III.

Scuola superiore di polizia, dove si formano i futuri quadri dirigenti dello sbirrame. Centro nazionale di tiro, Nettuno, provincia di Roma. In occasione della quinta prova con la semiautomatica 9x19 d’ordinanza, le scommesse sul vincitore si divisero, equamente, fra il Biondo e il dr. Sax. Proprio come era accaduto nelle precedenti occasioni, quando avevano prevalso due volte ciascuno. Con tutti gli altri allievi del corso, non c’era partita: il Biondo e il dr. Sax erano di un’altra categoria.

Gianni Romani era stato soprannominato il Biondo dalle ragazze, che non restavano indifferenti al suo fascino vagamente vichingo, e Klaus Kinski da qualche invidioso, per via del gancio destro killer.

Giannaldo Grassi, per tutti, amici e nemici, era il dr. Sax, perché se non si fosse messo in testa di ripulire le strade dai cattivi sarebbe finito di sicuro in qualche grande orchestra, bravo com’era col suo strumento.

Si era capito da subito che quei due erano i cuccioli alfa della covata del corso 2006-2008 per commissari. Gente che ci sapeva fare con la pistola come con la strategia, con la lotta giapponese e la procedura penale, con l’esame della scena del delitto e i pedinamenti su strada, con il pugnale e gli operatori booleani. Erano simpatici, e questo suscitava parecchia invidia, perché non riuscivi a trovare i loro punti deboli: forse non ne avevano, e se li avevano, comunque, li mascheravano a meraviglia. E per giunta avevano pure legato. Anche se erano molto diversi sul piano fisico e caratteriale: atletico, passionale, e allo stesso tempo a volte chiuso e cupo, il Biondo; esilino, sorridente, ironico ai confini del sarcasmo, non un modello da copertina, il dr. Sax. Ma comunque: carismatico l’uno, simpatico l’altro, formavano una coppia perfetta.

Certo, una graduatoria vera e propria, al corso, non c’era, e alla fine o eri dentro o fuori. Ma l’apparente unanimismo era solo una facciata. L’attività degli allievi era monitorata di continuo da occhiuti supervisori che, poi, avrebbero dovuto decidere le future destinazioni dei promossi. E andava da sé che due tipi come il Biondo e il dr. Sax si sarebbero accaparrati i posti più ambiti.

Perciò, agli altri non restavano che le scommesse.

E proprio le scommesse erano il motivo della quinta prova, che non sarebbe dovuta esistere, perché il corso ne prevedeva soltanto quattro, ed erano già state esaurite. Fra l’altro, sia al dr. Sax sia al Biondo l’ex aequo andava benissimo: che gliene fregava di vincere la quinta prova, se poi magari la sesta avrebbe rimesso tutto in equilibrio? L’importante era che, dietro di loro, ci fosse il vuoto.

Ma i ragazzi, i ragazzi ci tenevano da morire, alla sfida. E soprattutto, tenevano alle scommesse.

In linea di massima, trattandosi di futuri custodi della legalità e dell’ordine, le scommesse erano vietate. Ma in realtà capi e capetti le tolleravano, purché non si esagerasse. In fondo, potevano persino contribuire a rinforzare lo spirito di gruppo. Il sano cameratismo, e compagnia cantante: tutte cose che a leggerle sui giornali o a vederle nelle fiction sembrano retorica, ma a viverle da dentro, be’, contano, altroché se contano.

E così, alla fine, si era deciso di procedere con la quinta prova.

Ovviamente, non si poteva conferire alcuna ufficialità alla sfida. Per giustificarla, si era fatto ricorso a un simpatico espediente. C’era una nuova aspirante commissario, la dottoressa Alba Doria, che non aveva potuto partecipare alle precedenti prove perché ammessa al corso in ritardo. Qualcuno, al ministero, aveva combinato un casino con i documenti, e in un primo momento la Doria era stata estromessa. Lei aveva ottenuto una sospensiva dal TAR, e per una volta nelle alte sfere aveva prevalso la saggezza. Invece di resistere, l’amministrazione aveva disposto l’iscrizione tardiva. Proviamola, questa tizia, e vediamo di che pasta è fatta. Se funziona, ce la teniamo. In caso contrario sarà estromessa, come tutti gli altri sfigati. E nessuno potrà accusarci di discriminazione e altre amenità del genere.

