XXI

Il telefono sulla scrivania squillò con discrezione, un suono basso e melodioso impostato per non essere invadente. L’uomo che occupava la poltrona stava illustrando l’ammortamento di un mutuo ipotecario a una coppia cui era decisamente difficile spiegare le cose, lei giovane, intelligente e ucraina con poca consuetudine con la nostra lingua, lui anziano, ottuso e italiano con poca consuetudine con la nostra lingua.

La conversazione procedeva perciò con difficoltà, essendo la matematica e la composizione delle rate tra interessi e capitale di complesso approccio per menti normali e con comunicazione nella stessa lingua, figurarsi con quelle barriere idiomatiche. L’uomo però era stato opportunamente addestrato, ed esser giunto a occupare quella scrivania significava avere per anni combattuto con ominidi di ogni genere e con donne equivoche, o viceversa, da uno sportello o dietro una cassa in comuni dell’hinterland dove chi conquistava una licenza media inferiore veniva additato come un pericoloso intellettuale.

La targhetta sistemata davanti a lui recitava: De Luca Luigi – Vicedirettore. L’agenzia era piccola, certo, ma quella parola era proprio bella da leggere. Il suono modulato continuò, facendo da fastidiosa colonna sonora alla mascella pendula e allo sguardo spento dell’anziano e agli occhietti vispi della signora che continuavano ad andare dai numeri alla penna alla targhetta, valutando quanto e se fosse conveniente sedurre chi concedeva i mutui invece di chi doveva pagarli per trent’anni.

Rassegnato all’insistenza, con un aggraziato movimento delle spalle che fece capire immediatamente all’ucraina che conveniva non provarci nemmeno, chiese scusa e alzò la cornetta.

«Banca Cooperativa, sono De Luca, vicedirettore. In cosa posso essere utile?».

Una voce di uomo bassa e affettata rispose, con tono dolcissimo:

«Non un vicedirettore qualsiasi. Il vicedirettore più sexy del mondo, per l’esattezza».

Come se i due dall’altra parte della scrivania potessero sentire, De Luca arrossì e lanciò loro un’occhiata. L’uomo continuava a fissare senza attività cerebrale il foglio con le cifre, la donna lo scrutò curiosa avendo rilevato immediatamente il rossore, uguale a tutte le latitudini.

«Ah, salve. Sì, in questo momento sono in riunione, ma mi dica pure: che posso fare per lei?».

La voce dall’altro capo del filo ridacchiò chioccia.

«Hai gente davanti, vero? E non preferiresti me, davanti? Ma anche dietro o di lato, se è per questo. Lo sai, a noi due piace sperimentare».

Il vicedirettore più sexy del mondo si passò un dito nel colletto.

«Questo certamente, ricordo benissimo. E mi creda, è sempre un vero piacere. Ma mi dica pure».

«Quanto mi piace dirti porcherie al telefono mentre lavori, amore, lo trovo intrigante. A te non fa eccitare? Scommetto che sei eccitato. Sei eccitato? Dimmelo. Devi dirmelo, su».

Dal tono si intuiva il broncio. De Luca sospirò, sorridendo alla coppia e mimando «un attimo, scusate» con il labiale.

«Ah, ma certo. Certamente, glielo assicuro. Però le ripeto, in questo preciso momento non posso...».

«Guarda che se non mi dai un po’ di corda la prossima volta non ti faccio quel giochetto che ti piace tanto. Hai presente quale, vero?».

De Luca si sistemò i capelli con un gesto nervoso.

«Sì, sicuramente sì. E le assicuro che non c’è da parte mia la minima intenzione di tirarmi indietro rispetto alla... concessione che abbiamo deliberato. Ma le ripeto, in questo momento...».

La donna si sistemò meglio sulla sedia. Capiva una parola su tre, ma conosceva benissimo il linguaggio del corpo e sapeva perfettamente cosa stava accadendo. Era meglio di una puntata di Onore e tradimento.

