Genova, venerdì 5 settembre
Ogni giorno spero che sia quello buono, quello in cui potrò interrogare la Novaro.
Ogni giorno resto deluso.
È passato da poco mezzogiorno quando squilla il cellulare. È Cavanna.
– Un boccone insieme?
Accetto, perché più sto da solo e più aumenta questa irritazione strisciante di non poter mettere un bel punto fermo.
E ancora niente su Marco… Mi ripeto che “nessuna nuova, buona nuova”, ma non ne sono convinto.
Con Cavanna ci vediamo a metà strada, zona Quadrilatero, in un posto scoperto da Fran che ha studio vicino.
Mentre aspettiamo che ci portino la farinata, perché ormai non è più tanto caldo e la si può mangiare, mi dice di aver saputo che ci sono interessanti novità in arrivo.
– In che senso?
– Si dice che la Narcotici stia per chiudere un’indagine piuttosto importante.
– Lo sai che quel territorio non è il mio. – Siamo all’aperto e accendo una sigaretta.
Beve un sorso di birra. – Si dice che tu ti sia imbattuto in una traccia nel corso di una tua indagine.
Resto zitto.
Alza il bicchiere in un immaginario brindisi. – Lo so, delle tue indagini mi parli, ma di quelle degli altri stai muto.
– Non essendo mie, cosa potrei dirti? – E bevo anch’io un sorso di scura.
Arriva il cameriere con i due taglieri di farinata raccomandandoci cautela perché scotta.
Annuisco. Cavanna non è scemo, conosce il suo mestiere e anche un po’ di quello dei questurini. Sa su cosa sto indagando e sa che, se mi sono imbattuto in qualcosa, è stato lavorando sul caso Descalzo. A volte ho l’impressione di essere avvolto in una fitta rete di mezze parole, di discorsi interrotti. Di accenni riportati da una persona all’altra, come in una catena…
Taglio una striscia di farinata, la ripiego da vero genovese, lato esterno liscio così non scivola via la crosticina che è il meglio. Lo guardo fare gli stessi gesti.
Poso la forchetta. – Avete un archivio, immagino.
Manda giù il boccone in fretta. – Sì. Non all’altezza del vostro. – Si tocca una tempia con la sinistra. – Abbiamo buona memoria. E poi cerchiamo. Hai bisogno? – Perché più di una volta mi ha dato una mano.
– Il 19, il martedì dopo Ferragosto ci siamo visti.
Scoppia a ridere. – Oh, ti tieni conto dei nostri incontri! – E subito torna serio. – Sì, ero tornato dalle ferie. Ti ho chiesto dell’omicidio Descalzo.
– E volevi sapere se era come quelli di Torino.
– E lo è?
Invece di rispondergli, perché non posso, rilancio: – Eri stato tu a notare l’analogia?
Glissa, da amico, sul fatto che la mia domanda è una conferma implicita del suo sospetto. – No, non io. Un collega che all’epoca era a Torino. A “La Stampa”.
– Nome?
– Belleri.
“Belleri… Belleri…” Lo devo ripetere fra me prima di ricordare dove l’ho già sentito. Da Crema. – Belleri è il cronista che aveva ricevuto la telefonata con cui il killer annunciava il terzo omicidio.
– Sì, me l’ha raccontato. È stato lui a consigliarmi di chiamarti per cercare di saperne di più.
– Ha sentito la voce dell’assassino.
Si stringe nelle spalle. – Dicono che sapesse modificare la voce.
Abbiamo ripreso a mangiare perché la farinata è buona calda.
Dopo l’ultimo boccone mi fa: – Peccato non poterci fare un articolo… Su quei casi ci era stato su parecchio.
– Perché aveva ricevuto la telefonata che annunciava la terza vittima?
Beve un lungo sorso di birra prima di rispondere. – Non solo.
– In che senso?
– Lo sai, siamo un po’ come voi. Quando c’è un delitto, stiamo con le antenne.
Annuisco.
– Aveva sentito una frase che l’aveva incuriosito, una frase su un numero sbagliato. Ma non so altro.
