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La cucina era illuminata dalla luce calda del sole al tramonto; rimbalzava sui colpi di sole nei capelli di Julian, e ricordò ad Ainsley il richiamo dell'alfa.

Appena arrivato aveva stappato il vino e l'avevano sorseggiato chiacchierando, mentre Ainsley apparecchiava il tavolo di legno.

“Quindi, come hai passato la giornata?” chiese Julian.

Ainsley strinse le labbra mentre toglieva l'involucro di plastica dal vassoio dell'hummus. Doveva raccontargli delle effrazioni? Come avrebbe potuto confidargli cosa stesse succedendo nella sua vita senza parlare dei lupi giganti?

E di Erik?

E dei brutti, brutti sogni?

“Qualcosa non va?”

“Quando sono tornata a casa ieri sera, qualcuno era entrato.”

“Cosa?”

“Avevo sistemato tutti i libri di mio padre nel suo studio, e quando sono tornata erano tutti sparsi sul pavimento. All'inizio ho pensato che avessero solo messo tutto sottosopra, ma poi mi sono resa conto che i libri erano sparsi in quel modo perché stavano cercando qualcosa.”

“Cosa hanno preso?”

“Non sono sicura; finora tutto quello che sono riuscita a ricordarmi è ancora qui. Tutte le prime edizioni e i libri di valore ci sono ancora.”

“Beh, è una fortuna,” disse Julian solennemente, “ma sono preoccupato di cosa potessero cercare tra le cose di tuo padre. Hai idea di cosa potrebbe essere, a parte i libri?”

Ainsley scosse la testa e tirò fuori le posate per servire; non riusciva a pensare a nessuno che potesse volere altro da suo padre che qualche volume.

“Forse era solo un ladro occasionale, che stava cercando del contante e non sapeva che i libri fossero di valore.” suggerì Julian.

“Pensavo lo stesso, prima di oggi pomeriggio.”

“Cosa è successo?”

Ainsley si lisciò la gonna; istantaneamente si ricordò di quando Julian le aveva fatto passare le mani sulle cosce la notte precedente, arrossì e si accorse con la coda dell'occhio che lui stava seguendo i suoi movimenti. Lo ignorò deliberatamente e si voltò a prendere i bicchieri per l'acqua ghiacciata.

“Sono andata allo studio di mio padre al college. Anche quello è stato messo sottosopra.”

“Oh signore.”

“Non sapevo molto di cosa ci fosse lì, ma ho visto che dei libri di valore non sono stati presi.”

“Cosa potevano cercare, Ainsley? Tuo padre stava lavorando su qualcosa di nuovo da pubblicare?”

Era un'idea.

“Non lo so,” ammise lei, “ma se avessero cercato quello non avrebbero preso il suo portatile? Non hanno toccato i computer.”

Julian scosse la testa.

“E la polizia cosa dice?”

“Non hanno idea. Catalogheranno tutto ciò che trovano al campus e poi mi chiameranno.”

“E a casa?”

Ainsley guardò verso il basso.

“Io, uhm, ho ripulito lo studio prima. Ho pensato a chiamarli solo stamattina.”

“Mi stai dicendo che mi hai lasciato nel bel mezzo della notte, sei tornata a casa, hai scoperto che era entrato un intruso, hai ripulito le prove e sei andata a dormire da sola senza chiamare la polizia?”

Messa in quel modo sembrava proprio da pazzi, ma non poteva dirgli che riusciva a trasformarsi in un lupo gigante a qualsiasi segno di pericolo.

Invece alzò le spalle.

“In quel momento non sembrava niente di grave, e poi cosa poteva fare la polizia?”

“Beh, non posso credere che ti facciano restare in casa dopo quello che è successo.”

“Nessuno mi ha minacciato, sembra che volessero solo qualche cosa che era di mio padre.”

“Perché non l'hanno cercata prima che tornassi a casa? Non è stata vuota per un paio di mesi?”

Ainsley si immobilizzò; non ci aveva pensato.

“Perché non stai da me per qualche giorno? Thayer House non è esattamente piena di gente.”

“Devo veramente finire di sistemare qui. Non posso perdere il resto della mia vita in questo posto, devo tornare a New York.”