«Non ti voglio disturbare, amore» disse l’uomo dall’altra parte, «ma ti volevo sentire proprio in questo momento, e non in un altro. Ho ricevuto la dodicesima rosa, e...».

De Luca corrugò la fronte.

«Quale dodice... Non capisco, che vuole dire?».

L’ucraina si fece attenta. Coi perfetti tempi di recitazione, ecco il momento del colpo di scena. Diede una gomitata all’anziano, che sembrò risvegliarsi da un coma vigile.

«Dai, non fare lo stupido» disse la voce. «So benissimo che mi stai dimostrando a modo tuo, con quella dolcezza silenziosa tipica del tuo carattere, che mi ami. E ti voglio dire che l’ho capito».

L’anziano, che stava ancora cercando di comprendere il motivo per il quale avrebbe dovuto restituire tre volte la somma che riceveva, sbatté le palpebre e guardò sorpreso la compagna, massaggiandosi il fianco sgomitato.

De Luca scosse il capo, come se l’interlocutore potesse vederlo.

«No, guardi, ci dev’essere un equivoco, perché io...».

«Inizialmente non potevo crederci: una al giorno, rosse a gambo lungo come piacciono a me. Recapitate ogni volta da una persona diversa, lasciate davanti alla porta quando sono fuori. Non esiste niente di più romantico, amore mio. Niente».

De Luca rivolse un tirato sorriso di scusa alla coppia, indicando due con le dita: i minuti di pazienza che chiedeva ancora.

«Senta, dottore, questa cosa va approfondita. Le assicuro che dovremmo parlarne da vicino, perché io...».

«E ti dico un’altra cosa: trovo meraviglioso che tu abbia fatto questo riferimento simbolico tanto delicato a una cosa così vecchia, e tanto importante per i miei esordi. Le dodici rose! Pensa, quasi non ci credevo. Ho voluto aspettare oggi, per vedere se arrivava l’ultima, ed è puntualmente arrivata. Ho creduto che il cuore mi sarebbe scoppiato per la tenerezza!».

La donna fissò accigliata il compagno che si riscosse, fece un cenno di assenso e si picchiettò sull’orologio guardando storto De Luca.

«Dottore, mi dispiace ma devo lasciarla. La richiamo non appena...».

«Certo, amore. Certo. Ma era proprio adesso che volevo dirti che sì, accetto la tua proposta. E su queste dodici rose rosse, che fanno capire quanto sia grande quello che c’è fra noi, io ti giuro che sarà per sempre. Accetto la tua proposta di vivere insieme, qui da me».

Facendo segno ai due clienti di restare seduti, De Luca disse:

«Ah, grazie, dottore, che bella novità che mi sta dando, spero davvero di essere all’altezza di questa notizia. Però, mi scusi ancora, devo prestare attenzione a questi due gentilissimi clienti che...».

Dall’altra parte ci fu una risatina aggraziata e in falsetto che si sentì distintamente al di là della cornetta. Un barlume di tardiva comprensione passò per il volto dell’anziano, che inclinò il viso osservando De Luca con una nuova attenzione.

«Va bene, amore mio. Va bene. Corri qui appena hai finito il lavoro, e ti farò trovare un...».

La frase si spezzò di colpo con un rumore secco. De Luca allontanò il telefono dall’orecchio e lo fissò come se fosse diventato un oggetto incomprensibile. Poi lo riportò di nuovo in posizione, ma l’unica cosa che sentì fu il silenzio.

«Pronto?» disse. «Pronto, dottore? È lì? Dottore?».

In risposta ci fu solo il segnale di occupato. La comunicazione era stata chiusa. De Luca sospirò, sperando di non aver offeso in qualche oscuro modo l’incredibile e spesso incomprensibile sensibilità del partner, ma rimandò a una successiva telefonata, quando finalmente fosse stato libero di parlare, la richiesta di spiegazioni.

Si rivolse alla coppia col suo miglior sorriso.

«Come vi stavo dicendo, signori, non troverete da nessun’altra parte identica convenienza. Ve lo posso assicurare».