II
E così alla fine l’hai fatto veramente, l’avvocato.
Che strano, però: come se qualcosa dentro di te sappia già come andrà a finire, nella vita, e ti faccia fare qualche incursione nel futuro già dal remoto passato, quando le idee sono confuse e strane.
Io non mi ricordo di tutti voi, sai. Certo c’ero, quella sera, c’eravamo tutti, pieni di speranze e di attese per il domani. C’ero, ma la mia concentrazione era su chi puoi immaginare, non riesco a ricordare tutto. Alla luce dei fatti però, ad andare indietro, mi applicherei su ognuno di voi. Anzi, se avessi la macchina del tempo e potessi scegliere un momento, uno solo in cui tornare, prima ancora di rivivere qualche meraviglioso attimo dell’ultima felicità, quando ci sentivamo completi e sereni e tutto sembrava rosa e azzurro, probabilmente andrei proprio là, quella sera, e mi metterei a osservare tutti senza perdermi un gesto, un’espressione.
Forse in questo modo riuscirei a ricostruire una scaletta delle responsabilità, riconoscerei le tinte delle differenti colpevolezze. Ma probabilmente sarebbe inutile, non credi? Perché quello che è certo è che siete tutti colpevoli. Tutti.
E quindi fai l’avvocato. Bene. Dalle carte che hai sulla scrivania direi che sei anche un buon avvocato, vedo che si tratta di cose serie. Diritto societario, no? Usi una bella penna rossa, come un maestro elementare. Metti note a margine degli atti, sottolinei le parti da cambiare, aggiungi frasi. Sei bravo. Io non ne capisco molto, naturalmente, per carità, sono una persona semplice: ma si capisce quando uno è bravo, e tu evidentemente lo sei.
Mi fa piacere, questa cosa. Costruire una professionalità, esprimere se stessi con successo dev’essere bellissimo. Certo tu non sei invisibile, quando arrivi con questi completi da duemila euro, con la cravatta firmata e il lavoro del dentista in bella mostra devi essere un vero spettacolo. E mi ricordo che si capiva che eri un ragazzo in gamba, anche allora. Un ragazzo sicuro di sé, col mondo in mano.
Hai questo strano modo di concentrarti, come adesso. Un po’ piegato sul fianco, la nuca scoperta. Interessante, chissà che stai studiando. Magari qualche imbroglio.
Perché a prescindere da quello che hai fatto, magari qualcosina di sbagliato la fai ancora, no? Sei un avvocato, e si sa che gli avvocati sono sempre un po’ scorretti. Altrimenti non servirebbero. Altrimenti non esisterebbero.
Ragion per cui alla fine magari vale la pena. Forse facciamo pure un piacere a qualcuno, salviamo qualche innocente al quale stai per far passare un guaio al posto di un altro, che se ne starà al sole con un long drink in mano invece che in galera, dove dovrebbe essere. Cominciamo con te, che eri avvocato già allora, e questo sì che me lo ricordo, eri scorretto. Molto scorretto. Simpatico, per carità, ma scorretto.
Ma non voglio nemmeno togliere importanza a quello che sto per fare, avvoca’. Non ho certo bisogno di giustificazioni, né di pensare che sto facendo il bene di chissà chi, sia chiaro. Si fa per dire, no? Si fa per dire.
Ecco che prendi la penna rossa, e cominci a cancellare. Un rigo, due. Scuoti pure la testa, come a rimarcare l’errore; forse qualcuno dei ragazzi che lavorano qui con te, domani mattina, avrebbe ricevuto un cazziatone di quelli potenti, chissà, forse avresti cacciato qualcuno.
Ecco, ci sto ricascando: non devo giustificare niente. Tu stai solo pagando il giusto, a distanza di tempo, è vero, ma solo il giusto. Quello che di buono o di cattivo hai fatto dopo è un problema tuo e della tua coscienza, te la vedi col tizio che ti troverai di fronte, non sono fatti miei.
Io sai chi sono, avvoca’? Sono solo la penna rossa. Un oggetto inanimato, senza colpe, leggero e insignificante, al quale nessuno fa caso, una penna che se ne sta buona insieme alle altre, quella verde, quella blu, quella nera, che finché la lasci là, inerte e immobile, non fa niente di speciale. Poi però la prendi in mano e diventa uno strumento terribile, cancelli frasi intere e fai come se non fossero mai esistite, cambi un rigo e chissà quale storia, quale vita devia dal suo corso e non sarà mai più la stessa.
Una fusione, un’acquisizione; una firma sotto un foglio, un atto, degli accordi. E decine, centinaia di famiglie che si ritrovano in mezzo a una strada, così il tuo cliente col long drink risparmia tasse e stipendi. È vero, avvoca’?
Ma abbiamo detto che non dobbiamo fare l’errore di confondere il presente col passato. Il presente è un problema tuo, il passato no.
Il passato è un problema mio. Un problema da risolvere.
Allora, diamo un’ultima occhiata. Di là non c’è più nessuno, che bella quest’abitudine di lavorare fino a tardi, di fare il capitano della nave che la lascia per ultimo. Tutto è a posto, non si sente niente, la strada sta dodici piani più in basso. Il portiere se n’è andato.
Le rose?
Eccole là, in quel bel vaso. Si mantengono bene, eh? Certo, con quello che costano.
Be’, è ora che la penna rossa faccia il lavoro suo, avvoca’. È proprio ora.