XI

A sottolineare il pensiero, il bel volto di Domenico si affacciò alla porta e subito si mostrò preoccupato:

«Che c’è, Mina? Hai male all’orecchio? Devi aver preso un colpo d’aria, io sono specializzato come sai in ginecologia ma ovviamente ho dato l’esame in otorinolaringoiatria e quindi posso, se vuoi, esaminare subito la parte che...».

Mina proruppe, in tono di supplica:

«Per carità! Per carità, ti prego, Domenico, non ti ci mettere pure tu».

Il medico si sentì autorizzato a entrare.

«Oh, ma non si devono trascurare i colpi d’aria, soprattutto quando si tendono a formare infiammazioni all’interno del padiglione. Sai che una volta una paziente, alla quale peraltro non avevo riscontrato patologie, tornò proprio per un’otite a farsi visitare e...».

Mina cercò almeno di riportare la conversazione su Flor e la madre, ultimo tentativo prima di optare con decisione per il suicidio mediante lancio dalla finestra.

«Senti, Domenico, ma tu pensi che Flor e Ofelia torneranno? Che impressione hai avuto?».

L’uomo si strinse nelle spalle, ma non rinunciò a chiedere:

«Mina, non puoi chiamarmi Mimmo, per favore? Mi aiuterebbe a sentirmi più...».

Accorgendosi di un qualche bagliore omicida negli occhi di lei, si affrettò a dire:

«Comunque sai meglio di me che non è raro che una ragazzina di quell’età provi ad attirare in qualche modo l’attenzione su di sé o sulle persone che le stanno vicino. Certo, se devo dirti la verità la donna mi pareva piuttosto sofferente. Aveva un’espressione un po’... triste, non ti è sembrato?».

Mina annuì ammirata:

«Complimenti, Sherlock. Non ci avrei mai pensato».

Domenico assunse un’aria palesemente compiaciuta:

«Vero? Io invece l’ho notato, e per questo ho cercato di tirarla su facendole capire che un viaggio a casa dei suoi potrebbe esserle salutare. Sai, il beneficio di...».

Mina urlò, esasperata, e con orrore si rese conto di quanto la sua voce fosse simile a quella della madre quando parlava al telefono:

«Maledizione, è ovvio che era triste! Di più, era terrorizzata! Infatti ti chiedevo come fare, se non tornassero, a saperne un po’ di più. Che ne dici?».

L’uomo sbatté le palpebre, con un mezzo sorriso congelato sulle labbra come chi ascolta una barzelletta che non capisce.

«Ma... hanno detto che tornano, no? Perché io devo rivedere la bambina, anche se ho l’obbligo di dirti sinceramente che non mi piace mentire, sia professionalmente che nella vita privata. A volte sarebbe conveniente, non dico di no, ma proprio non ci riesco».

La donna lo fissò perplessa. Sarebbe stata la prima volta che non solo incontrava un uomo incapace di mentire, ma che veniva a sapere dell’esistenza di questo animale rarissimo.

«Davvero? E non menti su questo?».

Il medico sembrò sinceramente perplesso:

«E come farei a mentire sul fatto che non mento? Sarebbe una menzogna sulla sincerità, che dimostrerebbe che sono sinceramente bugiardo, cosa che non sono perché ti ho appena detto che non mento, quindi...».

Mina rifletté sul fatto che a quell’ora, e dopo quella giornata, se una avesse avuto, prima di perpetrare l’omicidio, l’accortezza di girare un breve video da produrre in giudizio, avrebbe senz’altro ottenuto un’assoluzione con formula piena.

Invece di dare seguito al crimine o in alternativa addentrarsi ulteriormente nella surreale conversazione, preferì dire:

«E se non tornassero? E se effettivamente fosse vero quello che la ragazzina ci ha detto, e lei e la madre fossero realmente in pericolo?».

Domenico considerò attentamente la questione:

«Dici se avessero mentito? Devo dirti la verità, nelle donne che vengono qui a farsi visitare rilevo una certa propensione non voglio dire alla bugia, per carità, sarebbe scorretto da parte mia, ma all’esagerazione sì. Qualche giorno fa una signora di settantacinque anni, per esempio, asseriva di aver appena avuto le prime mestruazioni e pretendeva che io verificassi la questione. Ora, lungi da me accusare qualcuno, e soprattutto una donna che potrebbe essere mia nonna, ma capirai che...».

Mina fu a quel punto assolutamente certa che lo strangolamento del ginecologo non fosse una fattispecie di reato prevista dal codice penale, e valutò seriamente di porre fine alla sofferenza cerebrale di quell’uomo. Tirò un paio di profondi respiri, cercando di riprodurre la tecnica Pranayama appresa nella fase yoga della sua giovinezza. Il movimento coinvolse però troppo il Problema Due e perfino Domenico, in genere poco attento alla parte, reagì con un sorriso ebete.

Lei si fermò subito e arcigna disse:

«Secondo me dovremmo aspettare domani e, se non dovessero tornare, le andiamo a cercare noi. Abbiamo l’indirizzo, no?».

«Ma sulla base delle indicazioni che ho dato, domani sarebbe troppo presto. La ragazzina ha detto alla madre che aveva quel problema, le ho dato delle medicine, devono almeno aspettare che abbiano effetto, no? Diamoci un termine a dopodomani, poi ti prometto che cerchiamo un modo».

Mina si voltò verso la finestra e guardò fuori. Il gesto faceva molta scena, ma il fuori era una parete scrostata che distava due metri e mezzo.

Sospirò e disse:

«Io mi fido del mio istinto. Il mio istinto mi fa sbagliare tutto, nella vita: tutto, soprattutto nei rapporti umani. Ma non mi ha mai tradito su questo tipo di questioni, e ti assicuro, Domenico, che quella donna era terrorizzata. Mi ha dato l’idea di un animale braccato, che sta lottando per la vita. E che ha un solo sogno: la fuga. Andarsene a casa sua, in Perù, dai genitori. Cosa che qualcuno le impedisce di fare».

Domenico ripeté, suadente:

«Ma io ti assicuro, Mina, che non ci sarebbe nessun motivo ostativo, di alcun tipo, almeno dal punto di vista medico, a farlo davvero, questo viaggio. Certo sconsiglierei la nave, troppo tempo e poi qualche variazione climatica soprattutto in inverno, il moto ondoso potrebbe causare qualche nausea, ma in aereo...».

Mina rivolse un muto complimento alla GdM, che raggiungeva in un meraviglioso crescendo la perfezione, e senza salutare il dottore se ne andò sbuffando.