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Sfilandosi la vestaglia, Ainsley contemplò il proprio corpo nello specchio; pensò pigramente tra sé e sé che era stata maturanda solo pochi anni fa, ma che quel poco tempo nel mondo degli adulti aveva in qualche modo cambiato il suo punto di vista.

Guardò il proprio riflesso nudo, cercando di vedere cosa avessero visto loro invece dei milioni di difetti e imperfezioni che inventariava sempre.

In fondo in fondo, ad Ainsley piaceva il proprio corpo e tutte le sue curve morbide e sensuali, solo non era sicura del perché potesse piacere a qualcun altro. Di certo non aveva l'aspetto delle donne dei giornali e della TV, tutte spigoli e ossa.

Si voltò ed esaminò l'armadio; si era portata così poca roba, avrebbe dovuto mettersi ancora la sottoveste di lino. Almeno le stava bene. Trovare delle cose carine che non accentuassero troppo il suo corpo voluttuoso era seccante, ma Ainsley si rifiutava di nascondersi in vestiti troppo larghi.

Scivolò di nuovo nel vestito e nei sandali e si mise un po' di fard e di lucidalabbra. Dovette trattenersi dal truccarsi del tutto, ma non stava andando al lavoro e non voleva che sembrasse ci stesse provando con troppo impegno.

Soddisfatta prese la borsetta e, d'impulso, ci infilò dentro una bustina di articoli da toeletta, non si sa mai.

“Non ci pensare sopra troppo, Ainsley.” disse al suo riflesso chiedendosi cosa stesse succedendo al proprio senso del decoro.

Anche se aveva la vecchia Volvo station wagon dei suoi genitori, decise di andare a piedi fino al college; la temperatura era scesa di qualche grado e non era più soffocante, e il profumo dei gelsomini fioriti di notte riempiva l'aria. Ainsley normalmente era una camminatrice veloce, ma non volendo sudare nel vestito la prese con calma.

Nella casa di Sadie Epstein-Walker le luci erano tutte accese; Ainsley si chiese se stesse facendo una festa in giardino o si sentisse sola e le avesse accese per avere un po' di calore. Le persone nuove giù nell'isolato stavano montando un gazebo e gli uomini avevano appena posizionato i puntali di rame dei pali. Sembrava carino, anche se era un cambiamento.

Attraversò la Yale e passò accanto al cantiere dove prima aveva visto Erik; il cuore le ebbe uno sbandamento, e si sforzò di tenere il passo.

Presto si ritrovò al limitare del bosco del college e sul sentiero per la Scott Hall. Si fermò sotto un lampione per incipriarsi il naso e passarsi un altro po' di lucidalabbra; gli occhi le scintillavano e le gote erano rosse. Il lucidalabbra le faceva sembrare la bocca quasi gonfia. Mise di traverso lo specchietto per guardarsi i seni che deformavano il lino color crema del vestito; sperava che Julian non indovinasse quanto si sentisse libertina quella sera.

Per tutta la vita era riuscita ad avere ciò che aveva voluto comportandosi in modo tranquillo e , se riusciva a gestire il mercato degli immobili di lusso a Manhattan senza avere un cognome famoso, avrebbe sicuramente potuto catturare l'interesse di un bell'accademico.

Senza ulteriore trambusto, si lisciò la gonna, si sistemò i capelli dietro alle orecchie e marciò lungo il sentiero e su per una larga scalinata di pietra.

Entrando nella Scott Hall l'aria fresca l'avvolse e i tacchi le ticchettarono sul pavimento di marmo. Era straordinario quanto si riuscisse velocemente a uscire dai boschi caldi e umidi e a tornare nella fredda civiltà.

Il foyer era quasi vuoto; c'erano alcune persone del posto, di una certa età, in piedi vicino al tavolo del rinfresco, ben fornito di ciò che lei sapeva essere cracker stantii e sidro di mele frizzante in bicchieri di plastica.

C'era un foglio per registrarsi sul leggio accanto alla porta, quindi si fermò e scrisse con cura “Ainsley Connor”; le venne un improvviso attacco di panico nello scrivere il suo vero nome, poi rise di se stessa. L'avvertimento di Erik era stato abbastanza stupido, e poi quasi tutti in città sapevano comunque chi fosse.