X.

La ragazza non era schedata e nessuno ne aveva denunciato la scomparsa. Sui verbali figurava come “la vittima” o “il cadavere non identificato”. Un cronista fantasioso la ribattezzò la “Sirenetta”, per via del tatuaggio. Un paio di ispettori controllarono invano il giro dei tatuatori. In Rete, Alba scoprì che si trattava di un disegno molto diffuso. Probabile che la Sirenetta si fosse fatta tatuare non a Roma, ma da qualche altra parte. Le chance di identificazione diminuivano a mano a mano che il tempo passava. Per tutti era comunque la Sirenetta. Quanto all’assassino, i cronisti non si erano sforzati troppo: “il Mostro della discarica” suonava abbastanza triviale e spaventevole da funzionare.

La Sirenetta.

Forse non sarebbero mai riusciti a restituirle il suo vero nome.

Ma non era quello il punto.

Il punto era: prendere il Nawashi.

In base all’ipotesi più ovvia, l’uomo aveva adescato la vittima e l’aveva uccisa dopo averla usata per i suoi giochini.

Alba si concentrò sul DNA.

Dalle corde e dai nastri che avevano legato la Sirenetta erano risultate diverse sequenze genetiche. Alba condusse analisi scrupolosissime, al fine di evitare i cosiddetti “artefatti di laboratorio”. A volte le macchine che si usano per le analisi sanno essere perfide: in certe schermate occultano tracce esistenti, in altre fanno comparire tracce fantasma.

Il Biondo e Sax seguivano con attenzione morbosa, rispetto e un vago senso d’invidia le sperimentazioni che Alba conduceva nel laboratorio della polizia.

«Ci sono geni che saltano dentro e altri che vanno a farsi una passeggiata. Noi li chiamiamo alleli drop-in e drop-out. Dobbiamo ripetere le analisi finché non si stabilizzano. Solo allora saremo sicuri del risultato.»

Alla fine erano emerse tre tracce indiscutibili. Una della vittima. Le altre erano di due individui di sesso maschile: Mister X e Mister Y. C’era poi un’ultima traccia mista: Mister X e la vittima.

«Non ci sto capendo più niente. C’erano due assassini?»

«Non necessariamente» spiegò Alba. «La presenza di due tracce vuol dire che due individui diversi hanno toccato le corde e i nastri, lasciandovi le loro impronte. Uno di loro, quello che chiamiamo Mister X, ha anche avuto contatti con materiali biologici della vittima. Da qui la traccia mista.»

Sax aveva provato a ragionare da poliziotto. «Sono in due. Uno prepara le corde e le passa all’altro, che tortura la donna.»

«Nessun Nawashi accetterebbe mai che un altro prepari le corde.»

«Potrebbero esserci un Nawashi e un apprendista, allora.»

Sax e il Biondo sembravano convinti, ma Alba trovava l’ipotesi debole.

«Due maniaci? Possibile, ma raro.»

«Vedi alternative?»

«Oh, sì. La più banale. La traccia che a noi interessa è quella mista, perché dimostra un’interazione con la vittima. L’altra può benissimo essere una traccia neutra.»

«Vale a dire?»

«Vale a dire: il nostro presunto Nawashi ha comprato la corda da un venditore e quello l’ha toccata per metterla in una busta. Oppure il nostro presunto Nawashi ha preso la corda da un deposito, o l’ha rubata, o l’ha trovata in campagna, o…»

Sembrava convincente.

Ma non portava da nessuna parte.

Non meno frustranti erano stati gli esiti delle indagini del Biondo e di Sax, che avevano chiesto e ottenuto l’aiuto della Buoncostume. In realtà non si chiamava più così, ma Squadra per la repressione del favoreggiamento e dello sfruttamento delle vittime sessuali. Suonava decisamente meglio, molto politicamente corretto, e faceva tanto polizia al servizio della comunità. Ma tutti continuavano a chiamarla Buoncostume, e in fondo il lavoro, anche se sotto una diversa etichetta, sempre quello era.

I puttanieri, secondo l’affettuosa definizione dei colleghi, spiegarono che ci si doveva muovere su due livelli: quello ufficiale, o semiufficiale, della comunità BDSM, e quello del porno. Esisteva tutto un mondo BDSM che agiva alla luce del sole.

