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Ainsley sgranò gli occhi; la casa era rimasta disabitata per mesi, chi poteva essere a farle visita?

Si asciugò velocemente, mentre il campanello suonava ancora, e si avvolse nel kimono bianco di Victoria’s Secret correndo verso la porta. Forse era Charley con il nome di una persona che potesse portarle via le cose inutili?

Aprì la porta e vide due ragazzi appoggiati alle colonne del porticato. Entrambi avevano i capelli neri ed erano dei tipi abbronzati e atletici. Uno indossava una t-shirt rossa del Tarker’s College Tennis, l'altro era a torso nudo. Gli occhi di Ainsley seguirono la traccia dei suoi addominali, magri e muscolosi, fino a dove scomparivano nella cintura degli short.

“Posso aiutarvi?” chiese, tenendosi chiusa la vestaglia sulle clavicole.

“Abbiamo letto il suo post su Neighborly e abbiamo pensato di poterla aiutare con il suo comò.” disse quello con la T-shirt.

“Oh, uhm, grazie. Siete stati veloci. Pensavo avrei ricevuto una email o qualcosa del genere.”

“Per farlo deve pubblicare il suo indirizzo di posta elettronica; sul post c'era solamente quello di casa.” intervenne quello a torso nudo.

“Se vuole possiamo tornare in un altro momento.” si offrì il primo.

Ainsley pensò a quanto poco tempo avesse e a quanto le stesse piacendo la vista di questi due robusti giovani.

“No, no, assolutamente, ora va benissimo.” Li fece entrare. “Mi spiace tanto che qui dentro ci sia tutta questa confusione. I miei genitori sono morti a gennaio e sono qui per sistemare la casa, ma è più difficile di quanto pensassi.”

“Mi spiace per i suoi.” disse T-shirt solennemente.

“Va tutto bene.” mormorò Ainsley.

T-shirt le aveva messo la mano sulla spalla per compassione, ma ora stava guardandole la scia dei capelli bagnati che portava giù al solco tra i seni, facilmente visibile nella vestaglia di seta. I capezzoli erano turgidi nell'aria fredda del condizionatore e creavano dei piccoli picchi nella stoffa che si aggrappava alle sue curve asciugate in fretta. Sapeva di profumare di miele. Il battito le accelerò e riuscì a sentire il suo odore di spericolata eccitazione. Dietro di loro, Senza t-shirt si muoveva irrequieto e lei colse una zaffata di gelosia.

“Mi chiamo Justin.” disse Senza t-shirt, cercando di riconquistare il suo sguardo.

“Will.” disse T-shirt.

“Siamo maturandi.” disse Justin.

Ainsley sorrise alla loro goffaggine. I ragazzi erano così quando lei era al college?

“Andiamo di sopra e date un'occhiata al comò; non importa se non riuscite ad aiutarmi. Mi sembra impossibile poterlo tirare fuori di qui senza farlo a pezzi, ma forse voi troverete il modo.”

Will era proprio dietro a lei sulle scale e riusciva a sentirne l'ammirazione.

Quando raggiunsero il terzo piano, Ainsley aprì la porta alla camera di fronte e guardarono tutti il comò.

“Questo?” chiese Justin.

“Sì. È così grande e non so cosa poterci fare.” disse Ainsley scherzando, lasciando sospeso nell'aria il doppio senso.

“Sono sempre stato bravo a far entrare cose grandi in posti stretti.” disse Justin, rispondendo al suo scherzo da giocatore di tennis, come aveva scritto sulla maglietta.

“Io ne ho maneggiati di più grandi.” disse Will.

Ainsley represse una risata, ma la stavano già ignorando e si erano dedicati al lavoro.

Era ovvio che fossero buoni amici e che avessero già spostato delle cose insieme. Con molti cenni del capo e grugniti e pochissime parole misero per traverso il comò bestiale e si diressero alla porta.

“Non volete togliere prima i cassetti?” li interruppe Ainsley, sembrando molto più simile a sua madre di quanto avrebbe voluto.

I ragazzi risero.

“No, non è un problema, signorina.” disse Will.

Justin le strizzò stranamente l'occhio.

