Tre uomini percorrono a grandi passi i corridoi del piano interrato del Policlinico Gemelli. Uno è un dottorino, assistente del medico legale. Ha il naso storto e l’andatura dinoccolata da post-adolescente. È il più giovane della compagnia, l’ultimo arrivato, e ha l’aria decisa di chi è impaziente di arrivare. Lavorare nel dì di festa non gli pesa. Sa che si sta rendendo utile e ne è fiero.
Gli altri due sono poliziotti. Uno è l’ispettore Vittorio Ceglia. È stato lui a convocare il Biondo, che ora gli sta a fianco, silenzioso, truce, sospettoso. La puzza di bruciato sta diventando intollerabile, intorno a questo caso. Sono al Gemelli perché è qui, o a Tor Vergata, o all’Umberto I, che portano la salma quando una morte è sospetta, e un incidente o un qualche altro dettaglio convince i sanitari che non si può ricorrere alla tradizionale formula dell’arresto cardiocircolatorio. Nella fattispecie, il particolare che non torna è costituito da una ferita da lama monotagliente che ha attraversato la gola della vittima, secando la vena giugulare, con inclinazione da sinistra verso destra e lievemente dal basso verso l’alto.
«In pratica, un fendente» dice Ceglia.
«Ecco, ci siamo, è questo.» Il dottorino ha spalancato la porta di una stanza piccola, al centro della quale c’è una lettiga con un corpo coperto da un lenzuolo verde. La temperatura è gelida, da cella frigorifera.
I tre uomini si avvicinano al corpo. Il Biondo fa cenno al dottorino di scoprire il volto. La maschera di cera del giovane Ramon si offre al neon impudico che sfrigola nelle barre appese al soffitto.
Il Biondo annuisce. «È lui.»
«Ci ho visto giusto, allora» si compiace l’ispettore Ceglia. «Appena ho letto il vostro avviso di ricerca ho pensato che c’era un collegamento… ed eccoci qua!»
«Già. Eccoci qua.»
Per un po’ restano a osservare il corpo. Il dottorino si affretta a puntualizzare che potrà essere più preciso dopo l’autopsia, ma non c’è comunque alcun dubbio che la ferita mortale sia quella alla giugulare.
«La morte?» chiede il Biondo.
«Pressoché istantanea. La perdita ematica è stata massiva. In casi di questo genere il sangue sprizza come… Ha presente un pozzo di petrolio?»
«Tracce?»
«Pioveva. Credo non troveremo granché, né noi né la Scientifica. Ma faremo del nostro meglio.»
«Ne sono sicuro.»
Il medico esita e poi aggiunge: «Credo che l’assalitore e la vittima fossero l’uno di fronte all’altro. Me lo suggerisce l’inclinazione della ferita. Alti più o meno uguali. L’assalitore dev’essere destrimano, altrimenti avrebbe impugnato il coltello in modo innaturale. E…».
«E?»
«Mancano lesioni da difesa. Questo poveraccio è stato colto di sorpresa. Magari è stato qualcuno che conosceva…»
Il Biondo non ha in grande simpatia i dilettanti che giocano al piccolo detective. Ma il dottorino sembra saperla lunga, e comunque si è messo a disposizione. Non è da tutti, nel mondo bizzarro della giustizia criminale. Il Biondo lo ringrazia e si rivolge all’ispettore Ceglia: «Abbiamo qualche informazione sull’arma del delitto?».
«In commissariato c’è un coltello, repertato sul luogo del ritrovamento del cadavere. Scommetto che l’assassino ha usato quello. Ma pioveva a dirotto. Trovare un’impronta sarebbe un’autentica botta di fortuna, al massimo riusciremo a dimostrare che l’arma è compatibile.»
«Se qui avete finito, io chiuderei la stanza» s’intromette il dottorino. «Sa, il regolamento…»
Più tardi, al commissariato dove presta servizio Ceglia, danno un’occhiata al coltello. Domani passerà dalla Scientifica per le analisi.
«Posso fotografare il reperto?» domanda il Biondo.
«Ma certo.» Ceglia s’illumina tutto. «Sono felice di collaborare con lei, commissario Romani.»
