Nota introduttiva

Affrontare il rapporto tra cinema e «questione femminile» significa investigare una serie di problemi, dinamiche, sviluppi che intrecciano la storia e la teoria del cinema. Ci sono evidentemente innumerevoli modi di concepire tale rapporto e lo sviluppo degli studi femministi e di genere nell’ambito cinematografico ha visto una molteplicità di approcci, ambiti, risultati.

Ponendosi l’ambizioso scopo di presentare al pubblico italiano uno studio che affronti l’argomento in modo «metodologicamente esaustivo» ci è sembrato indispensabile partire dalla seguente domanda: quali sono i luoghi, le posizioni che il soggetto femminile può occupare in relazione al cinema? Indubbiamente le opzioni più importanti sembrano essere tre: di fronte allo schermo, dentro l’immagine, dietro la macchina da presa. Abbiamo dunque cominciato a riflettere su cosa abbia significato essere spettatrici, dive e registe, quali circuiti di produzione ed espressione, desiderio e identificazione abbiano attivato queste tre figure nella storia del cinema. Di qui una suddivisione del lavoro in tre parti. A questo punto si è resa necessaria un’ulteriore scelta, ovvero quali fossero gli esempi e i momenti più significativi per ciascuna delle tre figure. È in questo snodo particolare che la fusione di teoria e storia ci è apparsa indispensabile. Da un lato ognuna delle tre parti è stata pensata in relazione a concetti particolari, dall’altro gli esempi scelti sono stati studiati come un’opzione specifica, l’espressione di particolari dinamiche espressive, testuali, rappresentative.

La questione della spettatrice, l’ultima in ordine cronologico ad essere emersa negli studi di cinema, pone una domanda cruciale, ovvero quale valore e ruolo nell’ambito del quotidiano abbia il cinema nella vita delle donne. La tesi che avanziamo è che l’esperienza della spettatrice cambia profondamente nel corso della storia del cinema. Nei primi anni del Novecento l’andare al cinema va visto in relazione all’emergenza della modernità e dell’esperienza urbana. La spettatorialità cambia in modo sostanziale nel cinema classico: le spettatrici vivono l’incontro con lo schermo e l’immagine attraverso processi psichici particolari, come l’identificazione e la fantasia. Infine, con il cinema d’avanguardia diventano centrali processi di ricezione coscienti e intellettuali. Qui il piacere non riguarda le dinamiche del desiderio ma la comprensione di concetti, ipotesi, situazioni.

Nella seconda parte l’immagine della diva e quella del corpo femminile verranno indagate partendo da uno snodo centrale: la rappresentazione del femminile messa in atto dal cinema si muove quasi sempre tra i due poli dell’oggettivazione e dell’emancipazione, della passività e dell’attività, con forme e risultati assai diversi.

La parte dedicata alle registe affronta la questione dell’autorialità in relazione a tre diverse forme: il cinema primitivo, quello d’avanguardia e quello narrativo. Centrali, nei tre capitoli, sono la questione dell’autorialità femminile come rottura rispetto alla norma e come progetto di narrazione e messa in scena di forme dell’identità trasgressive.