“Quegli attici non si vendono da soli, eh?”

Messa in quel modo sembrava superficiale, ma 'quegli attici' erano la sua carriera.

“E tu?”

“E io cosa?”

“Per quanto tempo starai a Tarker’s Hollow?”

“Sarò qui per il semestre autunnale.”

“E poi?”

“Wow, non abbiamo passato molto tempo a chiacchierare ieri notte, eh?”

Ainsley sorrise con fare cattivo e scosse la testa.

“Eri tutta dedicata agli affari, signorina Connor.”

Ainsley sogghignò.

“Hai appena fatto un sorrisetto?”

Lei scrollò le spalle e mise dei tovaglioli di stoffa sul tavolo.

Le prese il polso e la tirò vicino a sé; pensò di resistergli, ma il vino la stava facendo sentire pigra, e poi era curiosa di vedere cosa sarebbe successo.

“Perché sei così obbediente in camera da letto e così insolente fuori?” le sussurrò all'orecchio, solleticandole il collo con il respiro caldo.

“Sono sicura che non sai quello che dici.” disse con leggerezza, tirando via il polso dalla sua presa e scivolando al proprio posto sul tavolo.

“Ragazza. Americana. Impudente.” dichiarò con un sorriso.

“E affamata.” replicò, riempiendosi il piatto di cetrioli, olive e una pila di fette di pita tiepide. “E che vuol dire ‘Americana’?”

“Io sono inglese.”

“E dove è il tuo accento sexy?”

“Sembrava pretenzioso continuare ad usarlo quando è da tanto che vivo qui. Facciamo così,” disse Julian, mentre le riempiva di vino il bicchiere, “tu mangia, e io intanto completerò i dettagli, in modo che la nostra scopata di stanotte non debba essere così dannatamente anonima.”

Ainsley cercò di infastidirsi per la sua presunzione, ma non ci riuscì, invece gli sorrise, si mise in bocca un'oliva e gli fece cenno di procedere con un gesto regale.

“Sono cresciuto nell'Inghilterra rurale,” iniziò, “mia madre faceva la sarta e mio padre aveva una piccola fattoria che era appartenuta a suo padre. La nostra vita era felice finché una donna si trasferì alla porta accanto; era una vedova.”

Ainsley guardò in alto.

Oh, merda. Sarebbe stata una storia i-miei-genitori-sono-divorziati-e-sono-stato-traumatizzato-per-sempre. Che peccato che chiunque fosse della Generazione X o più giovane ne avesse una. Si preparò ad una serata lagnosa.

“Si chiamava Eugenie. Era bellissima. Lunghi capelli neri, pelle bianca e morbida, proprio come te, Ainsley, e un sorriso che ti faceva fare i salti mortali allo stomaco.”

Fece una pausa, per inzuppare una carota baby nell'hummus e si offrì di fargliela mangiare. Lei accettò e gli sfiorò le dita con le labbra succhiandogli via la carota dalla mano.

“Avevo solo dodici anni, ma avrei fatto qualsiasi cosa per guadagnarmi uno dei suoi sorrisi, e avevo molte opportunità. Mia madre era così dispiaciuta per lei che mi mandava a fare qualsiasi tipo di lavoro domestico.”

Okay. Giusto. Ainsley cambiò le proprie aspettative. Sarebbe stata una di quelle storie ho-fatto-sesso-quando-avevo-dodici-anni-perché-le-donne-non-potevano-resistermi.

“Un giorno quando ero lì a potare la siepe, ho sentito un suono acuto nel suo cottage; all'inizio pensai fosse un gattino, ma poi ascoltandolo sembrava più qualcuno che piangeva. Entrai dentro per vedere cosa ci fosse che non andava.

“Arrivato dentro, vidi Eugenie che piangeva accovacciata sul divano. Non sapevo cosa fare, avevo dodici anni ed ero molto ingenuo dal punto di vista sociale, ma la vista di lei mi spezzò il cuore e feci istintivamente ciò che avrei fatto se fosse stata mia madre. Corsi a inginocchiarmi accanto a lei, la abbracciai meglio che potei e le diedi dei colpetti sulla schiena.