– Hai il suo telefono?
Invece di rispondere prende il cellulare e scorre la rubrica. Poi mi detta.
Mentre Cavanna ordina i caffè, chiamo.
Mi qualifico e aggiungo che ho avuto il suo numero da Cavanna e dovrei parlargli. Che lo richiamerò appena arrivato in Questura.
Rimetto il cellulare in tasca.
– Una traccia? – chiede Cavanna fingendo indifferenza.
– Forse. Quando so ti dico.
Fa segno di sì.
Appena arrivato in ufficio, chiamo Belleri.
Dopo due convenevoli ridotti al minimo gli chiedo se aveva ricevuto lui la telefonata con cui il killer di Torino annunciava il terzo omicidio.
– Sì. Ma penso che lo sappia già. Mi ha chiamato per questo?
– Non solo. Cavanna mi ha detto che c’era dell’altro, una frase su un numero. Se lo ricorda? Anche se sono passati cinque anni.
– Me lo ricordo e se lei ha letto la documentazione ufficiale… L’ha letta?
– Se ha letto la documentazione ufficiale, saprà che durante la telefonata mi era stato detto che la vittima era il numero 9.
– Lo ricordo. E sul corpo di Cordero era stato trovato quel numero.
– I giorni seguenti avrò raccontato infinite volte quella telefonata, – lo sento esitare. – I suoi colleghi non mi avevano ordinato di tacere.
– Capisco. – Non doveva essergli dispiaciuta un po’ di “celebrità”.
– Una volta la stavo di nuovo raccontando e qualcuno ha commentato che doveva esserci un errore e il numero giusto per Cordero era il dieci.
Lui sta parlando e ripenso all’elenco di Fran, ai nomi che salgono, cambiando numero, dopo ogni estrazione. Cerco sulla scrivania il foglio. Cordero. Dopo il primo omicidio Cordero aveva il numero 10. Quindi qualcuno ha visto l’elenco di Bertini fra l’omicidio della Ferraro e quello di Doni. Fra la sera di giovedì 13 agosto e quella di Ferragosto. – Ne è sicuro?
– Sì.
– Ricorda chi ha fatto quel commento e quando?
– Se ricordo bene, sabato 22 agosto… Sì, era un sabato pomeriggio ed ero andato in palestra prima di cominciare il turno in redazione. Ma non so chi fosse, si chiacchierava nello spogliatoio.
E vedo la scena. Belleri e tutti attorno… – Quale palestra?
– Fitness di via Piazzi. Torino.
– Voce giovane, vecchia?
– Alla Fitness eravamo quasi tutti fra i trenta e i cinquanta. Palestra, volendo anche lampada. Posto serio per uomini che vogliono essere in forma.
Sta parlando e ripenso ai commenti di Crema sul fratello di Bertini: lampadato e palestrato.
Ringrazio Belleri e riattacco.
Dovrei chiamare Crema. E dirgli cosa? Sì, gli dirò quando avrò qualcosa di più consistente fra le mani.
Palestra Fitness in via Piazzi. Per trovarla non ho neppure bisogno di ricorrere alla Petri. Una veloce ricerca mi apre il sito.
Scorro le immagini, sembra come Belleri l’ha descritta. Esattamente la palestra dove non andrei. Immagino neppure Crema! Compongo il numero di telefono; appena una voce, femminile, mi risponde, mi qualifico e aggiungo che avrei bisogno di alcune informazioni.
– Mi dica.
– Dovrei consultare l’elenco degli iscritti e del personale, elenco relativo all’agosto del…
Non mi lascia finire e replica che per fornirmi l’elenco ha bisogno di una richiesta ufficiale. E ha ragione.
Quindi devo interpellare Crema, perché i delitti di Torino sono il suo campicello, non il mio.
Chiamo il suo cellulare. “Utente non raggiungibile”.
Provo a rintracciarlo sul fisso. Non risponde lui, ma uno della sua squadra: – Il commissario è in ferie, ma domani lo trova, commissario.