Il Biondo fa un paio di scatti con la fotocamera del telefonino. Chiederà ad Alba di occuparsi delle verifiche del caso. Ramon, morto. Il collegamento con la ragazza, morto. «Si è fatto un’idea, Ceglia?»
«Be’, ancora no, ma sa com’è, questi ragazzi delle pandillas fanno una vita violenta…»
«Lo conosceva?»
«Miguel Serrado, detto Ramon. Orfano di padre. La madre è una brava donna, poverina, fuori da tutti i casini. Ha riconosciuto il corpo. È distrutta.»
«È molto informato, vedo.»
Ceglia sbuffa, si gratta la testa e sbuffa ancora. È un tipo piccolo, massiccio, con la faccia da simpatica canaglia.
«Allora?» insiste il Biondo.
«Senta, commissario, in teoria non dovrei… ma d’altro canto voi lo stavate già cercando, gli atti finiranno al PM e la cosa verrà comunque fuori… però, deve restare confidenziale, ok?»
«Dài, su, Ceglia, non tenermi sulle spine. E diamoci del tu. Siamo colleghi, no?»
«Come vuoi…»
Viene fuori che da qualche mese sulla pandilla c’è un’indagine per traffico di droga. Ceglia, che parla spagnolo perché è portato per le lingue, si è infiltrato. Ha dovuto sottoporsi a varie prove iniziatiche e portarsi a letto una baby-sitter, ma alla fine è stato ammesso.
«Ramon mi ha cercato, era in fuga. Avevamo un appuntamento. Io ci sono andato da solo, per non insospettirlo. Ma sono arrivato tardi.»
«Vi conoscevate bene? Con Ramon, intendo. Eravate amici?»
«No. Lo conoscevo appena. Era uno che se ne stava sulle sue e forse non gli piacevo neanche tanto, visto che non ero del suo Paese.»
«E allora perché cercava proprio te?»
«Perché sono italiano, no? Ha pensato che potevo dargli una mano. Per me era una buona occasione per arrestarlo senza bruciarmi la copertura!»
«Chi è stato, secondo te?»
«Non lo so, te l’ho detto. Un altro della pandilla, uno spacciatore, un tossico, magari.»
Il Biondo sonda ancora un po’ il collega. Apprende che l’indagine sulla pandilla sta per essere archiviata, perché il fantomatico traffico di droga si è rivelato, alla fine, una robetta di canne. Niente che giustificasse quel dispiegamento di uomini e risorse: al massimo, ne sarebbe venuto fuori un processetto per piccolo spaccio.
«Io sono già pronto a sbaraccare, credimi.»
«Dopo questo omicidio, l’infiltrazione te la faranno proseguire.»
«Ho i miei dubbi. Nella pandilla, me compreso, eravamo in cinque. Uno è morto, uno sta in galera, io sono io e gli altri due, appena saputo della storia, si metteranno a rigare dritto. Sono due rincoglioniti, niente di pericoloso. Il più tosto era proprio Ramon, e se vuoi che ti dica come la vedo io… ma non potrei mai provarlo… ha pestato i piedi a qualcuno più grosso di lui e ha pagato.»
«Qualcuno di che genere?»
«In zona c’è una piccola banda nostrana. Di italiani, voglio dire. Ragazzi di Ostia in trasferta. Secondo me, si deve indagare in quella direzione. Comunque, questi sei mesi in mezzo ai latinos sono stati un incubo. Non vedevo l’ora che finissero. Pensa che mi sono dovuto persino inventare un soprannome.»
«Davvero?»
«E come no! Mi chiamavano Jurado. Che sarebbe a dire: la giuria, quella dei processi. Pensa che nome da deficiente!»
«Poteva andarti peggio, credimi.» Il Biondo saluta Ceglia e si rimette in strada in preda all’umore più nero. La ragazza scomparsa. Ramon morto. Ceglia non può saperlo, ma il pandillero è stato ucciso per quello che ha fatto alla ragazza. O per quello che non le ha fatto. La sua morte non può essere stata una coincidenza.
Questa è una storia di gente determinata, potente, senza scrupoli.
Il telefono vibra. Messaggio da Simona: “Vaffanculo, stronzo. Con me hai chiuso”.