34.

«Dove andiamo?»

«È una sorpresa. Presto lo vedrai», rispondo conducendo Lucy per le strade buie di Parigi illuminate dai lampioni. La luce gialla viene riflessa dalle pozzanghere sempre più grandi sull’acciottolato. Il sole di prima ha lasciato ben presto il posto alla pioggia.

«Però non entusiasmarti troppo. Non ti porto in un cimitero.»

«Spero di no, visto che mi hai fatto vestire elegante.»

Non pensavo che potesse essere ancora più bella, invece incredibilmente è così. Ha abbandonato i jeans per un abito nero con le maniche lunghe. I suoi splendidi occhi scuri e le labbra carnose sono messi in risalto da un filo di trucco. Eleganti gioielli d’argento le adornano il collo e i polsi. Per fortuna Jessie mi ha portato degli abiti puliti, quindi sono quasi presentabile.

La proteggo dalla pioggerella tenendo l’ombrello e la prendo per mano quando inciampa con i tacchi alti nelle pietre. Solleva lo sguardo e mi sorride intrecciando le sue dita ingioiellate con le mie.

«Stamattina mi stavo chiedendo perché la tua amica ti abbia mandato la pagina Instagram della mia ricerca. Mi è venuto d’un tratto in mente che non aveva alcun senso.»

«Cosa vuoi dire?»

«L’altro giorno hai detto che una tua amica ha trovato la pagina Instagram. Come faceva a sapere che riguardava te? A meno che non le avessi parlato di me?»

«Forse l’ho fatto. Forse anch’io volevo trovarti.» Arrossisce. «Però adesso non darti troppe arie, d’accordo?»

«No, mi fa piacere sapere che avevi lo stesso desiderio.»

«Il problema era che non avevo niente a cui aggrapparmi. Mi sono resa conto, quando siamo stati divisi, che avevamo parlato solo di me e di arte. Non credo che tu mi abbia detto nulla di te a parte il fatto che Jessie stava correndo la maratona. Ho cercato tra i nomi delle persone che l’hanno fatta, ma non ho trovato nessun legame che portasse a te.»

«È assurdo, vero, che anche quando conosci il nome di qualcuno non è facile trovarlo, figuriamoci trovare qualcuno di cui non lo conosci.»

«Alla fine ce l’abbiamo fatta.» Mi stringe forte la mano. Il suo braccialetto sfrega contro la mia pelle.

Stento a credere che abbiamo trascorso solo un paio di giorni insieme. Sembra che ci conosciamo da anni.

Il telefono mi vibra più volte in tasca ma non voglio essere disturbato mentre attraversiamo il fiume per raggiungere la Rive droite. Nonostante la pioggia, la zona pullula di persone che passeggiano mano nella mano. Alla nostra destra le navicelle della grande ruota nei giardini delle Tuileries spuntano al di sopra degli alberi.

«Sapevi che la prima ruota panoramica è stata costruita per la fiera mondiale di Chicago nel tentativo di superare la Tour Eiffel, innalzata a Parigi per quella precedente?» È l’unico fatto che ricordo dalla nostra apparizione in TV.

«Non avrai intenzione di portarmi sulla ruota, vero? Che non ti salti in testa di fare proposte!» scherza Lucy.

«No, non temere. Di ruote panoramiche ne ho avuto abbastanza per tutta la vita.» Lei mi accarezza la mano in segno di solidarietà.

«Dai, dimmi dove stiamo andando. Dammi almeno un indizio.»

«Vuoi davvero rovinare la sorpresa?»

«Sì! Dimmelo!»

«Dunque, avevo varie alternative, e Jake e Jessie mi hanno aiutato a scegliere.»

«Non riesco ancora a credere che siano venuti a trovarti. È così bello. Mi sarebbe piaciuto poterli incontrare.»

«Sono sicuro che lo farai presto. Quindi, sì, le abbiamo ridotte a due, poi naturalmente ho lanciato in aria la moneta…»

«Hai lanciato in aria una moneta per decidere cosa fare durante il nostro appuntamento? Okay, mossa interessante.»

Perché l’ho detto?

Forse avrei dovuto dirglielo comunque? Solo Jake sosteneva di non farne parola.

«Sì, c’è una cosa che probabilmente dovrei dirti. È una storia lunga.»

«Dai», mi sorride mentre proseguiamo lungo il fiume dietro un mare di ombrelli.

«In sostanza, dall’inizio dell’anno mi porto dietro una moneta, la lancio per prendere decisioni e faccio quello che mi dice.»

«Parli sul serio? Non capisco se tu stia scherzando.»

«Sì, era una specie di proposito per il nuovo anno. In quel periodo avevo la sensazione di non sapere in che direzione andare, quali scelte fare e non ero contento di quelle già fatte, perciò sì, mi è venuta quest’idea.»

«Okay, quindi lanci una moneta per ogni decisione?»

«Be’, all’inizio per ogni decisione, e intendo letteralmente. Facevo a testa o croce per decidere quali calzini mettere, cosa mangiare, che programma guardare, ma adesso la consulto soltanto poche volte al giorno, per i dilemmi più gravi.»

