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«Ci credi che Keats aveva solo venticinque anni quand’è morto? Sono più vecchio di lui e ancora non so cosa fare nella vita.»

«Ma in fondo Van Gogh ne aveva ventisette quando ha preso per la prima volta in mano il pennello, quindi ognuno ha per così dire il suo fuso orario», mi rassicura Lucy.

Io ancora non so cosa voglio fare, però ho almeno un’idea migliore di chi voglio essere.

Siamo a Roma per qualche giorno, la prima tappa della nostra avventura globale. Non abbiamo un vero e proprio piano per decidere dove andare o quando, vedremo dove finiremo. Roma è uno dei pochi posti che Lucy voleva vedere a tutti i costi, un pellegrinaggio letterario nella città che ispirò Henry James, Louisa May Alcott, Charles Dickens e Samuel Taylor Coleridge. La prima voce della nostra lista di cose da fare è competere con i gatti dall’aria feroce per rendere omaggio a John Keats e Percy Bysshe Shelley, le cui tombe si trovano in mezzo ai giardini lussureggianti del cimitero protestante, prima di visitarne la Memorial House sulla scalinata di Trinità dei Monti.

«Sai che ogni anno raccolgono un milione e mezzo di euro dalla fontana di Trevi? Incredibile, no?»

Al calar della sera siamo appollaiati su un lato della fontana con un cono gelato tremolante in mano, sotto la luce bianca intensa dei lampioni. C’è un freddo pungente ma quando sei a Roma non puoi non mangiarti un gelato.

«Come fai a sapere tutte queste cose?» replica Lucy, tutta concentrata a leccare il cono appena un rivolo rosa di gelato inizia a scendere lentamente e a sgocciolarle oltre le unghie turchese.

«Sono un genio, che posso dirti?» scherzo decidendo di non svelare la verità sul quiz e di come quella domanda abbia portato a un’infinità di altre scelte per la moneta. Dato che mi ha visto in azione soltanto una volta in TV, lascio che continui a credere che conosca un po’ di cose.

Controlla il telefono con una mano per vedere se ho ragione. Chiaramente non si fida di me.

«Sì, è giusto, circa quattromila euro a sera e a quanto pare vanno tutti in beneficenza. Bello. Mmm, dice che la fontana è fatta dello stesso materiale del Colosseo… che vi circolano ottanta miliardi di litri d’acqua al giorno… che Pannini è l’architetto che l’ha ultimata. Ecco, altre informazioni da aggiungere al tuo repertorio.»

«Immagino che non sia lo stesso Panini che ha inventato i panini imbottiti o gli album di figurine?»

Lei alza gli occhi al cielo mentre una coppia in lontananza ride per qualcos’altro.

«Quel tizio almeno lo ha trovato spiritoso», affermo, al che Lucy ride socchiudendo gli occhi.

«Sei così stupido.» Mi dà una spinta per scherzo e io fingo di cadere nell’acqua, per darle ragione.

Dubito che ci siano momenti in cui la zona intorno alla fontana di Trevi è tranquilla, stasera ad ogni modo la piazza è gremita di romani ma anche di stranieri festaioli in vista del Capodanno. Le luminarie brillano intense sapendo che il loro ciclo annuale sta per concludersi. Partecipano alla performance le insegne verdi al neon del negozio United Colors of Benetton di fronte, la luce blu dell’auto della polizia che sorveglia l’andamento della serata, quelle bianche degli schermi dei cellulari e i flash gialli delle macchine fotografiche.

Dando le spalle alla maestosa fontana scolpita, ammiro il panorama. Guardo la splendida chiesa di fronte. Se ne sta là immobile come un innamorato dimenticato, invidioso, al centro di tutte le attenzioni un tempo, prima che arrivasse la fontana. Sollevo lo sguardo verso gli appartamenti che ci circondano. Un albero di Natale sbircia da una finestra cercando di vedere cosa succede. Immagino di svegliarmi con questa vista davanti tutte le mattine, poi però penso all’idea di dover lottare con il rumore e l’affollamento costanti.

Osservo la gente, le persone che spuntano e scompaiono avvicinandosi di più alla fontana in una marea di sciarpe e di bastoni da selfie, schivando gli obiettivi altrui. Una bionda con un maglione di lana rosa monopolizza la posizione migliore mentre posa per una foto dando decisa istruzioni al suo fidanzato sull’esatta angolazione della macchina fotografica. Due italiane sulla trentina, sedute con accanto i sacchetti degli acquisti, festeggiano con una bottiglia di Peroni e una sigaretta. L’odore del tabacco si sparge tra la folla facendo a gara con quello di bruciato del venditore di caldarroste. Nella varietà di accenti e lingue che alimentano il baccano, una coppia britannica di mezza età sta discutendo a voce alta della direzione da seguire per tornare in albergo. Coprono addirittura lo scroscio dell’acqua mentre guardano con attenzione la cartina pieghevole, facendomi tornare in mente Eva ad Amsterdam. Tutti controllano l’orologio via via che la mezzanotte si avvicina.

