Be’, almeno credevo che lo fosse.
«Fai cosa? Ti ha dato letteralmente di volta il cervello?»
Se devo essere sincero, non è proprio la reazione che mi aspettavo quando rivelo ai miei amici il mio nuovo approccio alla vita.
Non avevo neppure in mente di parlarne. Anzi, avevo in mente esattamente il contrario. Lo avrei tenuto nascosto quanto meno per un po’. Sapevo che cosa avrebbero pensato. Se avessi potuto prima sperimentarlo e poi mostrare loro i benefici, sarebbero stati più propensi a considerarla una buona idea. Tuttavia mentre siamo al banco e getto in aria una moneta per decidere se voglio un Gem o un Thatchers, sono costretto a confessare tutto.
«Quindi, fammi capire. Lancerai una moneta per ogni decisione che prenderai per un anno intero? Giusto?» chiede Jake perplesso mentre paghiamo i drink. È alto e magro, direi allampanato, e mi guarda attraverso i suoi occhiali con la montatura in corno passandosi le dita tra i capelli flosci leggermente ramati.
In piedi dietro il banco Big D, il sessantenne proprietario con il suo taglio mullet anni Ottanta che cerca sempre di monopolizzare i discorsi, appare altrettanto disorientato.
«Sì, è quello che ho detto, no?» mi rivolgo a entrambi come se mi stessi esibendo davanti a una folla. Ho la sensazione d’essere sotto processo.
«Cos’è, una specie di strano proposito di Capodanno?» osserva allegro Big D.
«Suppongo che lo si possa chiamare così.»
Prima ancora di bere il primo sorso della mia pinta, mi rendo conto di aver commesso uno sbaglio. Ricordo perché non avevo intenzione di dire niente.
Ci facciamo strada dal banco a un tavolo nell’angolo della sala dov’è seduta Jessie. Ex atrio di una banca riconvertito, il locale è identico a tutti quei raffinati gastropub che ti servono cibo da pub a prezzi da stelle Michelin, con la birra artigianale alla spina e gli interni scuri, senz’anima, in cui i pavimenti appiccicosi, i tavoli rotondi e le freccette dei tempi andati sono ormai un ricordo. Persino le pareti sembrano smarrite, come se si fossero avventurate nel palazzo sbagliato. La storia secolare di questo edificio di Clifton è stata condannata e relegata a una pubblicità di tre righe rubata a Wikipedia e stampata sul menu.
«Sai che i propositi di Capodanno di gran parte della gente sono di solito cose come dimagrire, smettere di fumare, non bere più, vero? Jessie, il tuo qual è quest’anno?» chiede Jake mentre ci sediamo vicino a lei. Porta i capelli scuri sciolti e, sebbene sia alta quanto me, le arrivano quasi alla vita. Scompare nella sua giacca imbottita arancione fluo e sembra vestita in modo più adatto a Sankt Moritz. Ha sempre freddo e non è mai discreta nella scelta degli abiti. Mentre Jake si sforza disperatamente di essere hipster, lei ci riesce senza accorgersene.
«Il mio proposito? Correrò la maratona di Londra», dichiara fin troppo entusiasta per una persona che si sottoponga a una tortura del genere.
«Okay, be’, è sempre abbastanza folle, ma è molto più normale che lanciare in aria una moneta per ogni decisione», replica lui.
«Cos’è questa storia della moneta?»
Adesso lo sa anche Jessie. Magnifico.
«Non hai ancora saputo dell’assurda idea che Josh ha di fare a testa o croce per ogni decisione che prenderà quest’anno?»
«No, non lo sapevo, ti ha dato di volta il cervello, Josh?»
Pare sia la risposta standard.
«Quello che non riesco a credere è che non ti vediamo per alcune settimane e nel frattempo tu riesci a chiederle di sposarti, a rompere con lei, perdere il lavoro, tornare a casa e decidere di affidare l’intera tua vita a una moneta. È questo che succede quando non ci sono io a darti consigli?» Jake alza teatralmente gli occhi al cielo.
«Per la Hewlett-Packard ha funzionato bene. Sapevate che hanno tirato una moneta per scegliere in che ordine mettere i nomi?» ribatto.
«Questo è vero», conferma Jessie. «Packard Hewlett suona più come uno studio legale esclusivo che un’industria tecnologica. Però si è trattato di una decisione sola, non hanno continuato a farlo, i loro computer non sono progettati in base a quello che dice una moneta.»
«Quindi la lancerai letteralmente per ogni decisione? Quali calzini metterti? Quale sandwich mangiare? Cavolo, è una cosa da pazzi», ride Jake.