Scesero le scale, e cominciava a sembrare che avessero ragione e che non c'era nessun problema, quando voltando l'angolo sul pianerottolo del secondo piano schiacciarono la mano di Justin sul muro intonacato. L'intonaco si polverizzò, il che voleva dire che la mano di Justin doveva fare molto male.

Appoggiarono il comò sul pianerottolo; Justin si teneva la mano al petto. Ainsley corse verso di lui, scossa dal senso di colpa per averli fatti spostare qualcosa che ovviamente avrebbe dovuto essere fatto a pezzi con un'ascia e buttato nell'immondizia.

“Dobbiamo metterci subito del ghiaccio.” disse. Loro la seguirono obbedienti giù per le scale. Tirò fuori una vaschetta dal freezer; i suoi genitori dovevano essere stati gli unici nello stato a non avere una macchina del ghiaccio come si deve. Ruppe la vaschetta e fece cadere i pezzi in una ciotola di plastica, afferrò una busta e un asciugamano e tornò nel salotto.

I ragazzi stavano in piedi accanto al divano a guardare la ferita.

“Mi dispiace così tanto, Justin. Siediti e ci mettiamo del ghiaccio.”

Si sedette su un lato del divano e lei si inginocchiò di fronte a lui. Sapeva che il kimono le copriva appena il posteriore e sentì Will spostarsi di qualche passo per avere un angolo di vista migliore.

“Dammi la mano.”

Gliela offrì subito. Erano così veloci a eseguire tutti i suoi comandi, si domandò cosa altro avrebbe potuto chieder loro di fare.

“Riesci ad aprirla e a chiuderla?” chiese.

Justin fletté le dita. Ainsley gli prese la grossa mano nella sua, più piccola. Prese la busta di giaccio dalla ciotola, la avvolse nell'asciugamano e la applicò con molta delicatezza alla ferita.

“Va molto meglio.”

“Mi fa piacere. E mi dispiace molto che ti sia fatto male cercando di aiutarmi.”

“È tutto a posto. Porteremo quella cosa fuori dal suo corridoio e torneremo ad aggiustare il muro, lo prometto.”

“Non vi preoccupate del muro, va tutto bene. Stai meglio ora?”

“Sì.” disse, senza più nascondere di star guardando giù sotto la vestaglia.

Si alzò lentamente, toccandogli la gamba con il seno. Lo sentì deglutire. L'odore dell'eccitazione sgorgò da entrambi. Era sbagliato stuzzicarli in quel modo, ma sembrava non poterne fare a meno.

“Forse è meglio che andiamo; mi spiace per il comò.” disse Will.

“Veramente, non è un problema, deve venire qualcuno a prendere comunque altra roba, sono sicura.”

“No, volevo dire che ci serviva un comò. È una lunga storia, ma abbiamo un terzo coinquilino che ci ha dato buca e la maggior parte dei mobili erano i suoi.”

“Volete tornare un altro giorno a prenderlo?” chiese Ainsley.

“Sì!” risposero all'unisono.

“Okay,” disse lei, “per me va bene, ma dovete venire questa settimana. Fatevi lasciare il mio numero, la prossima volta magari mandatemi un messaggio quando state arrivando, okay?”

Scrisse il suo nome e il numero su un biglietto profumato al caprifoglio e lo tirò nella loro direzione. Will lo afferrò prima che Justin potesse prenderlo.

“Grazie...Ainsley. Lo apprezziamo molto, e saremo felici di aiutarla a spostare qualsiasi cosa. La prossima volta staremo più attenti.” Sorrise ironico, e lei non poté fare a meno di sorridere in risposta.

“Va bene,” disse con leggerezza mentre i due ragazzi uscivano nel porticato, “sono sicura che due ragazzi forti e giovani come voi potrebbero aiutarmi con molte cose. Forse la prossima volta potremmo saltare del tutto la parte dei mobili.”

Ainsley chiuse la porta lasciandoli nella veranda, tutti e due a bocca aperta. Si appoggiò alla porta e si coprì la bocca con le mani soffocando una risata.

L'aveva veramente detto?

Cosa le stava facendo quella città?

Mise il pensiero da parte e salì le scale per andarsi a vestire. Era quasi ora di uscire per andare al seminario di Julian.