Le Sultane

Tanto ha insistito, Mafalda, che alla fine ha ottenuto quel che voleva: che la partita si svolgesse a casa sua. E ora eccole, le tre parche di via Damasco, a scommettere i loro spiccioli a scala quaranta. Wilma è sempre stata la più fortunata al gioco, le amiche non si irritano più, ormai, se non smette di vincere. Del resto è anche stata la più sfortunata in amore, la Ruota della Fortuna deve pur mostrare un po’ di democrazia e pareggiare i conti con chi ha ricevuto di meno. Pescano e scartano, a rotazione, nessuna è ancora scesa.

«Non assaggiate i miei ravioli fritti?». Nunzia si riferisce agli involtini alla crema, rigirati e tagliati in forma di tor­tello.

«Non ho fame, mi dispiace». Wilma li pennella con un’occhiata di scuse.

«Farò io le veci di Wilma» risponde Mafalda arzilla. Lascia le carte sul tavolo – ha appena giocato – e li prende con le mani, infilandosene due in bocca.

«Tuo marito è a letto?». È sempre Nunzia la più ciarliera.

Mafalda annuisce, pesca una regina e scarta un quattro di picche.

«Sapete che mio fratello Casimiro mi impensierisce?» prosegue Nunzia.

«Perché?» domanda Mafalda con la bocca ancora piena.

«Mi racconta sogni strani. Credo che stia dando dei segni di cedimento, sapete, l’alcol, l’età...».

Wilma ascolta, ma finge di disinteressarsi. Casimiro ha un debole per lei, a Nunzia piacerebbe diventare cognata della sua cara vicina, ecco perché ora, da sotto gli occhiali, controlla la reazione dell’amica. Niente, quella resta impassibile.

«Riferisce delle cose... delle cose che mi viene la pelle d’oca solo a ripensarci».

Mafalda ha finito di masticare e manda giù un sorso di aranciata, poi si schiarisce la voce: «Tipo?».

«Incubi contorti, con dei mostri... ha sognato la mamma di Corradino metà donna metà lucertola che saliva sul muro e scavava nel soffitto, in corrispondenza della cucina di Carmela, e a un certo punto sgorgavano getti di sangue».

Wilma alza gli occhi verso Mafalda. «Sgorgava giù sangue dal secondo piano?».

«Fiumi di sangue».

Wilma recapita il panico dritto negli occhi di Mafalda, che di rimando sonda fingendo freddezza: «Secondo te, cosa significa?».

«Cosa vuoi che significhi? È rimasto impressionato dalla sparizione della nostra vicina».

«Appunto» postilla Mafalda. «Forse è dotato di una fervida fantasia. Forse ha solo esagerato col vino».

«Be’, volete sapere come si è evoluto il giallo del secondo piano?». Nunzia scende con un tris d’assi e una scala di cuori, dal sette al dieci, cui però ha inserito un jolly al posto dell’otto. «Giovedì sono salita da Carmela e ho suonato, ma non ha risposto nessuno. Idem ieri: ho provato quattro volte, e ci credete?». Guarda le amiche da sopra gli occhiali. «Nemmeno un rumore. La casa è vuota».

Mafalda pare risentita. «Ma perché ti sei impuntata con quei due?».

«Forse perché tratto il mio simile come me stessa e sto in pena a sapere che un bravo ragazzo abbandonato soffre?».

«Mah, tanto bravo con noi non è mai stato».

Scende anche Wilma, con quaranta punti risicati in una quaterna di dieci. Nunzia riprende: «Tutto questo silenzio mi insospettiva, così... sapete cosa ho fatto di mia iniziativa?».

Le altre due amiche alzano gli occhi dalle carte per guardarla e domandarle quasi in sincrono: «Cosa hai fatto?».

«Ho avvisato i genitori di Carmela, in Sicilia. Vi ricordate che, quando se ne sono andati, mi hanno lasciato il numero di cellulare? Volevo sapere se avevano notizie della ragazza e... udite, udite cos’ho scoperto...».

«Cosa?» chiedono di nuovo le altre due all’unisono.

«Che loro non ne sanno niente. Lei non li ha chiamati». Pesca e piega la bocca in un’espressione soddisfatta: era la carta che attendeva.

«Quindi?» sollecita Mafalda.

«Quindi la mia impressione è che a loro non gliene freghi nemmeno più di tanto, pensano che sia un’alzata di testa della figlia. Ma io non ero convinta, e sapete qual è stata la mia mossa successiva?». Nunzia adora solleticare la curiosità delle amiche, che ovviamente la incalzano.

«Quale?».

«Ho chiamato la polizia».