«Sì.» Confermo e capisco in quell’istante stesso di non aver forse riflettuto a fondo sulla questione. «Ho la sensazione di non aver preso le decisioni migliori, finora, perciò perché non lasciarmi guidare dal destino per un po’? Forse la moneta potrebbe aiutarmi a trovare me stesso, e l’amore. Cos’ho da perdere?»
«La tua dignità», sogghigna piano Jessie.
«No, no, Jessie, non prenderlo in giro. Ora che ce lo ha spiegato, è perfettamente logico.» Jake è più che mai sarcastico.
«Ieri sera ho letto che l’individuo medio prende circa trentacinquemila decisioni al giorno, cioè più di un milione al mese o di dodici milioni all’anno. Pensa quanto rifletto in ciascun caso, quanto tempo spreco e in definitiva in quante occasioni sbaglio.» Gli altri due sorseggiano educatamente i loro drink mentre sproloquio.
Stiamo aspettando che al Cricketers’ Arms inizi il quiz settimanale. Hanno ripreso a organizzarlo dopo la pausa per le feste. Ci siamo conosciuti quando abbiamo cominciato a lavorare all’hotel, tutti nello stesso periodo, e approfittiamo del nostro appuntamento settimanale per raccontarci le ultime novità. Jake ha lasciato l’albergo mesi fa e ora ne dirige un altro a Bristol. Sembra fantastico, finché non sai che è il trentacinquesimo hotel dei trentasei classificati su TripAdvisor. Jessie se n’è andata un paio d’anni fa per diventare maestra elementare. A quanto pare, persino i bambini di cinque anni sono meno fastidiosi degli ospiti d’albergo. Hanno entrambi un anno meno di me, cosa che non mancano mai di ricordarmi.
«Tutta questa storia della moneta ha che fare con Jade, vero?» Jessie sta mescolando il suo drink con la cannuccia da un po’e d’un tratto alza lo sguardo come se avesse appena risolto un grande mistero.
Perché deve trasformarsi in una seduta terapeutica? Non ha niente a che vedere con Jade. Riguarda me, il mio desiderio di fare qualcosa di diverso. Qualcosa di meglio nella mia vita.
«Jade non c’entra», affermo con decisione.
È chiaro che non mi credono.
«Scusate, chi è Jade?» chiede il nuovo fidanzato di Jake sedendosi al nostro tavolo.
È la prima volta che ci incontriamo. È basso, con una zazzera di capelli biondo chiaro e lavora nel marketing dei social media. Assomiglia a uno di quei tipi che vanno a un festival e tengono il braccialetto al polso per il resto dell’anno.
La rottura con Jade ha ripercussioni più vaste. Non solo ho perso la mia fidanzata, abbiamo perso anche il quarto componente della nostra squadra per il quiz. Josh, Jade, Jessie e Jake. Eravamo «gli All-Jays».
Lei si terrà l’appartamento, io la squadra del quiz. Splendido.
Salta fuori che rimpiazzarla nella squadra è molto più semplice e veloce di quanto non lo sia farlo nella mia vita. In un attimo siamo riusciti a trovare qualcun altro con il nome che inizia per «j».
Jake.
Sì, anche il nuovo ragazzo di Jake si chiama così. È molto disorientante. Nelle ultime settimane mi aveva lasciato perplesso il fatto che Jake (l’originario) avesse iniziato a parlare di sé in terza persona. Gli domandavo che cosa avesse intenzione di fare nel fine settimana e lui mi dava risposte tipo: «Jake ha uno spettacolo, quindi ci andrò», o «Jake deve lavorare, quindi niente di particolare». Presumevo che avesse sviluppato da poco l’abitudine di parlare di sé in terza persona e avevo preso a imitarlo: «Oh, peccato, perché Josh si stava chiedendo se avessi voglia di fare qualcosa». Solo ora, mentre lo presenta e lui si allunga sul tavolo per stringerci la mano, capisco.
«Quindi dal momento che pensi di aver preso la decisione sbagliata con Jade, d’ora in poi lancerai una moneta prima di fare qualsiasi scelta?» chiede Jake di Jake.
No, no, no. Jade non c’entra.
Già Jake di Jake non mi piace. Non so perché lui, ma anche gli altri due, abbia tanta difficoltà a comprendere ciò che gli ho detto. Non è sicuramente complicato da capire.
Lancerò in aria una moneta per ogni decisione che prenderò nella mia vita. Cosa c’è di strano?
