XV.

La domenica mattina, mentre erano a colazione sotto il patio, Cono scese in giacca e cravatta, salutò distrattamente, sorseggiò un caffè amaro, poi ordinò a Sax di alzarsi e seguirlo. Dovevano rientrare di corsa a Roma per un impegno inderogabile. Luisella accennò una timida protesta. Cono giurò che sarebbero tornati per il pranzo rituale. Alba e il Biondo le avrebbero tenuto compagnia.

Ippoliti aveva la giornata libera. Vennero a prenderli in elicottero. Sax incominciava a conoscere il futuro suocero. Ne aveva percepito subito il tangibile nervosismo. Ma quando accennò a una timida domanda, il generale indicò con un cenno del capo il pilota, lasciando capire a Sax che non si doveva parlare in sua presenza. Per tutti i venticinque minuti del volo Cono mantenne un’espressione imperturbabile, ma la tensione era evidente.

Atterrarono nello spiazzo predisposto fra i prati della villa del generale sull’Appia Antica. Cono disse al pilota di aspettarli e si diresse a grandi falcate verso lo studio privato. Armeggiò con la serratura della cassaforte incassata nel muro sotto un grande dipinto della scuola di Luca Giordano. Riproduzione tardottocentesca di un san Michele che sconfigge gli angeli ribelli, secondo Cono. A giudicare dal tono usato dal generale, un originale del quale si sottostimava deliberatamente il valore. Per pudore o per snobismo. Sax propendeva per la seconda ipotesi.

Cono chiuse la cassaforte e fece segno a Sax di sedersi. Poi gli porse una chiavetta USB e una busta trasparente sigillata. Sax sbiancò. La busta conteneva due corde intrecciate con nodi dai colori inconfondibili.

I nodi del Mostro della discarica.

«Generale…»

«Di Corrado. È lui il vostro uomo. Ci avevate visto giusto. Vi mancavano solo le prove. Eccole. Dei nodi non c’è bisogno che ti parli. Quanto alla chiavetta, se ti viene voglia di darci un’occhiata, ti consiglio di metterti seduto e di bere qualcosa di forte. È stomachevole, credimi.»

«Stomachevole?»

«Sono snuff movie. Chelle schifezze co’ le femmene squartate, esecuzioni, soffocamenti… roba di pervertiti. E d’altronde, il nostro amico quello è: ’nu pervertito!»

«Ma come è riuscito a… Sono settimane che gli stiamo dietro, e non abbiamo trovato niente.»

«Troppe domande, guaglio’. Forse, se ti porti bene, un giorno o l’altro qualche cosa te la spiegherò. Mo’ nun è tiemp’e chiacchiera’!»

«Devo arrestarlo?»

Cono andò vicino a Sax e gli piantò l’indice all’altezza del cuore. «Tu» scandì «lo devi neutralizzare. Sono stato chiaro?»

Sax fu sul punto di svenire. Era di questo, dunque, che si trattava. Di un’esecuzione. La parola “omicidio” non riusciva nemmeno a pronunciarla. Eppure, in sostanza, erano sinonimi.

Cono. Il generale Cono di Sangiorgio, il padre di Luisella, il dirigente di una delle strutture più delicate dei Servizi, quell’integerrimo servitore dello Stato, gli aveva appena chiesto di uccidere un uomo.

«Vedila così» prese a dire Cono, il tono quasi carezzevole. «È un atto di giustizia. Quell’uomo violenta e uccide le donne, e gode dello spettacolo della morte. Va fermato. Sei d’accordo su questo?»

«Ma…»

«Sì, sì, capisco» proseguì Cono incalzante, eppure paterno, «neutralizzare non è facile. Soprattutto agli inizi. Ma per ragioni che in questo momento non posso illustrarti, è essenziale, vitale per la sicurezza del nostro Paese che questo Di Corrado non arrivi vivo in tribunale. Non deve esserci nessun processo. Ricordi quando ci siamo parlati la prima volta di questo caso? Lo ricordi?»

«Sì.»

«Ti feci una domanda. Ricordi anche quella?»

«Sì.»

«Ripetila. Ripeti che ti ho chiesto.»

«Se avevo…»

«Se avevi?»

«Le palle.»

«E chesta è ’a questione. Grassi Giannaldo, guardami negli occhi: te la senti?»

Scegliere. Ma se era lì, se era arrivato sin lì, se Cono si fidava di lui al punto da metterlo a parte di un intento omicida, non significava forse che aveva già scelto? O, meglio, che era stato scelto? La risposta era pronta, ovvia, unica. Impossibili le alternative. Eppure, cercò ancora di prendere tempo. «I miei colleghi. Doria, Romani. Che mi invento con loro?»

«Niente» sorrise Cono, «niente. Anzi. Lo fate insieme.»

«Ma non accetteranno mai!»

«E mica devono sapere! Ma se lo fai tu, e loro sono presenti… tutte le tessere del mosaico andranno a posto… Allora?»

«Sì, generale… va bene, sì.»

«Benvenuto in famiglia, dr. Sax!»

Da quel momento in avanti Sax precipitò in una specie di furia elettrica che scontornava oggetti, persone, sensazioni e lo accendeva di un vibrato continuo impedendogli di pensare. Cono gli impartì istruzioni precise.

Quindi rientrarono a Sabaudia per il pranzo. Per Sax sintonizzarsi con l’umore generale fu una tortura. Tornarono a Roma la sera, in auto. Sax accompagnò Luisella. Davanti alla figlia Cono lo abbracciò. Era la prima volta che gli veniva elargito un simile privilegio. Luisella aveva gli occhi che brillavano, mentre si scambiarono il bacio della buonanotte. Sax suonò fino a mezzanotte e passa. Eric Dolphy, per scacciare i diavoli che continuavano a danzargli nel cervello. Prese tre tranquillanti e alla fine trovò pace.

La mattina dopo Ippoliti gli consegnò una pistola non registrata. Sax gli girò la busta con le corde e la chiavetta USB, che Ippoliti avrebbe provveduto a sistemare nel dungeon del bersaglio. Sempre Ippoliti pagò un piccolo pregiudicato della Magliana per fornire a Cavallo la falsa soffiata sull’ubicazione del locale.

Sax avvisò i colleghi. Prepararono l’irruzione. Cono gli aveva assicurato che Di Corrado sarebbe arrivato lì a una certa ora. Sax non aveva osato chiedere come lo sapesse.

Di Corrado arrivò.

Sax era pronto a compiere la missione che gli era stata affidata.

Il Biondo fu più veloce di lui.

Un caso.

Un colpo di fortuna.

La sicurezza con la quale aveva rintuzzato i dubbi di Alba: perché ti porti appresso un’arma clandestina, Sax?

«Per ammazzare quelli come il Condor, ma il Biondo è stato più veloce di me. Magari, se lui avesse esitato, due pallottole in corpo gliele avrei messe io. Se gente come lui abbandona questa valle di lacrime, ci guadagniamo tutti.»

La sicurezza con cui aveva detto la verità.