Fu così che il Biondo e il dr. Sax si trovarono, ciascuno nella propria postazione abituale, ai due lati di una ragazza alta, con i capelli sul mogano tendente al castano, gli occhi di una sfumatura indefinibile fra il verde e il blu acquamarina, con un taglio obliquo, un ovale delicato appena sporcato da zigomi alti, quasi da slava, un collo da cigno, l’aria concentrata, senza il minimo accenno a un sorriso.

Ben fatta, anche se un po’ magrolina, pensò il Biondo, in questo esprimendo i gusti dell’aspirante funzionario medio. Sicura di sé, probabilmente arrogante, la giudicò invece il dr. Sax, impressionato da una stretta di mano decisa e dal palmo asciutto, senza la minima traccia di emozione.

L’istruttore di tiro consegnò le cuffie e le armi.

Poi cominciò la gara.

E alla fine della gara era nata una nuova stella: Alba Doria.

Alba Doria li aveva stracciati. In pratica non c’era mai stata partita. Quella tipa tirava come Rambo e Tex Willer messi insieme. Mai visto niente di simile. L’istruttore era basito. Gli scommettitori furibondi. Nessuno, va da sé, aveva preso in considerazione l’eventualità di puntare sulla ragazza. Nessuno tranne Ugo Ippoliti, il più idiota fra gli allievi, un sempliciotto della bassa padana, una perfetta nullità, un fallito.

L’unico che aveva puntato su Alba Doria, e che avrebbe vissuto di rendita per i successivi tre mesi.

Quanto al Biondo e al dr. Sax, se ne andarono a smaltire la scoppola dal Nonno, il vecchio forno con cantina che l’anziano proprietario lottava per mantenere fedele alla tradizione, in un quartiere che stava cambiando troppo in fretta.

Lei era lì, in un tavolino d’angolo, tutta sola davanti a un boccale di birra. Ippoliti cercava senza fortuna di attaccare bottone.

Il Biondo e il dr. Sax si avvicinarono.

«Possiamo sederci?»

Prima che Alba rispondesse, accostarono due seggiole e presero posto.

«Quando volete la rivincita…» attaccò lei, sempre seria, senza l’ombra di un sorriso.

Il dr. Sax alzò le mani in segno di resa. «Nessuna rivincita. Le prenderemmo un’altra volta.»

Lei non raccolse, e rimase rigida, distaccata.

«Sul serio» intervenne il Biondo, «sei di un’altra classe. Complimenti.»

Lei li squadrò con una certa freddezza. «Se sono sinceri li accetto. Di solito a voi maschietti non piace stare sotto noi ragazze…»

Il Biondo si chiese se ci godeva, a comportarsi da stronza. Ma anche lui sapeva essere sgradevole, all’occorrenza. «Dipende, dipende. Io un giro sotto di te me lo farei volentieri…»

Il dr. Sax lasciò partire una mezza risata, come a dire: “È una battuta, non prendertela”. Si chiama cameratismo, non ha niente a che vedere con uomo e donna.

Lei, imperturbabile, sollevò il boccale e rovesciò la birra sul Biondo.

Poi, mentre lui schizzava dalla sedia bestemmiando tarantolato, si alzò e uscì, come una dignitosa, gelida regina.

Ippoliti le andò dietro, scodinzolando come un cagnolino. «Ti va se ti accompagno a casa?»

«Perché no?»

Qualche giorno dopo, alla fine dell’addestramento, il Biondo si presentò da Alba con un enorme mazzo di fiori.

«Sono un deficiente. Scusami.»

Per la prima volta lei sorrise. «Mi sa che ti devo una birra, Biondo.»

Nel giro di due settimane stavano insieme.