«Bentornati, ragazzi, presumo che stasera giochiate tutti? Little D vi chiederà la quota di partecipazione passando di tavolo in tavolo.» Little D è il figlio di Big D e il conduttore del quiz. Ironicamente supera di mezzo metro suo padre e ha perso tutti i capelli.
«Ecco», dico dandogli le sterline.
«Avete cambiato formazione?» domanda.
«Sì, più o meno.»
Devo spiegare della fine del mio fidanzamento a tutti?
Nel momento in cui Little D ci passa i fogli con le immagini, tre ragazzi con gli occhiali sulla ventina ci superano con passo lento e un sorrisetto malizioso.
«Speravo che fossero ancora in vacanza», bisbiglia Jessie.
«Sono sempre qui. Non hanno letteralmente mai perso una serata del quiz negli ultimi tre anni», replico mentre occupano il loro solito tavolo vicino al bar.
«Chi sono?» chiede indagatore Jake di Jake.
«I nostri principali rivali. I Quizlamic Extremists. Tre dottorandi di astrofisica della Bristol University che vincono il quiz ogni settimana, e intendo proprio ogni settimana. Da quando gareggiamo, e sono tre anni, siamo riusciti solo ad arrivare secondi», spiega Jake.
Le nostre conoscenze combinate sulla Disney (Jessie non è mai cresciuta), Beyoncé (Jake va ogni giovedì alle lezioni di danza in stile Beyoncé) e il campo in cui sono esperto, il Bristol City Football Club dal 2001 circa ai giorni nostri, non bastano mai a sbaragliare i Quizlamic Extremists con le loro imbattibili risorse in tema di cultura generale.
«È una rivalità accanita? In che cosa mi avete trascinato?»
«No, non ci degnano quasi d’attenzione. Ed è l’aspetto peggiore. Non ci vedono neppure come dei rivali.»
«Ma voi ci sapete fare?» incalza Jake di Jake.
«Secondo me non siamo negati, è che loro sono invincibili», risponde Jessie.
«Tipo, voglio dire, se andassimo in un altro posto probabilmente vinceremmo», afferma Jake.
«Non c’è dubbio», convengo.
Guardo il loro tavolo mentre buttano giù in fretta tutte le risposte alle domande sulle foto, mentre noi fatichiamo a dare un nome a qualsiasi faccia.
«Credo che per loro sia la principale fonte di reddito. Vanno ai quiz nei pub ogni sera della settimana e si portano a casa le vincite.»
«Non è molto giusto nei confronti di tutti gli altri», deplora Jessie.
«Speriamo solo che si laureino molto presto e vadano da qualche altra parte», esclama speranzoso Jake. «Anche se è divertente vedere quanto si irriti Josh ogni settimana perché non vinciamo.»
«Jake, sai di quella volta che Josh è stato cacciato da una festa per bambini perché non sa perdere?» Jessie adora ripeterlo a tutti.
Quello che tralascia sempre di precisare è che ero piccolo quando mi hanno cacciato da quella festa. Non sono un adulto che va ancora alle feste di compleanno dei bimbi e a cui viene chiesto di andarsene quando perde giocando alla coda dell’asino. È una differenza piuttosto sottile ma fondamentale a proposito della quale devo correggerla ogni volta.
«Okay, ragazzi, stiamo per cominciare. Siete tutti pronti? Domanda numero uno…» Little D impedisce a Jessie di mettermi ulteriormente in imbarazzo.
«In ordine inverso, abbiamo Big Fact Hunt con quarantasette punti», Little D lo pronuncia con molta cura, «Universally Challenged con cinquantadue, Trivia Newton John con cinquantaquattro…»
Può essere che si sia dimenticato di noi? Abbiamo di sicuro perso punti importanti durante la parte musicale. Little D ha suonato alcune canzoni con un kazoo e non siamo riusciti a capire se si trattasse di Jim Morrison o di Van Morrison.
«E al primo posto abbiamo un pareggio!»
Siamo in testa? Certamente no.
«Gli All-Jays e i Quizlamic Extremists sono pari a cinquantanove.»
Devono aver sbagliato a contare!
I Quizlamic Extremists ci guardano, piuttosto turbati.
«Okay, datemi un secondo. Ci sarà una domanda di spareggio per vedere chi vincerà il montepremi di questa settimana.»
Little D non era preparato per un esito simile e sta freneticamente cercando una domanda di spareggio sul telefono. Un silenzio imbarazzato cala sulla sala mentre gli unici rumori arrivano dalla cucina. Nonostante nel pub aleggi odore di cibo, devo ancora recuperare l’appetito dopo lo shock della rottura con Jade. Jessie nel frattempo non ha fatto che mangiucchiare patatine fritte tutta la sera, e Jake di Jake ha divorato il suo hamburger alla quinoa.
