I.

Un Sax di colpo convertito all’ecologismo radicale tesse il convinto elogio della sua nuova utilitaria elettrica. «Certo che se i romani fossero più civili! Già le colonnine per la ricarica sono poche, peraltro sistemate in posti infelici. Ci manca solo l’idiota di turno che si parcheggia regolarmente là davanti!»

«Pensavo che voialtri dei Servizi giraste con la macchina blu, l’autista e la guardia del corpo.»

«Dipende dal ruolo, amico mio. E meno si dà nell’occhio, meglio è!»

«Ma davvero?!»

Il Biondo è precipitato giù dal letto all’alba, in preda a un cupo doposbronza. Ha lo sguardo tetro e gli sembra di emanare cattivo odore. Un cerchio di ferro gli stringe la testa in una morsa intollerabile. Le chiacchiere oziose di Sax non migliorano certo la situazione. «Tu che tipo di spione sei?» domanda, ruvido, provocatorio.

«Potrei anche dirtelo» sospira ironico Sax, «ma poi…»

«Sì, ho capito, poi dovresti uccidermi. Vado anch’io al cinema. Che palle!»

Il Biondo si rolla una sigaretta. Sax tossicchia discretamente. Il Biondo sbuffa e mette via la busta col tabacco, le cartine e i filtri.

«Eh, l’hangover è una brutta bestia» filosofeggia Sax. «Pensa che una volta, al liceo, di ritorno da una festa, ero così ubriaco che ho rischiato di uscire fuori strada con la macchina… Mio padre mi aspettava sveglio. Quando ha visto in che stato ero indovina che cosa mi ha obbligato a bere?»

Sax se ne resta in attesa della domanda di prammatica, ma il Biondo non ha sentito, o forse non intende stare al gioco. Con la fronte schiacciata contro il finestrino, appanna il vetro con il suo fiato pesante.

«Olio d’oliva!» riprende, imperterrito, Sax. «Un bicchierone di olio d’oliva. Mi sembrava di morire, giuro! E invece, piano piano, in una decina di minuti, più o meno, il mondo ha smesso di girarmi intorno e ho cominciato a stare meglio. Dovresti provare, credimi!»

«Terrò presente il consiglio.»

È domenica. Le strade sono relativamente libere. Sarebbe una giornata accettabile, non fosse per le cicatrici disseminate dalla notte di tempesta. La città le esibisce tutto sommato senza particolare vergogna. Ci vuole ben altro che rami spezzati e putridi ruscelletti di scolo per impressionare quella vecchia baldracca di Roma.

«No, sul serio» ridacchia Sax, «diciamo che ricopro una funzione amministrativa.»

«Non operi sul campo, quindi.»

«Quelle cose tipo: “Mi chiamo Bond, James Bond”? No, no. Ma non credere che il mio lavoro non sia altrettanto importante…»

«Non l’ho mai creduto.»

«Su, siamo sinceri, almeno fra vecchi amici: pensate tutti la stessa cosa. Che se non avessi sposato la figlia del capo, non avrei mai fatto carriera.»

«E l’hai fatta davvero, ’sta carriera?»

«Chi lo sa? Nel mio ambiente non puoi fidarti di nessuno. Anche tuo fratello può essere un traditore, e così la ragazza che fino a un istante prima ti ha giurato eterno amore… A volte rimpiango la strada…»

«Smettila, o mi metterò a piangere e dovrai asciugarmi il moccio.»

«Biondo, Biondo, sei sempre il solito… Come è stato rivederla?»

«Alba?»

«No, la Madonna.»

Ecco una domanda alla quale il Biondo non vorrebbe rispondere. Come era stato rivedere Alba? Per anni ha ripetuto a se stesso che era una storia finita, e che l’unica cosa giusta era conservare la memoria dei bei momenti trascorsi insieme e disperdere quella del naufragio.

«Non mi va di parlarne.»

«Sai, Biondo, c’è una cosa che dovremmo imparare dalle donne.»

«Che c’entra, adesso?»

«Parlare. Confidarsi. Non è che se ti apri con un amico diventi automaticamente frocio.»

«Ma che vuoi, Sax? Mi ha usato come un giocattolo e mi ha scaricato. Dovrei odiarla.»

«Dovresti?»

«Ahah, basta, Sax! La verità è che quando ci siamo lasciati sono andato in frantumi. Ci ho messo anni per riprendermi. E ancora adesso…»

«E ancora adesso non smetti di pensare a lei…»

«Ora mi rollo una sigaretta e l’accendo, e se provi a impedirmelo giuro che ti butto fuori dalla tua auto…»

«Ti capisco.» Sax sorride, comprensivo. «In fondo ne eravamo innamorati un po’ tutti, allora.»

«Anche tu?»

«A modo mio…»

«E sarebbe?»

«Non avrei mai fatto un torto a un amico.»

«Chissà» taglia corto il Biondo, amaro, «forse mi avresti fatto un favore…»

«Non essere ingiusto.»

Il Biondo annuisce. Sì, inutile essere ingiusti. Sax, in fondo, si sta dimostrando comprensivo, empatico. Chissà che questa brutta storia non abbia l’effetto di riavvicinarli. Forse l’antica amicizia non rivivrà mai, ma deve ammettere che sentirsi di nuovo parte di un gruppo gli dà un certo conforto. Anche il mal di testa sta migliorando. E senza olio d’oliva. Il Biondo, per la seconda volta in pochi minuti, rinuncia al fumo.

«Grazie, Sax.»

«Ora smettila tu col sentimentalismo, ok?»

