuovo sistema di ricerca non ci si sarebbe scostati più che tanto dalla verità, considerato l’enorme peso che aveva avuto la sua programmazione nella realizzazione del progetto.

Era sicuro che Susan avrebbe accettato la sua tesi, o per la sua dedizione allo sviluppo del tecnologico o per sostenere Dwight. Alla peggio, le avrebbe offerto una fetta della torta. Ma Susan era troppo rigida nei suoi principi e soprattutto era troppo sveglia. Suo padre era un avvocato che si occupava di proprietà intellettuale. Susan sapeva da lui quanto importante fosse chi creava una tecnologia per garantirne lo sviluppo. Dal suo punto di vista, Hathaway non aveva intenzione di rubare solo all’università, ma anche a possibili investitori.

«Nel mondo dei dot-com», aveva obiettato, «la facciata della società è metà del prodotto. Tu pretendi che la gente pensi che un genio creativo come Dwight, una persona a cui i soldi non potrebbero importare di meno, un ragazzo che quando guarda il mondo ne riesce a vedere solo il lato migliore, sia l’artefice di tutto il progetto. Che sia lui a reggerne le fila. Sarebbe un’azienda fondamentalmente diversa da una diretta da te. È una truffa

Hathaway aveva cominciato a rallentare nelle curve per guadagnare tempo. «Ma un’azienda diretta da me varrebbe molto di più», aveva insistito. «Io ho più esperienza. Sono un professore di ruolo. Non ho i tic caratteriali di Dwight.»

«Il mercato tecnologico adora i tic», aveva ribattuto lei. «E poi non è una semplice questione di valore economico. È una questione di onestà. Non siamo quasi arrivati ormai? Perché rallenti?»

Quando erano a un chilometro circa dalla sua meta, Hathaway aveva accostato. «Susan, non puoi raccontare a nessuno quello che hai sentito. Mi rovineresti la carriera.»

«Allora non avresti dovuto farlo. Ti sei offerto di accompagnarmi alla mia audizione. Ho ascoltato quello che volevi dirmi. Adesso devo andare al mio appuntamento.»

«Non prima che tu abbia capito…»

Di punto in bianco lei era scesa, decisa a fare il resto della strada a piedi. Aveva dovuto inseguirla. Susan si era messa a correre. Con quei tacchi non avrebbe mai creduto che potesse essere così veloce. Quando finalmente l’aveva raggiunta nel parco, aveva perso una scarpa.

La sua prima mossa era stata di afferrarla per un braccio. «Ti comporti da bambina ingenua.» Stava ancora cercando di convincerla. Perché non era arrendevole come Dwight?

E prima che se ne rendesse conto, Susan era sotto di lui che lo colpiva con calci e pugni. C’erano stati momenti in cui si era persino persuaso di non ricordare più che cosa era successo subito dopo.

Ma naturalmente non era così.

Dopo aveva velocemente deciso che gli conveniva lasciare lì il suo cadavere. Tutti i suoi amici sapevano che stava andando a quell’audizione, perciò poteva sperare che il suo appuntamento sviasse le indagini.

Aveva chiamato subito Dwight, poco dopo le sette, chiedendogli di vederlo allo Hamburger Haven per discutere ancora della sua proposta. Nel caso lo avessero interrogato, Dwight lo avrebbe coperto per quel lasso di tempo eccetto che per i pochi minuti del tragitto in macchina.

Come aveva sperato, l’indagine si era concentrata su Frank Parker, con Keith, il ragazzo di Susan, come alternativa. Per vent’anni aveva creduto di averla fatta franca, fino alla sera prima, quando era salito a bordo della barca di Dwight. E adesso era lì a chiedersi quanto di quella storia Laurie Moran fosse riuscita a ricostruire.

E lì aveva avuto il suo secondo colpo di fortuna. Prima aveva visto l’ex piedipiatti andare via. E adesso vedeva arrivare Laurie Moran, con il telecomando della macchina in mano, tutta sola.