Ovvio, è vegano.
«Okay, allora… per favore, scrivete la risposta su un pezzo di carta e ricordate che vince la squadra che si avvicina di più… In media quanti euro vengono raccolti dalla fontana di Trevi a Roma ogni anno?»
Domanda insidiosa.
Ci guardiamo sconcertati. Siamo ancora tutti un po’ scossi, credo, al pensiero di essere in gara per la vittoria. Dopo aver partecipato al quiz a settimane alterne per un anno, questa è la nostra occasione di crogiolarci nella gloria come vediamo fare ai Quizlamic Extremits ogni mercoledì.
«Tu cosa dici?» mormora Jessie allungandosi sul tavolo invaso da bicchieri e piatti vuoti.
Discutiamo a bassa voce, anche se la cosa non ha molta importanza, dato che non abbiamo idea di quale sia la risposta vera e che fatichiamo persino a immaginare una cifra approssimativa. Jessie prende d’un tratto la penna e scribacchia alcuni numeri.
«Sto solo cercando di capire quanti euro potrebbero essere lasciati ogni giorno per poi moltiplicarli per trecentosessantacinque.»
«Sei proprio una maestra.»
«Dunque, mille euro al giorno farebbero trecentosessantacinquemila all’anno. Pensate che possa essere più o meno giusto?»
«Avevi bisogno di scrivere il risultato?» la prendo in giro.
«Non lo so. Credo che potrebbe essere anche di più», interviene Jake di Jake. «Pensate quanti turisti ci andranno ogni sera per buttarci una moneta. È quello che fanno a Roma, no?»
«Ma ci buttano dentro un euro ogni volta o solo qualche centesimo?»
«Non tutti sono spilorci come te», ribatte Jake con un sorriso insolente.
Guardo dall’altra parte della stanza i Quizlamic Extremists tentando di decifrarne il labiale.
«Okay, un po’ di più?» Jessie si mette al lavoro per calcolare una nuova cifra. «Diciamo mezzo milione?»
«Mi sta bene», annuisco.
«No, penso che sia un milione e mezzo. Mi sembra di averlo letto da qualche parte.» I due Jake si guardano concordando.
«Non può di sicuro essere così tanto. Se scegliessimo qualcosa nel mezzo? Jessie tiene la penna sospesa sul foglio.
«Vi do altri dieci secondi, ragazzi. Dieci, nove, otto…» urla Little D.
Ci guardiamo disarmati.
«Visto che la domanda riguarda le monete, perché non proviamo a lanciare la tua, Josh?» suggerisce Jake.
Alla fine hanno riconsiderato il mio piano.
«Okay. Se esce testa, sono cinquecentomila euro, se esce croce un milione e mezzo. Va bene a tutti?» dico in fretta.
«Quattro, tre…»
Ci siamo, la prima grande decisione della moneta. L’occasione per dimostrare a tutti gli scettici che per me è giusto seguire le sue decisioni. L’occasione per vincere cento sterline.
«Scrivete la risposta finale.»
«Forse non era destino che vincessimo», osservo cupo quando usciamo dal pub, a terra per essere arrivati così vicini a battere i Quizlamic Extremists. Se prima Jake, Jake e Jessie non erano diffidenti nei confronti del potere della moneta, ora lo sono.
«Se solo mi aveste ascoltato, avremmo vinto», dichiara Jake mentre lui e Jake salutano Jessie con un abbraccio. «Ad ogni modo, non dovevi proprio dire a Little D dove mettersi il kazoo. Davvero non sai perdere.»
«Non è vero!» replico.
«Sta ancora sfogando la rabbia legata a Jade.»
«Jade non c’entra!» strillo da lontano mentre Jake e Jake tornano a casa nel buio della notte salutandomi con la mano.
«Allora cosa pensi di Jake?» mi chiede Jessie quando non sono più a portata d’orecchio. D’un tratto ho un flashback di quando lavoravamo insieme alla reception e spettegolavamo sulle coppie che soggiornavano in albergo. Avevamo iniziato a lavorare lo stesso giorno e avevamo legato grazie alle chiacchiere oziose e al reciproco disinteresse per il lavoro. Benché avessi Jade lì, quando Jessie se n’è andata non era stato più così divertente.
«Di Jake di Jake?»
«È molto disorientante, vero?»
«Non me lo dire. Però mi è sembrato simpatico, e sa un sacco di cose, il che è fondamentale. Per quanto sia difficile dirlo dopo poche ore soltanto. Guarda me. Dopo tutti questi anni ancora non so niente.»