“Lei mi guardò sorpresa, e il sorriso che uscì tra le sue lacrime era il più bello che avessi mai visto.

“ ‘Ti manca molto tuo marito, Eugenie?’ le chiesi.

“ ‘Oh, amico mio,’ disse gentilmente. ‘Mi manca, ma non è per questo che piango.’

“ ‘Allora perché stai piangendo?’ chiesi.

“Lei alzò la mano, e teneva un piccolo libro, Il giardino dei ciliegi.”

“Oh.” sospirò Ainsley.

“E questa è la storia di come ho incontrato l'amore della mia vita, la letteratura russa.”

Si sorrisero l'un l'altro, poi lui scelse un cetriolino, lo immerse nell'hummus e glielo offrì.

Ainsley leccò lentamente via una goccia di hummus dal fondo del sottaceto, poi lo tolse tutto dalle mani di lui con gli incisivi.

Gli occhi di Julian si infiammarono.

“Comportati bene! Non ho ancora finito.”

Ainsley gli fece uno sguardo innocente.

“Mio padre non era così contento che leggessi tanto, avrebbe preferito che mi interessassi di piccolo allevamento come aveva fatto lui quando era bambino, e mia madre si rese conto di quanto fosse attraente per me la vedova e smise di mandarmi da Eugenie a fare commissioni, ma era troppo tardi.”

Fece una pausa e fece passare un triangolo di pita nella scodella dell'hummus; lasciò una scia come una piccola barca a vela. La mangiò, sorseggiò il suo vino, e continuò.

“Ero drogato, e non riuscivo a fermarmi; li leggemmo tutti insieme: Tolstoy, Dostoevskij, Chechov. Ci spezzarono il cuore, ci fecero ridere, sembravano stranamente familiari nella nostra solitaria vita di campagna.

“Io ignorai i miei genitori e i miei compiti e passai tutto il tempo che potevo con Eugenie; sedevo sul pavimento accanto al suo divano e le leggevo. A volte lei leggeva a me, e mi faceva passare sbadatamente la mano tra i capelli.”

Ainsley si chinò un po' in avanti; forse era questo il punto in cui la storia sarebbe andata da una parte o dall'altra.

“Sono finito all'università, letteratura russa, e non mi sono mai guardato indietro. Alla fine mi ha portato qui.”

“E i tuoi genitori, ti hanno perdonato?”

“Sono morti tanto tempo fa; ma sì, volevano che fossi felice.”

“E Eugenie, cosa le è successo? Avete mai...” Ainsley non riuscì a finire.

“Smetti con le tue infinite domande, donna. Ho fame!”

Ainsley si rese conto che aveva deciso di non raccontarle l'intera storia, e la fece incuriosire anche se era quasi sicura di sapere dove andasse a finire. Decise che il miglior metodo per farsela raccontare fosse di tirarsi indietro e prenderla da un altro angolo, un'altra volta.

Invece, fece passare una carota baby nell'hummus e gliela diede. Lui la prese e le leccò le dita. L'inaspettato contatto la fece ridacchiare.

“Mi piace quel suono.” disse Julian semplicemente, guardandola negli occhi.

Ainsley si sentì quasi a disagio sotto la sincerità del suo sguardo. Le piaceva molto, veramente. Era tutto ciò che lei avesse mai sognato.

Cosa la stava trattenendo?

Forse era solo lo stress di tutte quelle cose che erano accadute tutte insieme.

Respinse i suoi dubbi e restituì l'intenso sguardo con un timido sorriso.

Lui la ricompensò con un sorriso così caldo che lo sentì nella pancia; le linee d'espressione ai lati dei suoi occhi erano così sexy. Doveva avere intorno ai trentacinque anni, almeno. Quanti anni aveva?

E quanto aveva bevuto lei?

Mentre se lo chiedeva, lui le versò il resto della bottiglia nel bicchiere.

Oh, beh, era stata una lunga giornata, era bello potersi rilassare. E non poteva comunque ubriacarsi veramente, era un altro vantaggio di essere un lupo.

Fece roteare il vino nel bicchiere e bevve un altro sorso.