«E lo fai dall’inizio dell’anno?» domanda incuriosita Lucy.

«Sì, ho cominciato qualche giorno dopo l’inizio, una volta chiuso tutto con Jade. Lo faceva mio nonno, così mi è venuta l’idea. Quindi eccoci qui, nonostante siano passati molti mesi da quando ho espresso il mio proposito, e continuo ancora.»

«Stai diventando sempre più strano, sai?» ride mentre ci stringiamo sotto l’ombrello.

Proseguiamo in silenzio lungo la riva del fiume ammirando lo splendore della città anche sotto la pioggia.

«Posso chiederti se hai lanciato la moneta per decidere se venirmi a cercare?» domanda dopo un po’.

«Ehm, sì, l’ho fatto. È stato un bene che abbia detto di sì, vero?» rido.

Lei non risponde e d’un tratto mi rendo conto dell’effetto di quella risposta.

«Sarei venuto a cercarti lo stesso, naturalmente. È solo che mia mamma voleva farmi fidanzare con questa ragazza, una vecchia amica di famiglia, e dopo ho fatto a testa o croce per vedere se dovessi venire a cercarti.»

Lucy impiega un attimo a elaborare le mie parole. Capisco che sto peggiorando, non migliorando la situazione.

«Quindi hai usato la moneta per decidere tra me e lei?» Mi guarda, e il suo tono cambia rapidamente da frivolo a serio.

«No, non volevo dire questo. Così suona male.» Ora rido nervoso. «Vedi, mia mamma ripete sempre che da piccolo volevo sposare Elisabeth, sono andato a casa sua e lei mi ha mostrato i quadri di nudo che ha dipinto… e poi quando mi sono reso conto che mi piacevi tu, a quel punto ho fatto a testa o croce… In effetti non mi sto spiegando molto bene.»

Smetti di parlare, Josh.

Lei lascia andare la mia mano.

«Tutto quello che voglio sapere è: saresti qui se la moneta ti avesse detto di non venire?»

«Be’, non so cosa avrei fatto…» Mi impappino sempre più.

«Josh, questo per te è soltanto un gioco? Perché continua a succedermi?» chiede guardando il cielo. Ricordo quello che mi ha detto al cimitero a proposito del ragazzo che amava e non sapeva se volesse stare con lei.

«Non è affatto un gioco. Sono sincero.» Faccio per toccarle il braccio ma lei si ritrae di scatto e si allontana da sotto l’ombrello. «Ti bagnerai.»

Non so cosa fare, cosa dire. La mia mente va in tilt. Lei fa una smorfia e scuote incredula la testa.

«Mi dispiace, ma penso che forse sia stato tutto un grande errore. Quasi non ti conosco e siamo qui a camminare mano nella mano per Parigi come se fossimo destinati a stare insieme. Forse per l’ennesima volta mi sono lasciata trasportare dalla situazione.»

«Possiamo parlarne?»

«No, ora no, Josh. Non mi va proprio di parlare. Scusa. Forse non è grave come sembra, ma in questo momento mi sento una stupida.»

Non riesce più a guardarmi, batte le palpebre per frenare le lacrime. Mi sento abominevole e impotente.

«Puoi darmi soltanto un po’ di tempo?» chiede con un filo di voce e si gira incamminandosi davanti a me sotto la pioggia.

Come ho fatto a incasinare tutto?

Josh, brutto idiota.

«Scusa, torna indietro, ti prego. Non è come pensi», le grido mentre schiva la folla sul lungofiume.

Abbasso l’ombrello e cerco di inseguirla ma vengo bloccato dalle persone che camminano fianco a fianco.

«Scusate, excusez-moi», dico tentando disperatamente di superare a forza una famiglia di quattro persone.

Una massa di ombrelli mi nasconde il cammino e la vista. Mi sfrego gli occhi per asciugarmeli dalla pioggia ma non vedo più Lucy. Entro ed esco dalla calca cercandola frenetico. È come perderla di nuovo alla maratona, ma stavolta è colpa mia.

Mentre cerco di superare una coppia, non vedo la bicicletta che scende il pendio verso il lungofiume. E nemmeno il ciclista vede me.

L’unica cosa che so è che la bici mi investe e finisco lungo disteso sul calcestruzzo bagnato. La moneta e il telefono mi cadono dalla tasca colpendo il terreno altrettanto violentemente.

Merda.

Urlo dal dolore. Per fortuna non mi sembra di avere niente di rotto. Si raduna un po’ di gente per controllare che stia bene e il ciclista continua a scusarsi, mi aiuta a rialzarmi.

Mi chino lentamente per cercare la moneta e il cellulare, le costole dolenti. Appena lo raccolgo, noto che lo schermo è spaccato.

Il cuore mi si ferma un attimo quando premo il tasto per verificare che sia solo un danno superficiale. Sul monitor appare la serie di messaggi e di chiamate perse. Sono tutti della mamma. Leggo il messaggio in alto. È breve e diretto. Adesso sì che mi si ferma il cuore.

Il nonno è in ospedale. Torna a casa subito.