Jessie mi fa compagnia quando raggiungiamo la fermata del pullman; non c’è nessun altro in giro, a parte una coppia di studenti che rientra a casa barcollando sull’altro lato della strada. Prima il fatto di non avere la patente non era mai stato un problema – visto che vivevo a Londra e in seguito nel centro di Bristol – ora però sono finito in mezzo al nulla con un servizio di pullman piuttosto inaffidabile. Ho sostenuto l’esame di guida a diciassette anni riuscendo a farmi bocciare tre volte. Ho avuto lo stesso esaminatore ogni volta e alla terza mi ha detto: «Non boccio io le persone, si bocciano da sole». Dopo, non sono più riuscito a guardarlo negli occhi né a ritentare.
«Sai che non c’è bisogno che aspetti con me», dico mentre rabbrividisce nel suo giubbotto imbottito sgargiante. Il caldo del suo appartamento è a pochi minuti a piedi soltanto.
«Non c’è problema, mi fa piacere. Non ci vuole molto perché arrivi», afferma guardando il display elettronico. Non è mai preciso e al momento è bloccato su otto minuti almeno da quattro.
«L’hai rivista dopo il fatto?» mi domanda. Il fiasco del London Eye è diventato semplicemente «il fatto». Jade, «lei».
«No. A quanto pare non vuole vedermi. Lascerà le mie cose all’hotel perché possa passare a prenderle. E il mio modulo di dimissioni.»
«Immagino che questo sia il problema quando vivi in un appartamento di proprietà del padre della tua ragazza.
«E anche quando lui possiede l’albergo in cui lavori.»
«So che sono sciocchezze, però dai, adesso potrai trovarti un lavoro che ti piacerà veramente. Là eri sprecato. Avresti dovuto mollare quando l’ho fatto io.»
«Ma non so ancora cosa voglio fare. Almeno tu sapevi di voler insegnare.»
«Lo capirai, te l’assicuro. Pensa solo che non dovrai più fare quegli orribili turni consecutivi sera tardi/mattino presto. Nel frattempo hai messo via qualche soldo?»
«Ho speso gran parte dei risparmi per l’anello! Per fortuna avrò alcune settimane di stipendio dall’hotel, perciò dovrei riuscire a tirare avanti per un po’ mentre cerco qualcos’altro, o almeno spero.»
«Questo è senz’altro un bene, e sono sicura che troverai presto qualcosa. Intanto, una piccola pausa non guasta. Lavoravi là continuativamente da quanto? Sette anni? È un bene che tu abbia un po’ di tempo per trovare te stesso.»
«Ma se non so cosa cercare, come farò a trovarlo?»
«Lo saprai quando lo troverai. Credimi, si sistemerà tutto.»
«Grazie, Jessie. Lo spero tanto. È solo che non riesco a credere che le cose siano andate così. Se chiedere alla ragazza che ami di sposarti e scoprire che ti tradisce è già abbastanza brutto, dover lasciare l’appartamento e perdere il lavoro non migliora di certo la situazione.»
«La ragazza che ami o che amavi? Non dirmi che l’ami ancora? Non dopo quello che ti ha fatto?»
«So che dovrei odiarla, ma l’unica cosa a cui riesco a pensare è: cos’è andato storto? Cos’ho fatto? Perché se n’è andata con un altro?»
«Non hai fatto niente di sbagliato, te lo garantisco. So che siamo tutti amici e Jade mi piace, però dai, Josh, quello che ti ha fatto è stato crudele. Non si torna indietro da una cosa del genere. Ti meriti molto meglio. Pensa solo che hai evitato un proiettile prima che fosse troppo tardi.»
È bello sapere che sta dalla mia parte. Ma qualsiasi cosa dica, non posso fingere di non desiderare di andare a casa di Jade in questo momento. Non sopporto l’idea che lei sia là con lui.
Veniamo ben presto interrotti dal pullman che, totalmente sfasato rispetto al display elettronico, accosta e per poco non sale sul marciapiede. Mi chiedo come abbia fatto l’autista a superare l’esame.
«So che adesso non ti sembra così, ma si metterà tutto a posto, Josh, ne sono sicura. Sono qui ogni volta che vorrai parlarne, o non parlarne.» Jessie sorride.
«Grazie e scusa se stasera non abbiamo vinto.»
«Lo so, ci siamo arrivati così vicino. Magari la prossima volta?»
Mentre il conducente tossisce con fare passivo-aggressivo e tenta di chiudere le porte, la saluto e salgo sul pullman che mi riporta in mezzo al nulla.