Spalmo addosso a Mafalda uno sguardo di sconforto. Conosco Prisco, non ci sarà modo di fargli cambiare idea. «Va bene, gliela daremo a pranzo, la nostra carne. La possiamo tenere in macchina, tanto è fresco» aggiunge la mia amica.
«Ma no, ma no...» replica lui, tirandosi su una bretella della sua larga tuta blu da meccanico. «Dammela, che la chiudo nel frigo grande».
Tutte le carni macinate si assomigliano, nel trito Prisco non noterà certo la differenza tra un bovino e una ragazza, il colore è lo stesso. Mafalda si avvia al bagagliaio, tira fuori un sacchetto nero – in realtà sono tre sacchi da spazzatura, che ha inserito uno nell’altro – e lo consegna all’uomo, che subito lo soppesa tra le mani.
«Però! Saranno otto chili. Quanto vi devo?». Intervengo: «Niente, niente, suo cognato l’avrebbe buttata, tutto frattaglie e ossa...».
Mafalda mi lancia un’occhiataccia che è un’intimazione a tacere.
«Buttata? Ma sicure che è buono?». Lui apre il nodo del sacchetto e ci ficca dentro il nasone a patata.
«Certo che è carne buona!» assicura la mia amica.
«Ha un odore diverso... quanti giorni è stata fuori?».
«Nessun giorno: è stata macellata sabato e conservata in freezer fino a stamattina».
Prisco annusa di nuovo.
«Magari per sentirmi più tranquillo ne faccio esaminare un campione, tanto per voi non cambia niente. Sapete, con tutti ’sti virus che ci sono in giro, se si ammalano i maiali è un casino. Ogni mercoledì mattina passa il veterinario», e guarda un istante l’orologio al polso. «Quindi tra poco è qui...».
In un secondo il mio cuore perde almeno dieci anni di capacità di pompaggio. Mafalda, invece, simula indifferenza. «Come vuoi, però stai a perdere tempo e soldi per un esame di cui non c’è bisogno. Intanto che arrivano i risultati la carne è sempre meno fresca».
«Ma no, passa tra una mezz’oretta ed esamina subito i campioni che ritira lì, vicino alla cassetta della posta. Li vedete?». Indica una cassettina di legno con dentro due provette. «Se trova qualcosa che non va me lo dice entro l’una. Così, se è tutto a posto... questo sarà il loro pranzo». Sorride, solleva il sacchetto e si dirige in una specie di garage che funge da ingresso, noi lo seguiamo. Apre lo sportello basso di un frigo gigante a quattro scomparti e ci adatta il sacco del macinato, mentre Mafalda tenta un’estrema dissuasione: «La carne di mio cognato è ottima, se non ti fidi di noi la possiamo regalare a qualcun altro».
«Certo che mi fido di voi. Ma che un animale sia sano o no dipende da tanti fattori, non c’entra la fiducia. Fatemi fare quest’analisi, così siamo in una botte di ferro. La settimana scorsa hanno avuto la cagarella, orco boia».
Il primo passaggio è nell’aia. Uno spazio ampio, qualche foglia di insalata e chicchi di mais, più un interno da dove sbucano diverse casette per covare. Un gallo malefico insegue le pollastre beccandole violentemente e quasi gracchiando. Le tapine razzolano e sbattono le ali spaventate non appena si approssima il chicchiriare del maschio.
«Cos’ha quella bestia?» m’informo.
«Non l’ho ancora capito. Si comporta così da quando è arrivato qui» risponde Prisco, toccandosi la visiera del cappellino.
«Vuole comandare?».
«Di sicuro vuole comandare, come tutti i galli, ma è anche molesto di suo».
Scegliamo la gallina che acquisteremo, la gita al podere di Prisco implica che torneremo a casa con la provvista. Io indico la gallina più vivace, Nunzia quella dal piumaggio più sgargiante. Prisco le memorizza strizzando l’occhio: più tardi tirerà loro il collo.
Oltre la conigliera, il porcile si annuncia col tipico odore di terra, piscio e sterco fresco. Prisco ci indirizza verso il recinto, è molto fiero delle sue bestie. Ci affacciamo alla transenna che delimita il cortile dei suini e le mie amiche li guardano incantate, quasi fossimo allo zoo. Insomma, signore, vorrei dire loro: son solo dei porci.
Sono preoccupata per la carne di Carmela e soprattutto per la provetta e la sua destinazione. Alla fine aveva avuto la meglio il padrone di casa, aveva aperto il tris di sacchetti neri, aveva preso un tocchettino di carne e con precisione orafa l’aveva inserito in una fialetta dal tappo giallo, la stessa che ora affianca le altre in attesa che passi il veterinario e le sottoponga ad analisi.
Siamo nei casini.
Cosa succederà quando scopriranno che si tratta di carne umana?
Sono talmente afflitta che non mi accorgo che un maiale comincia ad annusarmi la borsa e me la addenta. Solo quando sento tirare con veemenza e mi ritrovo il muso tumido del verro che strattona la vecchia pelle nera me ne riapproprio con un brusco strappo. Son figlia di contadini, io, so governare un porcile e le alzate di testa dei suoi ospiti.