Fatico a credere che siano passati dodici mesi da quando sono rimasto bloccato nella navicella del London Eye con Jade. Che differenza può fare un anno.

«Sai, penso che sia stato l’anno migliore della mia vita», dico in parte a me, in parte a Lucy.

«Cosa, la proposta di matrimonio rifiutata, la perdita del lavoro, l’essere tornato a vivere con i tuoi, la morte di tuo nonno… Sì, mi sembra davvero un anno fantastico, non so proprio come il prossimo possa tenergli testa», afferma Lucy assolutamente impassibile, e solo un luccichio negli occhi rivela il suo sarcasmo.

Scoppio a ridere e per poco non sputo il mio gelato al pistacchio. Avrei dovuto spedire una lettera con gli auguri a tutti i parenti raccontando tutte queste vicende.

«E non scordarti che sono stato travolto da un ciclista, steso da una donna di mezza età e costretto a passare il Capodanno a Roma con la persona più sarcastica del mondo», ribatto. «No, sul serio, nonostante tutti questi bassi non cambierei niente. Ho imparato tanto di me stesso e con l’aiuto della moneta sono finito qui in una delle migliori città del mondo con indubbiamente la migliore ragazza del mondo.» La abbraccio e la bacio sulla guancia.

Altri turisti intrepidi si riversano fuori dalla gelateria, dalla creperia e dalla pizzeria nella piazza. Le pareti della pizzeria sono decorate con bandiere delle squadre di calcio e un poster gigante di Francesco Totti. Nel frattempo l’uomo al banco della gelateria gesticola frenetico come se fosse una caricatura indicando la serie di gusti dal limoncello al kiwi, dalla pesca al Bounty, dal KitKat allo Snickers.

Il ragazzino seduto vicino a me, autorizzato a restare in piedi oltre l’orario consueto, canta Johnny B. Goode come se fosse di un’altra generazione mentre i genitori insegnano a sua sorella a lanciare nel modo corretto la moneta alle sue spalle. Parecchi turisti avrebbero bisogno di qualche lezione, visto che le monete finiscono dappertutto e a qualsiasi distanza. È quasi pericoloso stare seduti qui.

«Allora hai intenzione di lanciare una moneta?» esorto Lucy mentre me ne atterra una sulla testa.

Lei fruga tra gli spiccioli che il gelataio ci ha dato di resto, accertandosi di non contribuire troppo al fondo di quattromila euro a sera.

«Se tiriamo una moneta, significa che torneremo a Roma, giusto?»

«A quanto pare sì, Girasole.» Il soprannome mi è venuto spontaneo.

«Mi piacerebbe tornare qui con te.» Sorride. «Ma prima abbiamo un sacco di altri posti da esplorare.»

«Certo.» Abbiamo deciso tutti e due che, al di là di dove andremo, vogliamo raggiungere Tokyo per vedere l’ultimo quadro dei Girasoli della collezione di Van Gogh. Non sarò ancora un imprenditore multimilionario famoso in tutto il mondo che guida una Lamborghini, ma almeno sto realizzando uno dei miei obiettivi, viaggiare per il mondo.

«Lo facciamo insieme? Ne hai una?» Mi dà una monetina arrugginita da venti centesimi ma io ne ho già presa una dalla tasca.

«Sì, al tre. Uno, due, tre.» Sollevo il braccio destro sopra la spalla sinistra. Ho osservato la moneta roteare nell’aria un’infinità di volte l’anno passato e anche ora rotea e piroetta in cielo, solo che stavolta atterra dietro di me anziché sul palmo della mia mano. Quando affonda nella vasca unendosi alle migliaia di altre che luccicano come pesci nell’acqua semitrasparente, abbraccio Lucy e bacio le sue labbra che sanno di gelato alla fragola. Il nostro abbraccio viene immortalato sullo sfondo di dozzine di foto.

«Aspetta, quella era la moneta?» chiede cercando di individuarla nell’acqua prima di guardarmi sorpresa. I suoi occhi scuri mi sbirciano sotto il berretto verde di lana.

Annuisco. Lei sorride. Mentre ci passa davanti un piccione, ci alziamo e ci allontaniamo lentamente mano nella mano lasciandoci alle spalle le orde di turisti e i ricordi dell’anno passato.

I fuochi d’artificio esplodono sopra le nostre teste decorando il cielo notturno con una miriade di colori. Ci appaiono davanti due stradine strette, simili a quelle di un labirinto, con i lampioni a gas.

«Andiamo da questa parte», dico sicuro.