Il Biondo e Sax impararono a familiarizzare con i suoi rituali. Visitarono locali, incontrarono adepti. Conobbero Master che si vantavano di dominare fino a cinque-sei Slave alla volta, e Slave che prima di rispondere alle domande chiedevano il permesso al padrone, il quale lo elargiva con benevolenza. Incontrarono Swinger, soggetti che passavano da un ruolo all’altro indifferentemente, Cuckold, cornuti che godevano quando gli si scopava la moglie sotto il naso, bevvero caffè serviti da Sissy, timide, obbedienti camerierine con crestina e guêpière, a volte ragazzotte dall’aria impacciata, altre pelosi professionisti di mezza età en travesti.

Il sesso, scoprirono, c’entrava poco o niente: a praticarlo erano piuttosto singoli o gruppi di scambisti, che i sadomasochisti duri e puri giudicavano nient’altro che cialtroni. I duri e puri ragionavano in termini di sopraffazione e dominio per lo più psicologico: va’ alla stazione della metropolitana, levati le mutandine e gettale addosso a uno sconosciuto. Fatti trovare nuda e imbavagliata su una sedia. Non bere per sei ore. Quante sculacciate desideri, tesoro?

Sax non lesinava battutacce, e sembrava attratto dal lato umoristico della faccenda. Il Biondo, che era partito da posizioni di rigido moralismo, dovette ammettere che la comunità BDSM era una vera sorpresa. Le sue attività erano praticate liberamente, e in molti casi con notevole ironia e autoironia, da centinaia di persone di ogni ceto sociale, qualifica professionale e ideologia.

Tutto il materiale umano che sfilava sotto i loro occhi appariva così innocuo da risultare scoraggiante. Alcuni fra i più noti adepti del bondage, inclusi due riconosciuti maestri Nawashi, fornirono addirittura spontaneamente il proprio DNA: trovavano intollerabile l’idea che un maniaco omicida fosse associato alla loro pacifica comunità.

Quell’incursione nell’universo sadomaso sembrava, insomma, un vero e proprio buco nell’acqua. Rimaneva in piedi, certo, l’ipotesi che uno degli accoliti, per così dire, “normali” avesse commesso un errore di valutazione, spingendosi oltre nel gioco senza riuscire a controllarsi. Sempre omicidio sarebbe stato, ma non di un maniaco. Era una pista da non abbandonare, e il dr. Sax e il Biondo non lesinarono controlli. Ma la sensazione era che, se si fosse trattato dell’incidente di percorso di un membro della comunità, a quest’ora sarebbe già saltato fuori.

Si concentrarono, allora, sul porno.

Perquisirono locali, attivarono informatori, lanciarono esche, visionarono video, parlarono con prostitute e papponi, perlustrarono bacheche, chat e siti di escort.

Come avevano già fatto per i Nawashi della comunità BDSM, verificarono il DNA di individui che, per via di precedenti o di segnalazioni, risultavano “sospetti”. Se i Nawashi erano stati donatori volontari, in questo caso le possibilità erano due: iscrivere il bersaglio nel registro degli indagati e chiedergli di sottoporsi all’esame, con annessa nomina di avvocato, facoltà di negare il consenso al prelievo, contraddittorio e battaglia procedurale eccetera eccetera, oppure entrare a “sua insaputa” in possesso di qualche oggetto che recasse le sue tracce e procedere all’analisi. Analisi, beninteso, “irrituali”. Analisi che dal punto di vista di un possibile processo penale non valevano un accidente.

Il dr. Sax, Alba e il Biondo decisero di prendere la scorciatoia.

Sax e il Biondo raccattarono cicche e bicchieri sporchi di caffè, spazzole con capelli forforosi e kleenex con deiezioni corporee.

Niente e ancora niente. Nessuno dei soggetti con precedenti per reati sessuali “mecciava” col DNA. Erano tutti negativi, come i simpatici sadomasochisti.

Nessuno aveva mai visto una ragazza col tatuaggio della Sirenetta o ne aveva sentito parlare. Certo, anche qui, dato il contesto, la probabilità di imbattersi in un reticolato di menzogne era alta.

La sensazione era che ci fosse dell’altro. Che da qualche parte sarebbe emersa una falla.

Ma loro non erano ancora riusciti a individuarla.

Poi Alba scoprì Vicky of Paris.

E tutto precipitò.