Sì, smettila, povero Biondo, grande, grosso e generoso orso marsicano. Biondo dalle mani di piombo e dal cuore arroventato. Sax affronta le ultime curve prima di imboccare il Grande raccordo anulare in direzione della Tiburtina. Innamorarsi di Alba? Dal suo punto di vista sarebbe stata una follia. Da sempre Sax si tiene alla larga dalle donne come lei. Le giudica pericolose. Radioattive, per un uomo ambizioso. Alba? No, grazie. In una coppia, di manipolatore ne basta uno. Poi, lui aveva Luisella. Non poteva nemmeno girarsi a guardare un’altra. Cono l’avrebbe scoperto. Ma ancora peggio sarebbe stato se si fosse saputo in giro. A ognuno è assegnato un ruolo preciso, nella grande commedia della vita. Siamo impegnati a recitare la nostra parte e nel contempo ad assistere alle recite altrui. Una verità che Sax ha assimilato da ragazzino.

Possedeva una rarissima carta Magic, l’introvabile Black Lotus, oggetto del desiderio di un’intera generazione di aspiranti nerd. In effetti, lui era il classico adolescente timido, pigolante e imbranato. La Black Lotus era il suo punto di forza, la sua leva di riscatto. Un giorno non la trovò più. Disperato, si mise a cercarla ovunque. Impossibile che gliel’avessero rubata, la custodiva come fosse il tesoro dei pirati. Qualche giorno dopo ricomparve. Nelle mani di un coetaneo che tutti detestavano, il piccolo ras della scuola. Si chiamava Paride. Sax non l’avrebbe mai dimenticato. Aveva fatto il pazzo, pur di portargli via la carta del desiderio. Gli aveva persino offerto soldi. Il padre di quell’ignobile moccioso era il datore di lavoro del padre di Sax. In pratica, l’uomo che dava da mangiare alla sua numerosa famiglia. I due si erano messi d’accordo. Il padre di Sax gli aveva venduto la Black Lotus in cambio di un aumento di stipendio. Un centinaio di preziosi euro in più al mese.

Sax non era riuscito a odiarlo. Probabilmente, al suo posto non si sarebbe comportato in modo diverso. Il fatto è che al padre era toccato il ruolo del servo. A lui, a Sax, quello dell’arrampicatore sociale. Luisella è stata il suo grimaldello. Tutto è avvenuto alla luce del sole. Ora che ha acquisito una certa stabilità, ora che potrebbe evitare le interferenze del suocero, non la tradisce. Almeno, non più dello stretto necessario. Non c’entra la fedeltà, o il rispetto. E nemmeno il desiderio, certo comprensibile, di diventare un Paride e non tornare mai più a essere il piccolo e spaurito Giannaldo. È che non vuole deludere gli spettatori.

Perciò, ad Alba non ho dedicato mai il benché minimo pensiero erotico, caro il mio Biondo, grande, grosso e fregnone, come diciamo a Roma.

«Siamo arrivati, Sax.»

POLICLINICO SANTA MARZIA recita un cartello sbilenco appeso a un portale in quel pretenzioso stile che una volta Sax ha sentito definire “finto classico” da un palazzinaro senza scrupoli che si era presentato da Cono con un progetto-ciofeca. A distanza di qualche anno, il palazzinaro era finito ospite delle patrie galere per una mezza dozzina d’anni. Cono, oltre ad avere una memoria d’acciaio, detesta essere preso per i fondelli.

«Potevi scegliere un posto migliore.»

«Non eravamo nelle condizioni di optare per il Grand Hotel, Sax.»

La guardiola della vigilanza è deserta. Dall’androne centrale, presidiato da una ventina di anziani in attesa su sedie di materiale, forma e colore indefinibili, ma di certo scomode come poche altre, si dipartono i classici percorsi con frecce colorate: giallo per l’oncologia, marrone per cardiologia, verde per ginecologia, rosso per medicina generale.

«Se è in grado di muoversi, è meglio portarla da qualche altra parte» propone Sax.

«Prima vediamo come sta. Se ci parla, se…»

«Biondo, ma tu lo hai capito o no che è straniera?»

«Così pare.»

«Allora forse dovremo tornare con l’interprete.»

«Bo’. Intanto, andiamo.»

Seguono il percorso che indica la direzione sanitaria e finiscono in una specie di chiostro con un padiglione in rifacimento. Sotto un’impalcatura arrugginita, un anziano in pigiama succhia avido boccate di fumo da una sigaretta consumata quasi fino al filtro. Col braccio ossuto appeso al bastone di una flebo tintinnante, sembra uscito da una vecchia commedia all’italiana. La porta della direzione sanitaria è chiusa. Suonano un campanello. Nessuna reazione. Il Biondo comincia a spazientirsi. Scuote la porta opacizzata. Niente.

«Qua famo notte!»

«Mi domando come hai fatto a portarcela. Sembra un posto deserto.»

Finalmente da un’altra porta sbuca un’infermiera di mezza età, grassoccia e con la faccia che ricorda il grugno di un suino. Nel vedere i due poliziotti in agguato va loro incontro e li affronta decisa: «Ah, siete la polizia. Era ora. Comunque, io non so niente. So’ appena montata, dovete parla’ co’ quelli del turno de notte, o con la direzione sanitaria, ma oggi è domenica, difficile che trovate qualcuno».

«Scusi, lei non sa niente di cosa?» s’insospettisce il Biondo.

L’altra lo guarda stranita. «’A ragazza, no? Quella che c’avete portato l’antra notte… quella che pareva più morta che viva, che poi è venuto fuori che era stato un maniaco, e lei nun è che stava così male…»

«E allora?»

«A bello de casa! È successo che nun se trova più, ’sta benedetta fija!»

«Come non si trova più?»

«Qualcuno se l’è portata via.»